È un problema tecnico il motivo principale del fatto che si fanno pochi tamponi in Italia. Milena Gabanelli e Simona Ravizza sul Corriere della Sera oggi spiegano che il meccanismo si inceppa sulla macchina che processa i tamponi:
Quelle più diffuse al Nord sono a sistema chiuso: carichi il bastoncino, ed esce l’esito. Sono macchine completamente automatizzate e richiedono una bassissima manualità. Lo svantaggio è che si può utilizzare soltanto il reagente specifico per ogni tipo di analisi (il kit coronavirus è diverso dal kit morbillo) e deve essere della stessa marca della macchina. Le principali sono Hologic, Roche, Elitech, Diasorin, Abbott, Arrow. Per quel che riguarda la produttività, possono processare fino a 800/1.000 tamponi al giorno, se lavorano h24. Dunque per farne tanti bisogna averne molte; alcune oggi sono diventate difficili da reperire sul mercato, come pure i kit specifici per il Covid-19.
Il tema è sempre lo stesso: la Cina è il più grande produttore al mondo di tamponi, reagenti e componenti per le macchine. Tutto il mondo è stato travolto dallo stesso problema e così alla fine nei laboratori ci sono macchine ferme perché hanno bisogno di manutenzione o sottoutilizzate per mancanza di reagenti. Di solito le strutture le noleggiano: circa 20 mila euro l’anno, ma il costo più significativo è proprio il reagente, che in questi mesi è stato abbassato a 15-20 euro per ogni tampone. Con questo sistema chiuso oggi l’ospedale Niguarda di Milano, che processa il numero più alto di tamponi per la Lombardia, fa 1.500 analisi al giorno con 6 macchine.
Solo il 12 maggio, a tre mesi dallo scoppio dell’epidemia, nel punto stampa della Protezione civile, il commissario Domenico Arcuri scopre che servono i reagenti e lancia la procedura per le offerte pubbliche: «Abbiamo fatto una richiesta di offerta perché da soli i tamponi non bastano. I reagenti sono un bene scarso nel mondo, in Italia ci sono pochi produttori e spesso non sono italiani». Alla domanda «quali tipi di reagenti comprerete»? Arcuri risponde «quelli compatibili con i 211 laboratori. E saranno le Regioni a indicarmi di cosa hanno bisogno».
L’offerta si è conclusa il 18 maggio, siamo al 25 e ancora ci stanno pensando. Altri ritardi non sono tollerabili, e sarebbe opportuna un’unica strategia per essere in grado di affrontare l’autunno, pianificando ora le macchine che servono, ed ordinarle subito per riuscire ad averle fra tremesi. Chi vuol continuare con il sistema chiuso deve stabilire e ordinare adesso anche la quantità di reagenti specifici necessari. Sperando di trovarli. Altrimenti si ricomincia da capo.
Articolo di NextQuotidiano.it