Ma davvero ci vogliono rubare il Natale? Alle Olimpiadi delle fake news dove i nostri giornali, tv e trombettieri dell’opposizione sono campioni, l’ultima parola d’ordine è questa: il Governo ci toglie pure il Natale. Tutto parte da una più che logica raccomandazione del presidente del Consiglio Giuseppe Conte (leggi l’articolo) a proposito dei cenoni e dei festeggiamenti. Stiamo facendo tanti sacrifici per contenere la pandemia che non ha senso rovinare tutto mettendo in dono sotto l’albero una nuova ondata di Covid. Questo non significa che non si possano fare i regali o sarà vietato il cenone, ma nella particolare situazione che stiamo vivendo sarà bene trascorrere la vigilia e i giorni successivi in piccoli gruppi, evitando le tavolate affollate, potenziali focolai di nuovi contagi. Nessuno, dunque, contesta la spiritualità, il valore della tradizione e la leva economica sui consumi, ma avendo terminato i pretesti per dare addosso all’Esecutivo (evidentemente non si è trovato di meglio) l’ufficio bufale del Centrodestra ha dato l’ordine di rilanciare questa bestialità: dopo il popolo, il premier Conte vuol far fuori Babbo Natale. Un espediente da disperati, oltre che da irresponsabili, e che si spiega con l’urgenza di giocare qualche carta, qualunque essa sia, perché se no non resta che parlare dell’idiozia di chi ha preso sottogamba il virus, girando l’Italia per tutta l’estate senza mascherine, chiedendo di riaprire le discoteche e schiacciando l’occhio ai negazionisti, mentre le persone adesso stanno morendo ogni giorno a centinaia. Per non dire dei veleni della destra, dove si stanno menando come fabbri e sono arrivati a rubarsi i parlamentari tra di loro (tre di Forza Italia sono passati ala Lega). O in alternativa ci sono gli arresti di giornata, stavolta ai vertici di Forza Italia in Consiglio regionale della Calabria. Ovvio, allora, che ci raccontino storielle su Babbo Natale. Illudendosi che noi ci si beva le loro favole.
Europa ostaggio dei sovranisti. Von der Leyen contro Orbán e Morawiecki. Il veto dei Paesi Visegrád blocca il Recovery Fund. Ma da Salvini e Meloni non una parola a difesa dell’Italia
Polonia e Ungheria continuano a bloccare gli aiuti del Recovery Fund. Un danno soprattutto per l’Italia, difesa dalla presidente della Commissione Ue von der Leyen. Nel silenzio di Salvini e Meloni che invece continuano a difendere Orban & C. Se entro pochi giorni non si troverà una soluzione, ci sarà effettivamente il rischio di avviare il 2021 senza bilancio Ue il che, a catena, farebbe ritardare l’emissione dei bond anticrisi: è noto come il veto di Polonia e Ungheria sulla clausola dello stato di diritto, che sta bloccando l’approvazione del prossimo quadro finanziario pluriennale stia di fatto bloccando anche il Recovery Fund, che ad esso è ancorato e grazie al quale all’Italia dovrebbero arrivare 209 miliardi (81,4 come trasferimenti diretti e 127 come prestiti). A sottolineare il danno che i due paesi a “milioni di cittadine e cittadini europei che hanno urgente bisogno di aiuti” per arginare i danni economici provocati dalla pandemia è la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen
Lo ha stabilito la Corte di Giustizia Ue: Extracomunitari: il diritto agli assegni è esteso anche ai familiari che si trovano all'estero
Se un cittadino di nazionalità extra Unione europea che vive in Italia (con permesso unico o soggiornanti di lungo periodo), ha diritto ad assegni familiari ce l'ha anche per i familiari a carico residenti fuori dall'Ue: lo ha stabilito la Corte di Giustizia della Ue in una sentenza che riguarda il caso di un cittadino dello Sri Lanka e uno del Pakistan, con permessi di soggiorno in Italia, a cui l'Inps aveva negato gli assegni per i loro familiari perché residenti nei rispettivi Paesi. Secondo la Corte Ue, "è contraria al diritto dell'Unione la normativa italiana che rifiuta o riduce una prestazione di sicurezza sociale al cittadino extra Ue, titolare di un permesso unico o soggiornante di lungo periodo, per il fatto che i suoi familiari risiedono in un Paese terzo, mentre la stessa prestazione è accordata ai cittadini italiani indipendentemente dal luogo in cui i loro familiari risiedono".
La Capitale potenzia i centri di raccolta dei rifiuti urbani. Diventeranno presto 40. Raggi: “Li realizzeremo nei quartieri che oggi ne sono maggiormente sprovvisti”
Al via il percorso che assicurerà a Roma Capitale 26 nuovi centri di raccolta dei rifiuti urbani, collocati in tutto il territorio cittadino. E’ quanto prevede una delibera approvata dalla Giunta capitolina. Nel complesso si arriverà a dotare la città di 40 centri a servizio dei cittadini romani. “Si tratta di un intervento che porterà benefici ai cittadini: realizzeremo centri di raccolta nei quartieri della città che oggi ne sono maggiormente sprovvisti, puntando così sull’uniformità dei servizi”, sottolinea la sindaca di Roma, Virginia Raggi. “Si tratta di infrastrutture fondamentali per la crescita della raccolta differenziata, strategiche nella programmazione e nella gestione del ciclo integrato dei rifiuti. Aumentiamo la qualità e il livello di servizio all’utenza prevedendo un centro di raccolta ogni 70.000 abitanti”, sottolinea l’Assessora ai Rifiuti di Roma Capitale Katia Ziantoni.
Salvini dichiara guerra ad Amazon. Ma la usa per venderci di tutto. Dalle magliette della Lega alla bandiera della Padania. Il Carroccio critica l’e-commerce e poi ci sguazza!
