Ecco è arrivato, anzi, sono arrivati: cinque deputati hanno chiesto all’Inps il bonus da 600 euro mensili previsto per sostenere autonomi e partite Iva in difficoltà durante la crisi del coronavirus e giustamente lo sdegno si è sollevato unanime. Con diverse sfumature, da Di Maio a Salvini, da Zingaretti alla Meloni, la politica tutta ha stigmatizzato il comportamento oggettivamente fuoriluogo dei cinque. Si immagina l’onda dell’indignazione percorrere i mari che lambiscono la penisola e bagnare milioni di italiani alle prese con il week end da bollino nero d’agosto.
Così, hai voglia a provare a spiegare che il taglio dei parlamentari previsto dal prossimo referendum apre a problemi di equilibrio costituzionale senza una adeguata legge ordinaria proporzionale. Hai voglia a spiegare che future maggioranze con cattive intenzioni in un prossimo futuro potrebbero cambiarla la legge ordinaria e disegnare uno scenario che la vulgata in passato non ha esitato a definire ‘deriva autoritaria’. Hai voglia a provare a ragionare, ad approfondire meccanismi complicati, a scacciare ogni demone populista che, periodicamente, si riaffaccia sulla scena. Purtroppo la realtà, come spesso accade, è infinitamente più semplice, o più banale.
Bastano cinque parlamentari a fare una schifezza, e hai voglia a provare a parlare di ‘mele marce’, purtroppo il danno è fatto, e il più grande spot al taglio dei parlamentari realizzato.
Pazienza, non resta che approfittare del tempo della collera, e della caccia ai cinque reprobi, per provare a ricordare che una cosa sono le istituzioni, un’altra chi le istituzioni le incarna di volta in volta, e talvolta male.
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