Denuncia contro la risoluzione del Consiglio regionale che mira a tappare la bocca ai dottori sul territorio. Il documento è lungo 17 pagine, ma sono sufficienti poche righe a mettere in scena un altro scontro, in Lombardia, tra i medici di famiglia e la Regione. “Vogliono solo controllarci, come fanno con i medici ospedalieri che non possono rilasciare dichiarazioni se non sono verificate prima dai superiori”, dice Paola Pedrini, segretaria regionale della Fimmg, federazione dei medici di medicina generale. Pedrini si riferisce alla risoluzione con la quale il Consiglio regionale lombardo ha dato le proprie indicazioni sulla fase due.
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SULLO SFONDO dello scontro c’è la legge regionale di riforma del 2015, normativa sperimentale, che secondo medici e opposizioni, non ha mai funzionato edin parte non èstata applicata. Ma soprattutto c’è una concezione del sistema sanitario tutta centrata sugli ospedali, a scapito della medicina territoriale, retta proprio dai medici di famiglia, oggi liberi professionisti convenzionati con la sanità pubblica: impostazione che proprio secondo Pedrini (parole di alcune settimane fa) si è rivelata la Caporetto del sistema sanitario lombardo durante l’emergenza coronavirus. Nella risoluzione, del resto, alla medicina territoriale viene dedicato ben poco spazio. Se non per dire che deve essere rilanciata “per offrire al cittadino servizi ancora più strutturati, garantendo una copertura oraria e di giornate che sia idonea alle esigenze della popolazione, che faccia leva sul l’esperienza della medicina di gruppo”, che però secondo i medici non è attuabile in tutti i territori. Così, via libera alla telemedicina e all ’integrazione e comunicazione dei sistemi informatici. E poi alla ricerca di cure, farmaci, vaccini. Ma se un “evento catastrofico spesso rende inevitabili gli errori”, dice Pedrini, “poi gli errori vanno riconosciuti, vanno corretti, non nascosti”.
dall'articolo di NATASCIA RONCHETTI per IlFattoQuotidiano.it