Come al solito il leader della Lega predica bene e razzola male. Il Capitano, che dichiara guerra ad Amazon per la forte concorrenza ai negozi italiani, poi usa il colosso americano dell'e-commerce per vendere di tutto: dal suo libro alle felpe. Potrebbe sembrare una boutade ma domani il leader della Lega Matteo Salvini avrà un incontro (una zoomata ha fatto sapere l’ex ministro dell’Interno) con l’amministratore delegato di Amazon. Prima fonti leghiste avevano parlato addirittura di Jeff Bezos, poi le voci sono rientrare e si è virati verso Mariangela Marseglia, country manager di Amazon Italia. Un incontro non certo di poco conto e che resta molto interessante. Anche perché quella messa in piedi da Salvini sembra una vera e propria crociata, non tanto contro l’e-commerce in sé, ma contro il colosso del web e la sua condizione fiscale, certamente più agevole rispetto a quella dei negozianti italiani: “Chiediamo parità di condizioni – ha scritto ieri Salvini sui suoi social – le aziende italiane pagano 100, anche le multinazionali devo pagare 100. Sono contro lo schiavismo, lo sfruttamento e la concorrenza sleale”. TUTTO SU INTERNET. Tutto giusto, non fa una grinza il ragionamento del Capitano. A maggior ragione se si pensa che, secondo l’allarme lanciato qualche giorno fa da Confesercenti, la seconda ondata ha portato alla chiusura di 190mila negozi. C’è, però, in questo racconto qualcosa che stona. E cioè il fatto che, mentre il leader leghista imbastisce la sua nuova campagna in nome dell’italianità e del “prima i negozianti” che l’e-commerce, i prodotti che portano il suo nome o quelli che riguardano Lega e Padania sono venduti – guarda un po’ – proprio nel fantastico mondo di Amazon. Qualche esempio? Il libro “Secondo Matteo – Follia e coraggio per cambiare il paese” può essere vostro a soli 10.20 euro. L’autore? Matteo Salvini, of course. Che dire, ancora, di tutta la sequela di maglie, magliette e felpe che inneggiano all’italianità con lo slogan “prima gli italiani”. E poi, ancora, la t-shirt Lega-Salvini premier assortimento in cinque colori a 19.99; la felpa con cappuccio Lega-Salvini premier assortimento in otto colori a 36.99, felpa verde con cappuccio Sole delle Alpi-Lega a 22.99. Tutto ovviamente su sempre tramite la multinazionale che ha fatto dell’e-commerce la sua fortuna.
Covid-19: una ricerca sugli impatti socio-psicologici
E’ tutto nel nostro cervello. Segnali che viaggiano attraverso la corteccia prefrontale e le regioni del sistema limbico per giungere al tronco dell’encefalo e all’ipotalamo. Segnali che durante il lockdown ci hanno spinto a flash mob, cori dai palazzi, esposizione della bandiera nazionale o di striscioni con la scritta «Andrà tutto bene». Le reazioni possono però essere anche di tipo diverso e la tensione che si accompagna allo stress può far sì che gli eventi prendano un altro corso: aumento dell’aggressività, insofferenza dei giovani, inclinazione al razzismo, al negazionismo, al complottismo, fino anche alla violenza domestica soprattutto verso le donne. Sono fenomeni che il Neuroscience Lab di Intesa Sanpaolo Innovation Center ha studiato e descritto nel suo studio “Pandemia da COVID-19: l’impatto sul benessere socio-emotivo in una prospettiva neuroscientifica” che spiega ciò che accade nel nostro cervello in situazioni di paura e ansia e dà indicazioni preziose per evitare situazioni di sofferenza psicologica. Il distress va prevenuto e combattuto con esperti di salute mentale e servizi di counseling psicologico, ma anche noi con il nostro comportamento possiamo fare molto. Dobbiamo stabilire una routine quotidiana con spazi e tempi distinti tra attività lavorativa e non, azioni ricreative ed esercizio fisico, senza dimenticarci di curare il nostro aspetto. Importante è mantenere poi la nostra dimensione sociale. Vivere in gruppo è sempre stato, per l'uomo, molto vantaggioso: ecco perché le misure di distanziamento, innaturali per l’essere umano, possono suscitare un senso di solitudine e di inquietudine. Per combatterlo sforziamoci di telefonare a familiari, amici e colleghi; manteniamo i contatti tramite forum e chiamate di gruppo.
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Come curare Covid-19 a casa (prima del tampone)
Un documento in fase di pubblicazione sulla rivista Clinical and Medical Investigation e redatto da medici dell’Istituto Mario Negri e dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo (Giuseppe Remuzzi, Norberto Perico, Monica Cortinovis e il professor Fredy Suter) spiega come curare il coronavirus e Covid-19 a casa prima dell'esito del tampone. Del documento parla oggi Marco Imarisio sul Corriere della Sera, spiegando che parte dalle richieste arrivate al Negri da medici di mezzo mondo e che è diverso dal cosiddetto Protocollo Bassetti e dal vademecum dei medici lombardi perché non aspetta l'esito del tampone e prevede una serie di interventi che può effettuare il medico di base. Negli altri approcci si attende prima l'esito del tampone mentre partendo in anticipo, scrivono gli autori dello studio, "si previene nella maggior parte dei casi la reazione infiammatoria che comunque quando si manifesta viene colta precocemente ed è quindi trattabile a domicilio". Ci si muove quindi a partire da un sintomo come la tosse (che è presente nel 67% e che ieri ha fatto preoccupare anche Lilli Gruber durante l'ospitata di Giuseppe Conte a Otto e Mezzo), oppure la febbre (43%) così come il mal di gola, la nausea, il vomito e la diarrea. E si tratta il coronavirus come qualunque altra infezione delle vie respiratorie utilizzando farmaci antiinfiammatori come l'aspirina (e non la tachipirina) o l'Aulin (che però non vanno presi insieme) con altri rimedi che inibiscono l’enzima che scatena le infiammazioni all’interno del corpo, fino ad arrivare, soltanto nei casi più seri, al tradizionale cortisone.
