Durante l’audizione in commissione a palazzo San Macuto il consigliere del Csm racconta un episodio emblematico: il magistrato al centro dell’inchiesta individuato come ambasciatore dal Colle di Napolitano per risolvere il conflitto con Palermo. C'è anche un episodio del recente passato politico-giudiziario fino ad ora inedito tra i fatti riferiti dal consigliere del Csm alla commissione parlamentare Antimafia: il magistrato al centro dell'inchiesta che imbarazza il mondo delle toghe era considerato l'ambasciatore scelto dal Colle sotto la presidenza di Napolitano per interloquire con l'ufficio inquirente siciliano, trascinato in quei mesi davanti alla Consulta per la vicenda delle intercettazioni di Mancino col capo dello Stato.
Nel 2012, all’apice dello scontro tra il Quirinale di Giorgio Napolitano e la procura di Palermo, all’allora procuratore aggiunto del capoluogo siciliano arrivò una proposta: creare un contatto con il Colle per risolvere “questa situazione“. Questa situazione era il conflitto d’attribuzione di poteri sollevato dall’allora presidente della Repubblica nei confronti dell’ufficio inquirente palermitano, che all’epoca aveva appena chiuso le indagini sulla Trattativa Stato-mafia. Un’interlocuzione assolutamente anomala e per la quale il Quirinale aveva individuato un ambasciatore: Luca Palamara. A raccontarlo è chi all’epoca era uno dei magistrati simbolo della procura di Palermo: Nino Di Matteo. C’è anche un episodio del recente passato politico-giudiziario fino ad ora inedito tra i fatti riferiti dal consigliere del Csm alla commissione parlamentare Antimafia. Un fatto che diventa assolutamente emblematico se riletto oggi.
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dall'articolo di Giuseppe Pipitone per IlFattoQuotidiano.it