La settimana scorsa è uscita una notizia sulla strage di Genova che avrebbe meritato maggior risalto ma che è passata in sordina nel bel mezzo della crisi di governo più infame che si ricordi. I pm che stanno indagando sul crollo del Ponte Morandi hanno ipotizzato un nuovo reato nei confronti dei vertici di ASPI, la società autostradale che fa capo alla famiglia Benetton. Si tratta della “rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro”. È l’articolo 437 del Codice penale e prevede pene da 3 a 10 anni di carcere se la rimozione o l’omissione dei sistemi di sicurezza provochi disastri o infortuni. Dalla procura di Genova, insomma, ipotizzano che vi sia stato del dolo nel non aver sostituito i sensori di controllo e aver, dunque, pregiudicato il monitoraggio del ponte. È l’ennesimo reato che viene contestato ai manager della società dei Benetton e si aggiunge a quelli già ipotizzati: “attentati alla sicurezza dei trasporti”, “crollo di costruzioni o altri disastri dolosi”, “omissione di atti d’ufficio”, “falso” e “omicidio colposo plurimo”. Alcuni giornali, tra cui TPI, ne hanno scritto, ma l’ennesima vergogna che macchia la condotta di ASPI non ha trovato spazio nei talk di approfondimento politici, occupati dalle querelle scatenata dalle dimissioni delle ministre renziane Bonetti e Bellanova. Le due questioni, ovvero il futuro del governo ed il dovere, da parte della politica, di intervenire sulle concessioni autostradali a prescindere da quel che sarà il giudizio della magistratura, sono legate. Io sostengo la nazionalizzazione delle autostrade.
Ho sempre ritenuto che determinate infrastrutture non siano beni da concedere ai privati ma beni pubblici attraverso i quali garantire diritti alla collettività. Quella collettività che, tra l’altro, con le proprie tasse, ha permesso la costruzione delle autostrade stesse. Ad ogni modo mi accontenterei della revoca.
Trovo immorale che, a distanza di quasi tre anni del crollo del Morandi e a fronte delle oscenità che giorno dopo giorno i pm di Genova hanno scoperchiato, la famiglia Benetton continui ad arricchirsi con un bene pubblico.
Ho sempre ritenuto che la mancata revoca durante il Conte I fosse imputabile alla pavidità di Salvini, forte con i deboli e debolissimo con il sistema.
Al contrario ritenevo – e lo scrissi pubblicamente – che il Conte II avrebbe trovato le stesse identiche difficoltà per la contiguità di taluni esponenti del Partito Democratico con determinati gruppi industriali italiani. E mi riferivo, soprattutto, alla compagine renziana, ovvero ad una congrega di trombettieri del peggior establishment del Paese.
Non dimentico, d’altro canto, le parole che l’Ing. De Benedetti disse al suo broker il 16 gennaio 2015: “Faranno un provvedimento. Il governo farà un provvedimento sulle popolari”. E ancora: “Passa, ho parlato con Renzi ieri, passa”. Poco dopo il governo Renzi fece il provvedimento, il broker acquistò azioni delle popolari e l’Ingegnere incassò centinaia di migliaia di euro di plusvalenze.
Non dimentico il #Ciaone lanciato dal renziano Carbone per irridere milioni di italiani che si stavano recando alle urne per votare al referendum sulle trivelle. Non dimentico lo strisciante liberismo che si nascondeva dietro le leggi renziane sul lavoro.
Non dimentico le offensive da borghesucci che si sentono élite contro il reddito di cittadinanza, oltretutto avanzate da chi, nel 2019, ha dichiarato un reddito di oltre un milione di euro. Non ho nulla contro i ricchi, detesto i ricchi che giudicano assistenzialismo misure a contrasto della povertà.
Non dimentico, sebbene la stragrande maggioranza dei media sembra averlo fatto, le indagini che coinvolgono i principali esponenti del giglio magico: Renzi, Boschi, Carrai, l’avvocato Bianchi. Tutti indagati nell’ambito dell’inchiesta che riguarda la Fondazione Open.
Boschi e Renzi sono indagati per finanziamento illecito. Stesso reato per il quale è finito sotto inchiesta Francesco Bonifazi, l’ex tesoriere del PD durante gli anni d’oro del grande renzismo, ultimamente visibile al fianco di Renzi, come Fabio con Mingo, durante le interviste che il senatore rilascia per strada a chiunque provi a farlo sentire importante.
L’indagine che coinvolge Bonifazi riguarda un’altra fondazione, la Eyu. Sono tutti, ovviamente, innocenti per queste inchieste ma sono colpevoli le loro politiche. Il 5 gennaio scorso Renzi ha dichiarato: “Italia Viva voterà contro revoca delle concessioni autostradali”. Tutto lineare.
Perché i pm stanno indagando sulla Fondazione Open? Perché la ritengono “un’articolazione politico-organizzativa del PD (all’epoca di Renzi ovviamente)”. E per questo ipotizzano che determinate donazioni alla fondazione furono finanziamenti illeciti. Vedremo.
Ma resta la commistione tra politica e finanziamenti. Restano i dubbi sui conflitti di interessi. Resta il giudizio politico. Tra i finanziatori della Fondazione Open compare Beniamino Gavio, azionista del gruppo industriale che gestisce 1.423 km di autostrade.
Tra l’altro l’inchiesta su Open nasce da un pagamento effettuato dal gruppo Toto all’avvocato Bianchi, ex presidente di Open, anch’egli sotto indagine. Teoricamente si trattava di una consulenza ma per i giudici parte di quel denaro venne, successivamente, versato alla cassaforte renziana.
Il gruppo Toto è proprietario della Strada dei parchi Spa, l’azienda che ha in concessione le autostrade A24 e A25. Patron del gruppo Toto è Carlo Toto, imprenditore chietino già numero uno di AirOne, che all’epoca di Tangentopoli patteggiò 11 mesi di condanna per tangenti pagate ad alcuni deputati abbruzzesi della DC per ottenere in cambio un appalto miliardario per la costruzione di un grande parcheggio. “Mi hanno costretto a pagare”, disse in quell’occasione. Chissà, magari sarà stato vero.
A proposito di obblighi. Impossibilium nulla obligatio est: “Non v’è nessun obbligo nei confronti delle cose impossibili”, disse il giovane Celso. Chiaro. Ma oggi che allontanare definitivamente il renzismo dalla scena politica italiana non è affatto impossibile, credo sia un dovere morale andare fino in fondo.
Ancor di più per le dichiarazioni renziane sulla revoca delle concessioni autostradali, quella revoca che i parenti delle vittime della strage di Genova chiedono da 892 giorni.
Articolo di TPI.it per