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Pavia, la frase shock del consigliere comunale di centroDestra: "Per salvare pochi vecchietti si rovina la vita ai giovani"
Niccolò Fraschini lo ha scritto su Facebook aggiungendo: "È ora di riaprire, W Darwin!", allusione alla selezione naturale. "Ormai questo piagnisteo sulle vittime penso che abbia stufato tanti italiani, per salvare poche migliaia di vecchietti stiamo rovinando la vita, nel lungo termine, a un sacco di giovani". È una delle frasi pubblicate su Facebook da un consigliere della maggioranza di centrodestra di Pavia, Niccolò Fraschini (Pavia Prima). Lo riporta la Provincia pavese. Le frasi, apparse su Facebook, si chiudevano con un "è ora di riaprire, W Darwin!" inneggiando presumibilmente alla selezione naturale perno degli studi del grande scienziato. Fraschini si è difeso parlando di "strumentalizzazione" e di "frasi estrapolate dal contesto" dichiarando "vicinanza agli anziani". Nel marzo scorso aveva attaccato i napoletani "che hanno l'immondizia nelle strade e ci schifano", i francesi "che non hanno il bidet" e i romeni "che hanno i bambini che vivono nelle fogne nella capitale".
Finché l'alternativa sarà Salvini, "meglio" il controverso governo Conte
La dialettica politica italiana è caratterizzata da una condizione paradossale. I limiti e le contraddizioni di questo governo sono evidenti. Dopo gli errori di gennaio e febbraio, tuttavia Conte si è riscattato ed è riuscito a essere Churchill dichiarando il lockdown di marzo che malgrado la sua durezza ha avuto un autentico sostegno popolare. Senonché da giugno a ottobre Conte da Churchill è diventato Mariano Rumor, il suo governo groviglio di contraddizioni, le regioni guidate da rissosi cacicchi. Così nessuno, né il presidente del Consiglio, né i ministri ha alzato davvero la voce a luglio e ad agosto contro le movide, gli assembramenti, i viaggi all’estero in paesi rischiosi. Le regioni poi hanno fatto di peggio: l’Emilia-Romagna e la Sardegna hanno dato via libera alle discoteche. L’Emilia sosteneva la riapertura degli stadi, a sua volta la Regione Lombardia ha tardato a comprare i vaccini influenzali combinando un altro disastro. Tutti, governo e regioni, hanno tardato nell’acquisto dei tamponi, nella riorganizzazione del trasporto urbano, nell’aumento delle terapie intensive e nella riorganizzazione della medicina di base. Risultato di tutto ciò: a ottobre siamo arrivati impreparati di fronte a una seconda ondata preparata anche dalle dissennatezze di luglio e di agosto e dalle analisi sbagliate di quei clinici che avevano affermato che il virus era clinicamente morto.
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Covid, abbiamo "sbagliato" a contare i morti? Sì, ma per difetto
Le vittime dell’epidemia sono probabilmente molte di più di quelle conteggiate nelle statistiche ufficiali. L’Iss fa chiarezza sui criteri: la positività al Sars-Cov-2 non è sufficiente per considerare il decesso come dovuto a COVID-19. È vero che abbiamo sbagliato a contare i morti di Covid-19? Sì, ma non per eccesso (come ha lasciato intendere a "L’Aria che Tira" l’infettivologo del San Martino di Genova Matteo Bassetti spiegando che "a marzo aprile chiunque arrivasse in ospedale con un tampone positivo veniva conteggiato come morto Covid"), bensì per difetto. A dirlo è l’Istituto Superiore di Sanità in una nota con cui fa chiarezza sui criteri per calcolare la mortalità associata a Covid-19. Come avevamo già spiegato in un altro articolo, l’Iss usa 4 parametri per stabilire che il decesso di un paziente sia stato effettivamente causato dall’infezione. E vale a dire: 1) Presenza di un tampone positivo a Sars-Cov-2 2) Presenza di un quadro clinico e strumentale suggestivo di COVID-19 3) Assenza di una chiara causa di morte diversa dal COVID-19 4) Assenza di periodo di recupero clinico completo tra la malattia e il decesso. La positività al tampone, chiarisce l’Iss, "non è sufficiente per considerare il decesso come dovuto al COVID-19, ma è necessaria la presenza di tutte le condizioni sopra menzionate, inclusa l’assenza di chiara altra causa di morte”.
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Morra e la realtà parallela
Mafiosi e criminali di ogni risma vengono invitati in televisione di continuo. Il presidente dell’antimafia grillino viene lasciato fuori dalla porta della televisione pubblica. I mafiosi vengono candidati e quando finiscono in galera ormai non fanno nemmeno più notizia. Al presidente dell’antimafia grillino basta una gaffe per venire massacrato come persona umanamente e politicamente indegna a reti unificate. La reazione del vecchio regime partitocratico contro Morra è stata davvero impressionante. Le sfortunate frasi sulla defunta governatrice calabrese potevano generare malintesi e andavano evitate. Il resto del discorso di Morra invece è vecchio come il mondo. I cittadini hanno il governo che si meritano. Non puoi votare per decenni le stesse classi dirigenti colluse e predatorie e poi lagnarti che non hai neanche uno ospedale decente in cui curarti. Ancora più grave se li voti per un pacco di pasta o per conformismo e menefreghismo. Ma vogliono la testa di Morra o meglio quella del governo ed ogni scusa è buona.
Viadotti abruzzesi dell'autostrada A24 in calcestruzzo che cade a pezzi
Viadotti abruzzesi dell' A24 in calcestruzzo che cade a pezzi. Scatta l' inchiesta della Procura di Teramo con la Guardia di finanza che ha eseguito un decreto di sequestro preventivo (disponibilità finanziarie, beni mobili e immobili) per oltre 26 milioni di euro. Sei gli indagati, tutti avvicendatisi nel tempo ai vertici di Strada dei Parchi spa e delle due società collegate, la Toto Costruzioni e Toto Holding. A finire nel registro degli indagati Lelio Scopa, presidente del cda di Strada Parchi, l' ad Cesare Ramadori, il vicepresidente del cda Mauro Fabris, il dg Igino Lai, e i procuratori e direttori operativi Carlo Marco Rocchi e Gabriele Nati. A coordinare l' inchiesta i sostituti procuratori Laura Colica e Silvia Scamurra che hanno aperto il fascicolo dopo il crollo del Ponte Morandi di Genova. Nel mirino le pile del viadotto di Casale San Nicola dov' è stato evidenziato lo stato di ossidazione dei ferri dovuta anche al cedimento strutturale dei copriferri, i viadotti di Cretara, San Nicola 1 e 2, Le Grotte e Cerchiara, tutti lungo l' A24, tra Isola del Gran Sasso e Colledara. Secondo i consulenti della Procura, sono emerse criticità su alcune delle pile e degli impalcati. Ammaloramento evidente dello strato di calcestruzzo a protezione dei ferri d'armatura, il cosiddetto strato copriferro; danneggiamento delle canaline di raccolta e dei discendenti che convogliano le acque di dilavamento provenienti dalla sede autostradale; ossidazione dei ferri delle armature per mancanza dello strato copriferro.
