Il nome che i dem faranno oggi a Sergio Mattarella è quello del premier dimissionario. E su questa linea il segretario Nicola Zingaretti ha chiesto e ottenuto il voto unanime della direzione del partito. Ma tanto per i Cinque Stelle che per il Pd si pone il problema del dialogo con Iv. La verità è che i vertici mai avrebbero voluto risedersi al tavolo con Matteo Renzi ma i numeri non permettono di escluderlo. Il Colle non consentirebbe di andare avanti con numeri ballerini. L’ufficializzazione, ieri mattina nell’aula del Senato, del nuovo gruppo Europeisti, composto da 10 senatori Maie-Cd, fa capire che i costruttori non sono ancora sufficienti.
Ecco allora che, pur con certe resistenze (vedi nel M5S), stanno cadendo i veti sull’ex Rottamatore, pur senza rinunciare a sottolineare l’irresponsabilità del suo strappo. Come ha ribadito Zingaretti “il tema del rapporto con Iv non ha nulla a che vedere con il risentimento per il passato ma di legittimi dubbi fondati per il futuro”. Dunque niente veti ma “al tempo stesso dico chiarezza, lealtà”. Il rischio di elezioni è dietro l’angolo. Ma il leader Pd spiega: “Segnalare per la strada il pericolo di una buca è l’opposto della volontà di volerci finire dentro”. A questo punto il cerino passa in mano al senatore di Rignano. Che pare divertirsi a tenere alta la tensione. Attacca “lo scandalo” a cui staremmo assistendo in Parlamento per “la creazione di gruppi improvvisati”.
E ai suoi fa dire che al Quirinale non si partirà dai nomi ma dai contenuti. E dunque la Bellanova non esclude Di Maio premier, Ettore Rosato evoca l’arrivo di una donna, la Boschi manifesta apprezzamento per l’ipotesi Gentiloni. Su Di Maio premier punzecchia il vicesegretario Pd Andrea Orlando: “Mi sembra strano che ci siano persone avvedute e intelligenti che sostengano che per superare una fantomatica e assolutamente inventata subalternità ai 5 stelle si possa indicare Di Maio a Palazzo Chigi”. C’è chi scommette che di fronte alla blindatura da parte del Pd e del M5S difficilmente Renzi potrà tenere fuori dai giochi Conte ma il premier non si fida. E forse non ha tutti i torti. Il Pd a sera sbotta: “Quanto dobbiamo aspettare ancora perché Iv la smetta di giocare per cominciare seriamente a pensare all’Italia?”, si chiede Michele Bordo.