C’è una lettera, rimasta fino ad ora riservata, che è partita dal ministero delle Infrastrutture il 5 febbraio 2019. Ai tempi il titolare del dicastero era Danilo Toninelli, casacca M5s. In quella lettera, inviata al commissario per la ricostruzione del ponte Morandi di Genova, c’è scritto che “al termine dei lavori l’infrastruttura in questione deve ritenersi riassorbita nel rapporto concessorio vigente al momento del trasferimento”. Tradotto: una volta ultimato, il ponte va consegnato a chi è titolare della concessione autostradale. E i titolari della concessione, allora come ancora oggi, sono i Benetton. Nella lettera c’è anche scritto che la consegna è legata a “ogni eventuale variazione del rapporto concessorio”: in caso di revoca ad Autostrade, il ponte passa al nuovo concessionario. Ma la revoca non è arrivata. In sintesi: quella di Autostrade come gestore del ponte è una scelta obbligata oggi perché è Autostrade che ha in mano la concessione. Se poi il concessionario diventa un altro, allora la storia cambia. Insomma un ragionamento lineare. Quello che invece non è lineare è l’atteggiamento dei 5 stelle che ieri sono esplosi di rabbia nell’apprendere della lettera con cui l’attuale ministra Paola De Micheli, in quota Pd, dice al commissario che l’opera va ridata “pro tempore” ad Autostrade. Sulla base dello stesso ragionamento messo nero su bianco dal Mit guidato da Toninelli. La lettera della De Micheli dice la stessa cosa della lettera di un anno e mezzo fa e cioè, come spiegato, che il ponte va a chi ha la concessione in mano al momento del trasferimento. I Benetton, quindi, erano la scelta obbligata anche nel febbraio del 2019. 

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dll'articolo di  Giuseppe Colombo  per HuffingtonPost.it 

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