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Marco Travaglio: Sci-muniti
Il Covid-19 ci ha regalato due ondate e, se tutto va male, a gennaio arriva la terza. Invece la cosiddetta informazione sforna un’ondata alla settimana. Ma non di virus: di cazzate. C’è la settimana del governo Draghi (la prima di ogni mese), quella del Mes (la seconda), quella del rimpasto, quella delle troppe scarcerazioni (colpa di Bonafede), quella delle troppe carcerazioni (colpa di Bonafede), quella del governo senza “anima”, quella di Conte che decide sempre tutto da solo, quella di Conte che non decide mai niente neanche in compagnia, quella che le scuole che non riapriranno mai (colpa della Azzolina), quella che riaprire le scuole è stato un errore (colpa della Azzolina), quella che devono decidere le Regioni, quella che deve decidere il governo, quella che ci vuole il lockdown, quella che meno male che non s’è fatto il lockdown, quella che i vaccini arrivano troppo tardi (colpa di Arcuri), quella che i vaccini che arrivano troppo presto (colpa di Arcuri), quella di Salvini europeista liberale, quella di B. che è diventato buono. La settimana scorsa era quella del “salviamo il Natale”. Ieri, altro giro di giostra: “Salviamo le vacanze sulla neve”. Un’allegra combriccola di buontemponi che si fan chiamare “governatori” e “assessori” di alcune fra le Regioni peggio messe (le zone rosse Lombardia, Piemonte, Alto Adige, Val d’Aosta, l’arancione Friuli-Venezia Giulia e le gialle Veneto e Trentino), chiede di riaprire la stagione sciistica. Con 600-700 morti al giorno e molti ospedali in overbooking, gli sci-muniti pensano alle “linee guida per l’utilizzo degli impianti di risalita nelle stazioni e nei comprensori sciistici da parte degli sciatori amatoriali”.
Fake news di Repubblica sulla ministra Lucia Azzolina
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Trasformare le terapie intensive cardiologiche in rianimazioni per Covid potrebbe causare più morti per infarto
I test rapidi per la diagnosi del Covid arrivano dai medici di medicina generale e pediatri con il contagocce - da cinque a una ventina a testa, dipende dalle regioni - ma almeno, da ieri, ci sono le linee guida per eseguirli in sicurezza. Ci sono norme di buonsenso nel documento tecnico realizzato dall' Istituto superiore di sanità in collaborazione con il ministero della Salute, la Fnomceo (federazione nazionale degli ordini dei medici) e l' Inail. Tra le principali indicazioni c' è quella di esporre un avviso all' ingresso dello studio con chiare istruzioni sulle modalità di accesso, stabilire rigorosi percorsi di entrata, di attesa e di uscita, specificando giorni e orari in cui si prevede l' esecuzione del test antigenico rapido. Ovviamente i test si devono eseguire esclusivamente su appuntamento, in un locale dedicato, con una buona aereazione e che non sia di passaggio, preferibilmente al termine dell' attività ordinaria per evitare il contatto tra soggetti con possibile infezione da Sars-Cov2 e chi accede allo studio per altri motivi, sanificare le superfici tra un prelievo e l' altro ed evitare ogni forma di assembramento dei pazienti. Per gli studi pediatrici c' è qualche raccomandazione in più per la separazione dei percorsi per il test da quelli per i bilanci di salute o per il vaccino; è ammesso un solo accompagnatore; prevista una priorità per l' esecuzione del test a bambini immunodepressi o con patologie pregresse e, sotto i 6 anni, a quelli che frequentano la comunità infantile.
“Noi abbiamo Tallini”: le intercettazioni di 'Ndrangheta che inguaiano il presidente del Consiglio regionale della Calabria di Forza Italia
La vicenda giudiziaria che tocca l’ormai ex presidente del Consiglio regionale della Calabria e vicecoordinatore regionale di Forza Italia Domenico Tallini, consigliere comunale a Catanzaro per oltre 25 anni (prima tra le file del MSI passando poi per poli civici centristi, l’Udeur di Mastella e poi Pdl e Forza Italia), è narrata nelle 357 pagine dell’ordinanza di applicazione di misura coercitiva firmata dal giudice per le indagini preliminari Giulio De Gregorio su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri. Per il super magistrato (che, ospite di Lilli Gruber su La7 , si è autodefinito “un semplice pm di campagna”), nell’inchiesta denominata Farmabusiness, “grazie all’operato dell’onorevole Tallini, il gruppo criminale Grande Aracri ha potuto ottenere queste facilitazioni, contatti e incontri con funzionari della Regione per ottenere agevolazione”. Per questo motivo gli viene contestato il “concorso esterno” e viene considerato “la cerniera tra i clan e la Pubblica Amministrazione”. Non solo concorso esterno, l’accusa di voto di scambio politico-mafioso. Ma oltre al concorso esterno per associazione mafiosa, a Tallini viene contestato il reato di voto di scambio politico mafioso previsto dall’articolo 416 ter del Codice penale (punito con una pena da dieci a quindici anni di carcere). Tallini, secondo l’accusa, nella campagna elettorale 2014 accettò dagli esponenti della cosca riconducibile a Nicolino Grande Aracri (boss di Cutro al 41bis nel carcere Opera di Milano, condannato a due ergastoli) la promessa di procurare voti mediante modalità mafiose in cambio della promessa di compiere in ambito politico e amministrativo azioni a vantaggio degli interessi economici del sodalizio mafioso.
