Transazioni milionarie sospette in VaticanoL’indagine riguarda alcune compravendite immobiliari all'estero, in particolare case di pregio a Londra. Papa Francesco al corrente dello scandalo: niente sconti a nessuno. In Vaticano i cellulari squillano a vuoto o sono direttamente staccati. Le bocche sono cucite, anche quelle dei prelati solitamente più propensi a parlare con i media. Nessuno vuole commentare l’ennesimo scandalo finanziario che ha colpito la Santa Sede: la sospensione di cinque dirigenti, due in posizioni apicali, a seguito dell’inchiesta su operazioni finanziarie illecite.  Un provvedimento che giunge a ventiquattr’ore dal sequestro da parte di un gruppo di gendarmi di computer, documenti e altri apparati elettronici nella prima sezione della Segreteria di Stato vaticana, corrispondente ad una sorta di Ministero dell’Interno, e dell’Aif, l’Autorità di Informazione Finanziaria, authority istituita nel 2010 da Benedetto XVI per la lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo. 

 

L’operazione in Segreteria di Stato è stata autorizzata dal Papa in persona dal momento si doveva superare un vincolo di giurisdizione in quanto il Palazzo Apostolico vaticano, dove l’ufficio ha sede, è affidato alla tutela delle Guardie svizzere. Quanto all’Aif è proprio il suo direttore, Tommaso Di Ruzza, ad essere stato sospeso «cautelativamente dal servizio». Con lui anche monsignor Mauro Carlino, per anni segretario personale del cardinale Angelo Becciu, attuale prefetto della Congregazione dei Santi ed ex sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato, tra i prelati più influenti nella Curia romana.  Carlino, il 26 luglio scorso, era stato nominato dal Papa alla guida della Sezione per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, in sostituzione a monsignor Alberto Perlasca, nominato promotore di Giustizia al Tribunale della Segnatura Apostolica.  

I tre dipendenti sospesi sono invece: Vincenzo Mauriello, minutante dell’ufficio del protocollo della Segreteria di Stato; Fabrizio Tirabassi, minutante dell’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, che gestisce gli investimenti finanziari e si occupa, tra le altre cose, dell’Obolo di San Pietro; Caterina Sansone, addetta di amministrazione della Segreteria di Stato. 

I loro nomi sono stati resi noti da L’Espresso che ha pubblicato una una nota firmata dal comandante della Gendarmeria, Domenico Giani, affissa in diversi punti delle mura leonine e inviata con stretto riserbo a tutto il personale. «I suddetti – si legge nel documento – potranno accedere nello Stato esclusivamente per recarsi presso la Direzione Sanità ed Igiene per i servizi connessi, ovvero se autorizzati dalla magistratura vaticana. Monsignor Mauro Carlino continuerà a risiedere presso la Domus Sanctae Marthae». Ovvero la struttura, finora utilizzata come un albergo interno al Vaticano, che Papa Francesco ha scelto come sua abitazione.

L’indagine della procura vaticana è solo all’inizio, ma, secondo quanto si apprende, al centro ci sarebbero alcune compravendite immobiliari milionarie all’estero, in particolare immobili di pregio a Londra, dove sarebbero coinvolte alcune “strane” società britanniche. Il periodo di riferimento è il 2011-2018, gli anni in cui rivestiva il ruolo di numero tre della Santa Sede monsignor Becciu. Il quale, riferiscono suoi stretti collaboratori, ha espresso tutto il suo sconcerto e la sua estraneità a questa vicenda della quale fa fatica a tracciare i contorni.

Gli investigatori starebbero inoltre analizzando proprio alcuni flussi finanziari sui conti su cui transita appunto l’Obolo di San Pietro, le offerte fatte dai fedeli e inviate al Papa per essere redistribuite a sostegno della missione della Chiesa e delle opere di carità, ma anche e soprattutto per il sostentamento dell’apparato vaticano. Nel 2015 i conti e gli investimenti da fondi provenienti dall’Obolo avevano raggiunto la somma record di quasi 400 milioni di euro. Ogni  spostamento di denaro adesso è sotto la lente dagli inquirenti per vedere se ci sia altro dietro ad alcune irregolarità ipotizzate. 

La Santa Sede, ieri pomeriggio, in uno stringatissimo comunicato spiegava che tutta l’inchiesta «si ricollega alle denunce presentate agli inizi della scorsa estate dall’Istituto per le Opere di Religione e dall’ufficio del Revisore generale, riguardanti operazioni finanziarie compiute nel tempo».

Anche questo un dato curioso: i due vigilati - lo Ior, la banca vaticana da sempre al centro di scandali finanziari, che due giorni fa comunicava la sua adesione all’area unica dei pagamenti in euro, e il Revisore generale, ufficio cui è delegato l’audit interno su tutti i bilanci della Santa Sede e dei Dicasteri vaticani - accusano i due vigilanti.

Segno che qualcosa nei Sacri Palazzi sta cambiando e che si procede verso una maggiore trasparenza, come auspicato da Papa Francesco. Anche se non manca chi, più cinicamente, ipotizza che sotto questo fuoco incrociato si nasconda qualcosa di più grave. E che tutta questa vicenda, ancora fumosa, possa essere un preludio ad un terzo Vatileaks.

Articolo di SALVATORE CERNUZIO per LaStampa.it 

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