L’identità dei due non è nota ma l’ipotesi di reato è quella di epidemia e omicidio colposi. Intanto l’ospedale di Lodi, mai chiuso, diventava uno dei più importanti focolai d’Italia, libero di potersi propagare fino a Milano. Ci sono due iscritti nel registro degli indagati dalla procura di Bergamo per la mancata chiusura del nosocomio di Alzano Lombardo mentre stava scoppiando l’emergenza Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19. L’identità dei due non è nota ma, scrive oggi il Corriere della Sera, l’ipotesi di reato è quella di epidemia e omicidio colposi. Due indagati per l’ospedale di Alzano e un dubbio: perché la Regione Lombardia disse no alla zona rossa a Lodi? Nessun dirigente e nessun medico dell’Azienda socio sanitaria territoriale di Seriate, competente su Alzano, avrebbe ricevuto al momento informazioni di garanzia secondo Armando Di Leandro e Desirée Spreafico che firmano il pezzo. Come persone informate sui fatti erano stati sentiti, già prima di metà maggio, l’ex direttore della Sanità regionale Luigi Cajazzo, il direttore generale dell’Asst di Seriate Francesco Locati e il direttore sanitario Roberto Cosentina.
Tutti avevano spiegato che il Pronto soccorso era stato riaperto soprattutto per far fronte all’epidemia e non perdere un presidio sul territorio: i magistrati tentano di capire se i pazienti con sintomi sospetti, ricoverati da più giorni prima di quel 23 febbraio, dovessero essere gestiti diversamente e se, a causa della loro presenza, non fosse necessaria una sanificazione più specifica sia del Pronto soccorso sia dei reparti. L’intervento, secondo le dichiarazioni del dg Locati, era stato eseguito da personale interno, a differenza di quanto avvenuto a Codogno (lì il Pronto soccorso rimase chiuso tre mesi).
E in serata, durante il Consiglio comunale di Bergamo (in streaming) è andata in onda una lite furiosa tra il sindaco Giorgio Gori e la Lega. Al centro, di nuovo, le accuse dei leghisti a Gori di aver fatto pressioni contro la zona rossa. Un attacco per il quale il sindaco arriva a minacciare querele, mettendo sul tavolo un dettaglio mai prima raccontato: «Il 7 marzo, l’ultimo giorno prima che venisse chiusa tutta la Lombardia — il racconto di Gori —, il presidente Attilio Fontana disse a me e ad altri sindaci che aveva consultato i suoi esperti costituzionalisti, i quali sostenevano che la Regione non avesse potere di istituire la zona rossa. Alla luce di quanto avvenuto in altre regioni ritengo che quella indicazione, ammesso l’abbia ricevuta, non era corretta, come poi ha ammesso l’assessore Giulio Gallera». Il Corriere della Sera ha scritto domenica che furono il direttore generale del Welfare lombardo Luigi Cajazzo, rimosso la scorsa settimana dal suo incarico, e il direttore generale dell’Azienda socio sanitaria territoriale di Seriate Francesco Locati, con il responsabile sanitario Roberto Cosentina, a stabilire di comune accordo di riaprire il presidio. Lo hanno dichiarato durante l’interrogatorio ai pm.
.........................
dall'articolo di @Alessandro D'Amato per NextQuotidiano.it