Dare spazio a questa destra è inutile
Niente di nuovo tra i cari alleati della destra italiana: nel 2018 fu Salvini a tradire Meloni e Berlusconi, lasciandoli all’opposizione mentre lui si pappava il Viminale, e ora è Berlusconi che vuole mollare Salvini e Meloni per fare da sostegno al Governo Conte. Begli amici, non c’è che dire. Anche se i numeri della maggioranza al Senato sono traballanti, dell’aiuto del Cav però non c’è bisogno, perché il Gruppo misto è zeppo di scappati da casa il cui solo obiettivo è tirare a campare, e per questo non possono mandare all’aria l’Esecutivo. È dunque imperdonabile la posizione di parte del Pd, dove si spinge per un accordo con Arcore, dimenticandosi il passato e senza imbarazzi su una questione morale (chi si somiglia si piglia), evidentemente solo per mettere il sedere su qualche poltrona. D’altra parte, seppure per fiction, i tre partiti del Centrodestra hanno firmato di recente un nuovo patto definito anti-inciucio, e malgrado certi impegni abbiano il valore della carta igienica, restano legati dal loro accordo elettorale, con le responsabilità e le vergogne di ciascuno. E qui prendiamo la Meloni ad esempio. La signora che cresce nei sondaggi promettendo soldi a tutti con un click ancora ieri si è schierata con il leader ungherese Orbán, a cui si deve il blocco del bilancio europeo e l’arrivo in Italia dei miliardi del Recovery Fund. Orbán, tra l’altro, si rifiuta di garantire per legge quisquilie come la libertà d’espressione. Salvini dal canto suo continua a soffiare sulle piazze, aumentando l’ansia di chi sta patendo gli effetti economici della pandemia. Un disco che suona h24 sulle televisioni di Berlusconi. Ma davvero ci si può fidare di questi signori?
Calabria? No, grazie!
No grazie, il commissario alla Sanità in Calabria no. Più passano i giorni e più l'imbarazzo cresce. Dopo le figuracce in serie con Cotticelli, Zuccatelli e i coniugi Gaudio, il governo non riesce a trovare un eroe per l'incarico meno ambito del panorama nazionale. Per ultimo ha rifiutato l'ex prefetto Francesco Paolo Tronca, l'uomo che prese in mano il Campidoglio dopo il burrascoso addio dell'allora sindaco di Roma Ignazio Marino. Si è defilato anche un altro candidato, l'ex ufficiale della Guardia di Finanza Federico d'Andrea, già investigatore di Mani Pulite. Insomma, Mafia Capitale e Tangentopoli erano due passeggiate in confronto al disastro della sanità calabrese. Conte e Speranza continuano la ricerca. Nel dubbio, non rispondete al telefono.
Beppe Sala attacca Regione Lombardia: “Sulla sanità, è tutto da rifare”
Il Sindaco di Milano lancia l'idea di una riforma radicale che smonti il modello del centrodestra, il quale risponde con un'iniziativa sulla ricostruzione della città che vede tra i partecipanti l'ex primo cittadino Gabriele Albertini e Stefano Parisi, candidato sconfitto nel 2016. Nella lunga partita a scacchi che precede il vero e proprio lancio della campagna elettorale per l’elezioni comunali del 2021, a Milano si registra un botta e risposta tra i due schieramenti principali. Beppe Sala attacca Regione Lombardia sul tema della Sanità, un fronte divenuto caldissimo a causa del Covid-19 e sul quale, come spiega lo stesso Sindaco, “ho molto limitato la mia critica, perché ci sono momenti in cui è più importante stare vicini alla comunità, tutta, il quotidiano ancora ci preoccupa, ma è tempo di guardare al futuro”. E il fendente del primo cittadino non è certo timido: “Dai medici di base ai rapporti con i privati qui è tutto da rifare. Sono sotto gli occhi di ciascuno le carenze e le difficoltà manifestate dalla sanità, soprattutto territoriale, in questi drammatici mesi in Lombardia. Da ultimo con la vicenda dei vaccini antinfluenzali”, dice in un’intervista a Repubblica.
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Cosa è e cosa serve il saturimetro
Già durante la prima ondata del Coronavirus era andato a ruba, ed in questi mesi è ancora uno degli oggetti più acquistati online per uso diagnostico domestico, al punto che oggi, come il termometro, è presente in ogni abitazione italiana. A farla da padrone in fatto di vendite sul web è il saturimetro, un piccolo dispositivo medico che dispone di uno schermo Led molto chiaro e intuitivo, uno strumento non invasivo e indolore, facilissimo da usare, meno da interpretare per i non addetti ai lavori, che rivela la quantità di ossigeno nel sangue, un dato molto utile per valutare la presenza o meno di compromissione respiratoria, soprattutto nella sua fase iniziale, quando appunto si iniziano ad avere livelli di saturazione di ossigeno più bassi del normale. Simile ad una molletta, si pinza su un dito della mano, in genere l' indice o il medio, e all' alluce nei neonati, ed in pochi secondi sul display appare la percentuale di ossigenazione del sangue o, più correttamente, la quantità di ossigeno legata all' emoglobina in rapporto a quella totale circolante, il valore oggi più importante per capire se, in caso di positività al Covid, si stia instaurando un più o meno serio coinvolgimento polmonare nel decorso della malattia virale. Rilevare l' insufficienza respiratoria in fase iniziale infatti, è fondamentale per capire se un paziente Covid sta sviluppando problemi polmonari ed aiuta ad evitare, con l' intervento terapeutico tempestivo, lo sviluppo di future complicanze, tra le quali la temibile polmonite interstiziale bilaterale, che ha mietuto nel nostro Paese decine di migliaia di vittime.
COME MAI A PRATO I CINESI SONO PRATICAMENTE IMMUNI AL CORONAVIRUS?
