Dal 1° gennaio 2020 è stata abrogata la Tasi che, di fatto, era una duplicazione dell’Imu e che raddoppiava i conteggi, i versamenti e gli adempimenti a carico dei proprietari di immobili, portando finalmente una ventata di semplificazione e di riduzione di obblighi per i cittadini. La Tasi però è stata eliminata soltanto formalmente perché è stata accorpata nella nuova Imu, e quindi da quest’anno non pagheremo più la Tasi, ma il costo dell’Imu sarà probabilmente più alto. Per saperlo è necessario attendere le delibere delle aliquote che ogni Comune deve approvare entro il 31 luglio, ma è molto probabile che per evitare riduzioni di gettito fiscale, le nuove aliquote Imu di molti Comuni, siano la sommatoria delle vecchie aliquote Imu e Tasi del 2019.
A conti fatti, meno burocrazia e adempimenti, ma analoga spesa. L’aliquota base è pari all’8,6 per mille, con possibili variazioni a seconda delle tipologie di immobili, e i Comuni possono decidere di aumentarla fino a un livello massimo del 10,6 per mille oppure ridurla fino all’azzeramento, in funzione delle possibilità di bilancio e delle scelte amministrative. Il Comune ha piena autonomia decisionale sulle aliquote da adottare e sulla loro differenziazione, ma non può intaccare l’aliquota del 7,6 per mille dovuta sugli immobili a uso produttivo di categoria D, il cui gettito è riservato allo Stato.
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dall'articolo del Corriere.it