Imagoeconomica attilio fontana lombardia camici rubatiLa chiave per arrivare alla verità sulla caso della fornitura di camici dalla Dama spa ad Aria è contenuta nel cellulare di Andrea Dini. Ne sono convinti i pubblici ministero di Milano, coordinati dal procuratore Francesco Greco, che hanno chiesto e ottenuto di effettuare la copia forense dello smartphone del titolare dell’azienda, nonché cognato del governatore Attilio Fontana, sequestrato durante le perquisizioni dei giorni scorsi quando, tra le altre cose, sono stati rinvenuti i 25mila camici rimasti nel magazzino di Dama a seguito della conversione del contratto da fornitura a donazione.  All’interno del telefonino i magistrati sono certi di trovare, come si legge nel decreto di perquisizione, le “interlocuzioni con gli altri protagonisti della vicenda” e anche le eventuali prove del presunto tentativo di vendita, non andato in porto, dei dispositivi di protezione individuale promessi alla Regione ma mai consegnati. E proprio per risarcirlo delle perdite, sempre secondo la ricostruzione dei magistrati, il governatore ha tentato di bonificare al cognato 250 mila euro da un suo conto scudato in Svizzera ma l’operazione, finita nel mirino dell’antiriciclaggio della Banca d’Italia come sospetta, si è conclusa in un nulla di fatto e ha dato il via anche ad ulteriori approfondimenti che hanno messo nel mirino dei pm i conti esteri del governatore.

 

LA RIVENDITA MANCATA. Al centro dell’inchiesta ci sono soprattutto i 25 mila camici mai consegnati per i quali il sospetto è che tra Pirellone e Dama srl esisterebbe un accordo. Circostanza, questa, che emergerebbe soprattutto da un messaggio Whatsapp del 20 maggio scorso che anticipa di due ore il momento in cui la fornitura è stata trasformata in donazione e in cui Dini non solo era sicuro che la Regione avrebbe accettato la conversione del contratto ma anche che avrebbe rinunciato alla consegna dei camici mancanti all’appello. Una ricostruzione suffragata anche dalla deposizione in Procura di Emanuela Crivellaro, della Onlus Il ponte del Sorriso che lavora con gli ospedali della provincia, sentita come persona informata sui fatti e secondo cui “il 9 aprile ho scritto a Dini che l’ospedale non aveva più camici e lui mi ha risposto: domani 500.

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dall'articolo di Davide Manlio Ruffolo  per LaNotiziaGiornale.it 

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