Sono soltanto cento i cittadini cinesi residenti a Prato che sono risultati positivi al Covid dall’inizio della pandemia. In nove mesi la comunità orientale ha totalizzato meno della metà dei casi che Prato registra quotidianamente (ieri erano 231) ormai da tempo. A ufficializzare il dato è l’Asl Toscana Centro che per comprendere meglio il fenomeno, decisamente eccezionale, ha chiesto aiuto al consolato cinese. Da febbraio scorso tra i 26.000 cinesi registrati ufficialmente all’anagrafe di Prato soltanto 100 persone hanno contratto il virus e fatto ricorso alle cure dell’ospedale nei casi più gravi. Il resto della comunità è rimasto immune, come se attorno avesse una cortina di difesa impenetrabile. Smentita l’ipotesi che i cinesi di Prato da settimane abbiano iniziato una fuga verso la madrepatria per fare ricorso a un vaccino sperimentale, l’unica spiegazione al fenomeno dell’immunità è quella del lockdown applicato alla perfezione. Ipotesi confermata anche dai mediatori che il consolato cinese ha messo a disposizione dell’Asl per fare da ponte con la comunità orientale. "Abbiamo incontrato il console cinese a cui abbiamo chiesto collaborazione per comprendere meglio alcune dinamiche che osserviamo all’interno della comunità", conferma Renzo Berti, direttore del Dipartimento di igiene e prevenzione dell’Asl Toscana Centro. "Ci sono stati forniti mediatori e garanzie di cooperazione". L’Asl studia il fenomeno cinese grazie all’aiuto delle autorità asiatiche. La provincia di Prato dalla fine del mese di ottobre è stata continuativamente al vertice della classifica toscana del rapporto quotidiano fra i contagiati da Covid-19 e il numero dei cittadini residenti: un primato dal quale i cinesi sono esenti. "All’inizio della pandemia la comunità orientale è stata molto attenta e si è posta in un lockdown ancora più severo rispetto a quello poi deciso dal governo italiano", prosegue Berti. "Dopo un breve periodo tra luglio e agosto, durante il quale hanno allentato le misure restrittive, si è registrato un piccolo picco di casi tra cinesi. In seguito è partita una nuova stretta con cui la comunità si è nuovamente autoisolata".
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GIMBE: Il nostro piano di salvataggio per il Servizio Sanitario Nazionale
Oggi lo stato di salute del nostro Servizio Sanitario Nazionale è gravemente compromesso da quattro patologie: definanziamento pubblico (nel periodo 2010-2019 tra tagli e - € 37 miliardi); ampliamento smisurato del “paniere” dei nuovi LEA, non ancora esigibili in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale; sprechi e inefficienze che si annidano a tutti i livelli erodendo preziose risorse; espansione incontrollata del secondo pilastro, che aumenta la spesa sanitaria e le diseguaglianze sociali, alimenta il consumismo sanitario e rischia di danneggiare la salute. Il SSN, acciaccato da queste patologie ingravescenti, vive poi in un habitat fortemente influenzato da due fattori ambientali: un clima non particolarmente salubre che contribuisce a generare iniquità e diseguaglianze, conseguenti sia alla (non sempre leale) collaborazione tra Governo e Regioni a cui è affidata la tutela della salute, sia alla modalità di governance Stato-Regioni e Regioni-Aziende sanitarie; “azionisti di maggioranza” inconsapevoli del patrimonio comune e incuranti della sua tutela, ovvero cittadini che da un lato ripongono aspettative irrealistiche nei confronti di una medicina mitica e di una sanità infallibile, condizionando la domanda di servizi e prestazioni (anche se inefficaci, inappropriate o addirittura dannose), e dall’altro non accennano a cambiare stili di vita inadeguati che aumentano il rischio di numerose malattie.
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Covid, allarme Oms: «Rischio terza ondata. L'Europa si attrezzi o nel 2021 nuovo boom di contagi»
Mentre si discute sul numero posti a tavola per il cenone di Natale e sugli spostamenti tra regioni per incontrare i parenti, l'Organizzazione mondiale della sanità bacchetta l'Europa e alza l'allerta in vista di una possibile terza ondata. Con l'arrivo del vaccino che verrà distribuito in più fasi - non consentendo una veloce immunizzazione di massa - il pericolo è fissato per l'inizio del 2021. «Dopo gli errori dell'estate - ha avvertito David Nabarro, inviato speciale dell'Oms - se non si realizzeranno le infrastrutture necessarie per il contrasto al virus avremo una terza ondata all'inizio del prossimo anno». In Europa - ha insistito Nabarro - «si sono allentate le maglie prematuramente dopo l'estate, ed ora i contagi sono di nuovo in aumento. La risposta dell'Europa è stata incompleta».
Conte vuole il bonus natalizio da 500 euro per i cassintegrati. Maggioranza contraria
Il premier Giuseppe Conte vorrebbe elargire un bonus Natale da 500 euro a chi è stato in cassa integrazione per almeno otto settimane. Un’idea, quella del presidente del Consiglio, finalizzata a sopperire ai ritardi nell’erogazione della CiG, con moltissime persone costrette ad aspettare mesi prima di riscuotere quanto loro dovuto. Da qui l’iniziativa di Conte, che però, stando a quanto racconta Alessandro Barbera su La Stampa, trova ben poco sostegno tra gli alleati della maggioranza. Avrebbero infatti espresso forti dubbi i vice del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri (ovvero Antonio Misiani del Pd, Laura Castelli del M5s e Maria Cecilia Guerra di Leu), nonché Italia Viva, per bocca del suo responsabile economico Luigi Marattin. Una contrarietà di tutto l’arco della maggioranza, insomma, con diversi esponenti che spingono per misure diverse. Compresi esponenti di Forza Italia, partito pronto a collaborare con l’esecutivo sulle misure economiche. “Renato Brunetta – scrive La Stampa – incaricato dal Cavaliere dei contatti, chiede di superare l’ eredità più odiosa del virus, ovvero la differenza di trattamento fra garantiti e non garantiti, dipendenti e autonomi. Dario Franceschini ad esempio preme per un aiuto ai lavoratori messi al tappeto dalla seconda ondata, quelli del turismo e dello spettacolo. È per questo che l’ idea del premier, piombata d’ improvviso nella trattativa, è accolta con freddezza”.
