ARMI BERGamo 2Nella città simbolo della pandemia da Covid-19 in Italia, con migliaia di morti nelle bare stipate sui carri armati, il Comune di Bergamo che fa? Lancia un bando pubblico-privato in partnership con Intesa SanPaolo per la ripartenza economica del territorio: 30 milioni di euro, di cui 10 a fondo perduto. Ma tra le società a cui questi fondi sono destinati risultano i codici ATECO di aziende che fabbricano armi ed esplosivi. Il tutto con il patrocinio di CESVI, onlus che si batte da anni per i diritti umani. Non solo: Francesca Nava ha anche scoperto che a una piccola impresa dell’artigianato locale, oggi sull’orlo del fallimento, è stato risposto che non aveva i requisiti per attingere a quei soldi. La ripartenza della Bergamasca val bene la produzione di armi ma non il sostegno a una piccola azienda come la loro. Oggi vorrei parlarvi del Rinascimento di Bergamo.

Già, perché dovete sapere che la città martire del Covid-19, attraverso un accordo tra il Comune e Intesa Sanpaolo, ripartirà grazie a un piano innovativo dal valore complessivo di 30 milioni di euro, di cui 10 milioni a fondo perduto, per sostenere le imprese colpite dalla crisi e aiutarle a risollevarsi il prima possibile. Il progetto si chiama proprio così “Programma Rinascimento” e se andate sul sito del Comune lo trovate nella home page, con tanto di didascalia: “Strumenti di sostegno a favore del tessuto delle micro-imprese colpite dalla pandemia.”.  A gestire l’erogazione dei contributi a fondo perduto e le attività di monitoraggio e rendicontazione sarà il CESVI, una Fondazione Onlus, tra le più importanti e accreditate istituzioni del Terzo Settore, con cui il Comune ha definito una convenzione specifica. La Onlus ha sede a Bergamo e vanta tra le sue ambasciatrici anche la moglie del sindaco di Bergamo Giorgio GoriCristina Parodi. La supervisione sarà invece affidata a un comitato tecnico di cinque membri, rappresentanti delle istituzioni coinvolte nel progetto: il vicesindaco, Sergio Gandi, il segretario comunale per il Comune di Bergamo, un esponente di CESVI, uno di Intesa Sanpaolo e il professore Francesco Longo dell’Università SDA Bocconi. Insomma, una ripartenza in grande stile.  “Da città simbolo di una tragedia, che ha colpito il Paese, Bergamo deve essere anche simbolo di una rinascita”: così il sindaco Gori ha annunciato questo importante progetto per la sua città, che per la prima volta fonde pubblico e privato a supporto dei bergamaschi. “I soldi arriveranno a quelle piccole attività di impresa che sono quelle che se non alzano la saracinesca non vivono – ha spiegato Gori in videoconferenza un paio di settimane fa – e anche quando riapriranno non avranno il fatturato di prima, inoltre dovranno investire per fare progetti e cambiamenti necessari a rispettare le norme richieste dal governo”.

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Ovviamente, per fare la domanda di finanziamento, tocca avere i requisiti previsti dalla legge. Ad esempio, per accedere al “Bando Spese Inderogabili” bisogna avere una sede operativa di dimensione inferiore a 250 mq sita nel territorio del Comune di Bergamo e rientrare in uno dei codici ATECO indicati all’interno del bando. E fin qui tutto chiaro. In pratica, dopo la conta dei morti, nella mia città, si fanno adesso i conti con i contraccolpi sull’economia. E di contraccolpi gli imprenditori bergamaschi, soprattutto i più piccoli, ne hanno avuti di pesantissimi. Tra questi imprenditori ci sono due stiliste, proprietarie di una piccola società di moda registrata nelle imprese artigiane di Bergamo. Dall’inizio dell’anno l’azienda ha fatturato solo tremila euro, nel 2007 ne fatturava quasi 300mila. Poi, il declino. Insomma, una crisi economica che si trascina da anni e a cui la pandemia rischia di dare il colpo di grazia. Dopotutto la Bergamasca – e soprattutto la Val Seriana – è sempre stata famosa nel mondo per il comparto tessile. 

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Scorrono velocemente l’elenco per capire quali siano le attività che potranno invece usufruire dei fondi. E qui restano a bocca aperta: “Nell’elenco troviamo il 30.40.0 un codice ATECO relativo alla fabbricazione di veicoli militari da combattimento”, lo choc è totale. Nella città, che ha visto portar via le bare dei morti Covid proprio su dei carri dell’esercito questa scoperta va oltre ogni macabra immaginazione. Fanno anche un altro pensiero logico: “Proprio il CESVI, che opera in teatri di guerra al fianco dei bambini e delle popolazioni colpite da azioni belliche, non può patrocinare una iniziativa del genere!” Lo choc non finisce qui. Nell’elenco trovano anche la fabbricazione di armi e munizioni, con codice ATECO 25.40.00, la fabbricazioni di missili balistici con il codice 30.30.02, la riparazione di armi e munizioni con il 33.11.03, la fabbricazione di esplosivi con il codice 20.51.0 e infine il commercio al dettaglio di armi e articoli militari, con il codice ATECO 47.78.50.

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Come sarà andata a finire? Ve lo starete chiedendo, ovviamente. Dopo la segnalazione di questa piccola azienda di Bergamo esclusa dal bando, sul sito del CESVI e del Comune sono stati rimossi i codici ATECO relativi alla fabbricazione di missili balistici (intercontinentali), il 30.30.02 e il codice 30.40.00, relativo alla fabbricazione di veicoli militari da combattimento, tra cui i carri armati. E grazie al cielo, direte voi. Abbiamo scritto alla segreteria del sindaco Gori per chiedere chiarimenti, dal momento che ancora nella giornata di ieri, scorrendo sul sito del CESVI e del Comune, si potevano leggere, nella lista delle categorie produttive idonee ad accedere ai fondi del bando Rinascimento, attività come queste: fabbricazione di esplosivi; riparazione e manutenzione di armi, sistemi d’arma e munizioni; commercio al dettaglio di armi e munizioni di articoli militari; fabbricazione di armi e munizioni, tra cui rientrano anche armi pesanti, come lanciarazzi e mitragliatori, pistole ,munizioni da guerra, bombe, missili, mine e siluri (codice ATECO di quest’ultima chicca il 25.40.00). Stamattina il codice relativo al commercio al dettaglio di armi e munizioni è stato tolto, mentre è rimasto nell’allegato a pagina 30 quello inerente alla fabbricazione di armi e munizioni.

Un’altra svista? Un altro errore? Siamo certi che sia tutto legale, la domanda però viene spontanea: credete davvero che a Bergamo, una città ancora sotto choc per l’immagine dei carri militari con a bordo le bare, una iniziativa del genere passerà inosservata, tanto più perché patrocinata da chi lavora a stretto contatto con vittime di conflitti bellici? Chiedetevelo e rispondete in tutta coscienza. Bergamo, il Rinascimento della guerra.

 

Articolo di Francesca Nava   per TPI.it 

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