"Non torno indietro, la Regione fa gaming coi dati sul Covid. Ci querelino pure, ma almeno siano trasparenti come le altre regioni". Intervista a Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe. Come va? Tutto a posto, tranquillissimo. Sono abituato… Anche dopo le 24 ore che ha vissuto giovedì? Mi sono un po’ stupito di questa reazione scomposta da parte di Regione Lombardia, anche perché querelare un ente indipendente che fa monitoraggio pubblico non mi sembra una bella idea… Perché non è una bella idea? La Fondazione Gimbe è un ente indipendente, non è che puoi querelarlo solo perché dice cose brutte, e che va bene quando ti dà la medaglia ma poi va male quando dice che stai facendo cose che non vanno. Noi da anni facciamo un monitoraggio indipendente della qualità del servizio sanitario in Italia. Come mai questa sua dichiarazione proprio ora? È stato un mix tra una comunicazione della Gimbe e le mie dichiarazioni ad aver sollevato il polverone. Una coincidenza. Tornerebbe indietro rispetto alle sue dichiarazioni? No. Non devo correggere nulla.
Spieghiamo come sono andate le cose.
Ogni giovedì facciamo uscire la nostra analisi epidemiologica, prima di quella dell’Istituto Superiore Sanità che esce il giorno dopo. Questo, insieme alle mie dichiarazioni sulla Lombardia su fatto che una serie di escamotage – definiti “gaming” nel mondo della ricerca – che sovrastimano i dati favorevoli e sottostimano quelli sfavorevoli, ha dato vita alle polemiche.
Questo certo, ma viene da chiedersi: questa sua dichiarazione sull’alterazione dei dati in Lombardia avrebbe potuto farla un mese fa…
Banalmente, è venuta fuori oggi perché una giornalista di Radio24 mi ha fatto la domanda e ho risposto. Nulla più. Il primo comunicato stampa è del 2 aprile.
Ok. Entriamo nel merito: è vero che la Regione Lombardia altera i dati?
Sicuramente, sulla base dei dati disponibili, c’è attività di gaming insieme ad un livello di trasparenza nettamente migliorabile. Non penso e non ho mai affermato che la Lombardia falsifichi i dati.
Quindi?
Mi spiego: da sempre la Lombardia non comunica i soggetti guariti ma comunica i soggetti dimessi. Che però poi nel report complessivo della Protezione Civile finiscono nei soggetti guariti.
Che significa?
Un soggetto dimesso, se non è guarito, per l’epidemiologia rimane un caso ‘aperto’ che può ancora infettare e deve essere posto in isolamento domiciliare. Un caso guarito, invece è ‘chiuso’ ed ovviamente esce fuori dall’epidemia.
Tradotto?
Nel corso dei mesi, si è distorto il quadro nazionale sul numero dei guariti. Se la Lombardia in certi momenti aveva fino al 55-60% dei guariti, quelli della colonnina verde della Protezione Civile per intenderci, visto che la Lombardia di fatto comunica i soggetti dimessi è evidente che in quel contenitore ci finiscono soggetti ancora infetti da porre in isolamento domiciliare.
Questo cosa può aver comportato?
Questo è un elemento di distorsione importante del quadro epidemiologico perché da un lato influenza la gestione sanitaria, dall’altro distorce il quadro che dava Arcuri alla Protezione Civile. Se lo ricorda? Diceva: ‘Partiamo dalle belle notizie: oggi ci sono 500 guariti, di cui 250 guariti in Lombardia…’. Ma quei guariti non erano tutti guariti.
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dall'intervista di Giulio Gambino per TPI.it