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Salvini si dissocia da se stesso per il convegno degli ‘scettici’ del Covid. Quattro mesi dopo arriva il mea culpa
Sì, ho sbagliato. Quattro mesi dopo quel convegno degli ‘scettici’ sul Covid andato in scena in una della sale di Palazzo Madama, Matteo Salvini si dissocia da se stesso. Il segretario della Lega, in chiusura della lunga intervista con Massimo Leoni su SkyTg24, è stato interrogato sulla sua partecipazione al tanto discusso incontro andato in scena al Senato. «27 luglio 2020. Convegno al Senato: ‘Covid in Italia, tra informazione, scienza e diritti’. Il titolo non dice molto, ma lì si trovano tra lo scetticismo e il negazionismo. Lei cita Bernard-Henri Lévy, la sua epidemia della stupidità e dice che il saluto con il gomito è la fine della specie umana e rifiuta le mascherine. È stato un errore?», chiede il giornalista a Matteo Salvini collegato dalla sua casa a Milano. E la risposta, soprattutto per le tempistiche, stupisce non poco.
“Liberté-Liberté”, Parigi manifesta contro la legge che vieta di filmare la polizia
Per gli attivisti l’articolo 24 è indigeribile: multe fino a 45mila euro e un anno di prigione per chi diffonde immagini di agenti. Sullo sfondo la Torre Eiffel, mentre in una place du Trocadéro stracolma si canta “Liberté-Liberté” contro la nuova “legge bavaglio” del presidente Emmanuel Macron. A Parigi e in altre città francesi si manifesta così contro il testo sulla “sicurezza globale” presentata dal governo e adottato ieri sera in prima lettura all’Assemblea nazionale. Il progetto, che vede tra i relatori l’ex capo delle teste di cuoio, il deputato di En Marche Jean-Michel Fauvergue, è diventato in quest’ultima settimana il simulacro della lotta per la libertà d’espressione in Francia, opponendo il binomio sicurezza-informazione. A far scattare la polemica è stato soprattutto l’articolo 24, che condanna con una multa di 45mila euro e un anno di prigione la diffusione di immagini di agenti o militari che possono “minacciare la loro integrità fisica o psichica”. In altre parole, i giornalisti e semplici cittadini non potranno più filmare o fotografare i poliziotti in azione per preservarli da eventuali rischi di ritorsioni. Un provvedimento richiesto da tempo dai sindacati di polizia, che ha provocato la rivolta di molti media, ma anche dell’opposizione di sinistra e delle ong attive nella difesa dei diritti dell’uomo, mettendo in forte imbarazzo una buona parte della maggioranza dopo il sostegno ricevuto dal Rassemblement di Marine Le Pen.
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Coronavirus, l'addestratore e l'idea dei cani anti-Covid: "Possiamo addestrarli in un mese"
Dopo le malattie metaboliche e i tumori, il fiuto dei cani potrebbe essere d'aiuto per scovare anche il Coronavirus. E' l'idea di Aldo La Spina, direttore tecnico della onlus Medical Detection, specializzata nell'addestramento di cani per la diagnosi precoce. "L'olfatto dei cani è incredibile e oggi già li usiamo per scoprire individuare i tumori, con una percentuale di successo del 95 per cento. Noi siamo in grado di addestrare dei cani anti-Covid, in grado di riconoscere anche gli asintomatici. Ci vorrebbe più o meno qualche settimana di preparazione", spiega La Spina. "Quello che manca, al momento, è la possibilità di accesso a una biobanca con campioni del virus e un protocollo medico che metta in sicurezza gli animali e gli operatori durante l'addestramento. Spero che ospedali e istituzioni, finita la fase dell'emergenza, capiscano quanto questo tipo di operazioni potrebbero aiutarci a debellare il virus".
Milano: Ospedali San Paolo e Carlo, parla un medico: ‘Inumano, noi e i pazienti abbandonati in una vera bolgia, ammassati come carne da macello’
Non ha firmato la lettera-denuncia dei colleghi "perché non c'ero, ma lo rifarei oggi stesso perché lo confermo punto per punto". Tra i corridoi degli ospedali milanesi, dove è deflagrato il caso della lettera di 50 medici sulle prestazioni dilazionate per mancanza di personale, subito sconfessata dalla direzione, c'è un clima di terrore. Specie dopo il siluramento del primario che aveva scritto le stesse cose alla direzione generale un mese prima. Qualcuno rompe il silenzio, ma dietro garanzia di anonimato. E racconta cosa succedeva nei reparti di emergenza-urgenza al collasso. “Vuole che lo dica bene? Se prendo una pianta che ho scordato di annaffiare e la annego, quando ormai è quasi morta, il risultato è che la pianta muore”. Il clima da caccia alle streghe dentro gli ospedali San Paolo e Carlo di Milano impone l’anonimato al personale sanitario che lavora nei reparti d’urgenza, che 50 colleghi medici e rianimatori hanno definiti al collasso, con 350 posti letto già occupati, le barelle che si trasformano in letti e le sale di attesa in reparti, coi medici costretti “a fare scelte né clinicamente né eticamente tollerabili” e forzati a dilazionare l’accesso a terapie e tecniche. L’Asst si è mossa per sconfessare quella denuncia, arrivando a rimuovere la primaria che l’aveva anche anticipata, in termini non meno diretti, al direttore meno di un mese prima che i colleghi prendessero l’iniziativa, convinti di doverlo fare a tutela dei loro pazienti e di se stessi.
