Se i set dei film e delle fiction non si decidono a riaprire alla svelta, rischiano di vedersi rubare il mestiere dai giornali. Cioè da quegli oggetti cartacei che un tempo contenevano notizie e ora fabbricano invenzioni. Le più in voga, negli ultimi tempi, sono tre: escogitare alibi (ovviamente falsi) per salvare le chiappe agli sgovernanti della Lombardia prima che passino alla storia come i più terrificanti (e al contempo comici) serial killer mai visti sull’orbe terracqueo; trovare il modo di scongiurare la scomparsa di due specie in via d’estinzione, i renziani e i calendiani; propiziare la nascita di un nuovo governo, possibilmente presieduto da Mario Draghi (senza peraltro domandargli se sia minimamente interessato) e sostenuto da tutti i vecchi partiti, previo dirottamento di Giuseppe Conte su un qualche strapuntino di consolazione (senza peraltro domandargli se sia minimamente interessato). La terza missione, la più improba, vede impegnatissime le principali testate e i loro signorini grandi firme, che studiano per il premier nuovi mestieri alternativi (come se non fosse già un prof e un avvocato).
L’estate scorsa, caduto il suo primo governo, tutti scrivevano che sarebbe andato certamente al ministero degli Esteri o a Bruxelles come commissario Ue (infatti restò premier). L’altro giorno Il Tempo e Il Dubbio (mica pizza e fichi) lo davano sicuro candidato di Pd e 5Stelle a sindaco di Roma (dove peraltro il M5S ricandida la Raggi e i dem, come sempre, uno a caso da buttar giù alla prima occasione). Ieri il sempre attendibile Claudio Tito, su Repubblica, lo dipingeva molto “tentato” dall’appassionante sfida di candidarsi a senatore alle elezioni suppletive a Sassari (gnamm!) per “blindare il governo” (qualunque cosa voglia dire) e diventare “il primo candidato ‘giallorosso’”, un “laboratorio” vivente della prossima “fusione Pd-M5S” (ovviamente mai pensata da alcuno). L’idea che uno che fa il presidente del Consiglio con consensi intorno al 60%, fra i più alti in Europa, non stia nella pelle di fare il senatore di Sassari o il sindaco di Roma, rende perfino più credibile la notizia ripetuta per la quarantesima volta da Libero: “Giuseppi confida nel virus per rimanere in sella e sogna il Quirinale”. E mentre briga per il Campidoglio, per il seggio sassarese e per il Quirinale e nei ritagli di tempo governa, ha ancora parecchio tempo libero. Infatti ha “pronto il suo partito”. Lo scrive un’altra firma di provata credibilità: Stefano Zurlo del Giornale. Dunque dev’essere vero. L’aveva già scritto ai primi d’aprile il piduista Bisignani su Libero: “Il partito di Conte è pronto. Dovrebbe chiamarsi ‘Insieme con Conte’. Il piano segreto del premier”.
Talmente segreto che non ne sapevano nulla né Conte né gli altri congiurati: Andrea Scanzi, il sottoscritto, un certo Gianluca Rospi (ha “un ufficio in via della Pigna”, e ho detto tutto) e un “fidatissimo collaboratore, Gerardo Capozza”. Senza dimenticare “i gruppi vicini alla figura di San Francesco d’Assisi” (santa Chiara, il lupo di Gubbio e alcuni uccelli), “i ciellini di Giorgio Vittadini, il volontariato, la Comunità di Sant’Egidio e gli intransigenti di Civiltà Cattolica”. Quando lessi la bisignanata, ci scherzai sopra sul Fatto e proposi per il Pochette Party un nome più accattivante del noiosissimo “Insieme con Conte”, ma soprattutto più diretto e subliminale: “Con-te”. Voi non ci crederete ma l’altroieri l’autorevole Zurlo ha trasformato la mia battuta in una notizia: “‘Con-te’: un gioco di parole per un partito che cerca strada” ma è “pronto”: “Un contenitore a immagine e somiglianza” di Conte, il quale “cospira con due mani: in una ci sono diversi soggetti della diaspora grillina, nell’altra prototipi democristiani”. Peccato non ne abbia una terza, di mano, perché ci sono pure “una decina di circoli in gestazione, embrione del movimento”.
Se poi ne avesse una quarta, potrebbe pilotare “alcuni nomi” che lavorano con lui notte e giorno al partito: Bruno Tabacci, ex Dc, ex Ccd, ex Udc, ex Pd, ex giunta Pisapia, ex Più Europa (lui, antiabortista, con l’abortista Emma Bonino); “il comandante Gregorio De Falco”, quello che tentò di rimandare a bordo Schettino, poi salì a bordo del M5S, poi ne scese in piena èra giallo-verde e riuscì a votare persino la mozione Bonino pro Tav essendo stato eletto col movimento più No Tav della storia; Lorenzo Fioramonti, quello che pensava di fare il ministro dell’Istruzione dal Sudafrica e diede le dimissioni un mese dopo, ma solo perché non credeva che Conte le accettasse e ora guida “Eco”, movimento ambientalista monozigote a chilometro zero, impatto zero e soprattutto voti zero. Insomma, tutta gente a posto e soprattutto coerente.
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dall'articolo di InAltoICuori.com Fonte: Il Fatto Quotidiano – L’editoriale di Marco Travaglio