Terapie intensive, il documento dell'ISS: "Dare la precedenza a chi può sopravvivere"
Le nuove regole: in situazioni di emergenza possono crearsi situazioni particolarmente gravi di squilibrio tra risorse disponibili e necessità, ed è indispensabile avere dei criteri di riferimento per operare scelte particolarmente difficili. Il documento che si trova sul sito dell'Istituto Superiore di Sanità si chiama “Decisioni per le cure intensive in caso di sproporzione tra necessità assistenziali e risorse disponibili in corso di pandemia da Covid-19" e spiega che in situazioni di emergenza possono crearsi situazioni particolarmente gravi di squilibrio tra risorse disponibili e necessità, ed è indispensabile avere dei criteri di riferimento per operare scelte particolarmente difficili. Traduzione: in rianimazione si dà la precedenza a chi può sopravvivere e l'età non è l'unico criterio da utilizzare. Attualmente il documento prodotto dalla Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI) e dalla Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni (SIMLA) e pubblicato nella sezione Buone pratiche di SNLG per la estrema rilevanza e l’attualità dell’argomento è in fase di consultazione pubblica. "La deontologia medica - scrive nell'introduzione nella nota introduttiva Carlo M. Petrini, direttore dell'Unità di Bioetica e presidente del Comitato etico dell'Iss - pone al centro la persona malata che il medico deve curare, privilegiando il criterio terapeutico. Esso prende in considerazione anche l'urgenza e la possibilità di riuscita. L'etica centrata sulla persona non trascura la dimensione sociale: in particolare, promuove l'equità, al fine che ogni paziente abbia uguali possibilità di accesso. L'etica centrata sulla persona, però, rifiuta di anteporre l'utilità sociale al bene della persona".
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“In Puglia rischiamo una nuova Bergamo, dovremo scegliere chi intubare”: parla il presidente dei rianimatori
“La scelta di prorogare la zona arancione in Puglia è pessima. Da quando ci hanno assegnato il colore secondo la ripartizione nazionale abbiamo assistito a un aumento esponenziale dei contagi giornalieri e soprattutto dei pazienti ricoverati in terapia intensiva. Noi medici siamo consci della drammaticità della situazione: a breve dovranno dirci cosa fare con chi resta fuori dalle terapia intensive”. Sono queste le parole con cui Antonio Amendola, presidente dell’associazione dei medici e rianimatori e dirigente medico presso il Policlinico di Bari, commenta a TPI la proroga della zona arancione in Puglia. È giunta nella mattinata di venerdì, infatti, la firma del Ministro della Salute Roberto Speranza sull’ordinanza che di fatto congela le misure previste per sei regioni – Puglia compresa – e respinge la richiesta di chiusura di sole due province (Foggia e Bat) avanzata dal presidente di Regione Michele Emiliano. Già nella serata di giovedì, il Ministro per gli affari regionali, Francesco Boccia, aveva avanzato delle riserve sulla richiesta di estendere la zona rossa a due sole province, preferendo invece una stretta uniforme. Con la firma di venerdì è arrivato il niet definitivo: nessuna stretta o chiusura selettiva. La zona resta arancione, almeno per il momento.
Milioni spariti del Carroccio. Sostegni parla e la Lega trema. Domiciliari al prestanome del caso Lombardia Film Commission. Ha riempito fiumi di verbali decisivi per le indagini
Finito al centro della vicenda giudiziaria sui fondi della LEGA, Luca Sostegni ha deciso di collaborare coi pm di Milano che indagano sulla compravendita a prezzo gonfiato dell’immobile di Cormano, acquistato con soldi pubblici dalla Lombardia film commission, e per questo è stato premiato dai giudici. Una “collaborazione proficua fornita dall’indagato allo sviluppo delle indagini, unitamente alle dichiarazioni ammissive in ordine alle proprie responsabilità, che consente di ritenere intervenuto un primo affievolimento del pericolo di reiterazione ” del reato, così da “rendere allo stato adeguata (…) la misura meno afflittiva rappresentata dagli arresti domiciliari”, si legge nel provvedimento con cui il gip Giulio Fanales ha disposto la scarcerazione dell’uomo, ritenuto il prestanome del commercialista in orbita leghista Michele Scillieri. Sostegni non è di certo un uomo qualunque ma è colui da cui tutta la vicenda sull’immobile di Cormano è partita con l’arresto rocambolesco, del 15 luglio, quando stava cercando di fuggire in Brasile. Proprio lui, infatti, sarebbe il prestanome usato dai revisori contabili in Parlamento del Carroccio, Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, e dal commercialista Scillieri, noto per aver ospitato la sede della lista “Per Salvini premier”, dietro al quale i tre professionisti sarebbero riusciti a nascondere la reale proprietà di alcune società che parteciparono alla compravendita del capannone di Cormano della Lombardia Film Commission. Insomma un ruolo centrale per il quale gli inquirenti, in questi ultimi quattro mesi, lo hanno interrogato più volte per accertare i fatti. Domande a cui Sostegni non si è mai sottratto.
Solinas moltiplica le Asl, ma il Governo fa ricorso. La riforma sovranista della sanità sarda aumenta i manager e le possibilità di piazzare gli amici
Anche in piena emergenza Covid la politica non rinuncia alle grandi e spericolate manovre attorno alla sanità. La tentazione di mettere sempre di più le mani nella gestione delle strutture che dovrebbero essere in prima linea solo per garantire la salute dei cittadini è troppo forte. Il governatore sovranista sardo Christian Solinas ha così varato una riforma per ripristinare le otto vecchie Asl con personalità giuridica, moltiplicando le poltrone e rendendole disponibili anche per chi sinora non ne aveva titolo. Ma questa volta la manovra si è scontrata con un Governo deciso a stoppare certi sistemi e, dopo i rilievi trasmessi a Giunta e Consiglio regionale della Sardegna quasi due settimane fa, Palazzo Chigi ha impugnato la norma ricorrendo alla Corte Costituzionale. Tre gli articoli contestati quelli che riguardano la nomina dei direttori generali nelle aziende sanitarie, gli elenchi regionali degli idonei alle cariche di vertice aziendali e la nomina dei commissari straordinari. Secondo il Consiglio dei ministri, questi articoli “invadono la competenza concorrente statale”. “Solinas revochi subito le nomine”, attacca la deputata del M5s Mara Lapiaincalza, segnalando che “è palesemente illegittima la delibera di Giunta del 23 ottobre 2020, che nomina il dottor Massimo Temussi commissario straordinario di Ares e commissario di Ats”. Infatti, spiega la parlemantare nuorese, “Temussi, chiamato a dirigere la nascente azienda, non risulta iscritto nell’albo nazionale degli idonei”.
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