Covid Test Tampone Aeroporto No Piani colpa RENZICon la ministra Lorenzin, nel 2014 l'Italia prende la guida del programma mondiale di sorveglianza delle malattie infettive. Ma in cinque anni non paga neanche la sua quota. Così, come altri Paesi, arriviamo impreparati alla peggiore emergenza del Dopoguerra. Ecco i documenti riservati che sanciscono il fallimento.  Il 26 marzo, quando in Italia si registrano 8000 vittime, Matteo Renzi esige l’istituzione di una commissione d’inchiesta sull’impreparazione delle istituzioni contro il nuovo coronavirus. Rispondiamo al suo appello, sul numero del mensile FQ MillenniuM attualmente in edicola, ricostruendo cronologicamente le vicende che hanno condotto a quello che meriterebbe l’appellativo “CoronaGate”. Scoviamo in particolare una serie di documenti inediti dell’Organizzazione mondiale della sanità e dell’Unione europea che evidenziano le falle strutturali dell’apparato che hanno reso l’Italia incapace di prevenire il peggio. E scopriamo un paradosso che probabilmente è sfuggito al senatore fiorentino ed ex-segretario del Pd. Il preludio al fallimento, di cui il nostro Paese condivide la responsabilità con gli Usa, l’Oms e gli altri Stati Ue, risale proprio all’epoca in cui Renzi era Presidente del Consiglio. Era lui formalmente il capofila della più grande coalizione internazionale mai costituita per arginare le minacce infettive. Peccato che il sodalizio non abbia centrato il suo scopo.

 

Corre l’anno 2014. Lo spauracchio dell’Ebola, che per un pelo non si è esteso al mondo intero, persuade i potenti della Terra a lanciare la Global Health Security Agenda (Ghsa). Promotore della Ghsa è l’allora presidente Usa Barack Obama. I 30 paesi firmatari (oggi divenuti quasi 70, affiancati da organizzazioni internazionali e ong) affidano ai tecnici del ministro della Salute italiano la direzione del Comitato direttivo della Ghsa. A reggere le redini è la ministra Beatrice Lorenzin. Il suo ruolo è assicurare l’avanzamento dei lavori delle diverse task force costituite in seno alla coalizione. La piattaforma multilaterale, guidata dall’Italia fino al gennaio 2019 (prima che la presidenza di turno quinquennale passi all’Olanda) funziona solo sulla carta. Durante la gestione italiana, la Ghsa manca di affiatamento e di soldi per potenziarla.

Nel 2017 un team di ricercatori sino-americani pubblica l’ultimo di una serie di studi che presagiscono un probabile ritorno in forze dei coronavirus Sars annidati nei pipistrelli (dopo la precedente epidemia del 2002 circoscritta in Cina). In quello stesso anno, Paolo Gentiloni subentra a Renzi a Palazzo Chigi, confermando Lorenzin alla Sanità. L’Italia, ancora al comando della Ghsa, partecipa a una nuova task force guidata dagli Stati Uniti che ha il compito di escogitare modelli di finanziamento sostenibili per gli arsenali anti-pandemici. In tre anni non vi sono sostanziali progressi.

I costi della non curanza sono anticipati nel settembre 2019 in un’analisi dell’Oms, secondo cui un investimento di 1,7-3 miliardi di euro ogni anno per rafforzare i sistemi sanitari permetterebbe di risparmiare 26 miliardi in danni imprevisti. Tale preventivo quasi coincide col calo del Pil italiano (27 miliardi) stimato da Ref Ricerche. Neanche tre mesi dopo che l’Oms ha profetizzato il conto salato da pagare in conseguenza di un’attesa e sottovalutata pandemia, il Covid-19 si fa strada a Wuhan.

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Ravvolgiamo il nastro. Siamo nel 2009. L’Oms chiede ai governi di rafforzare i loro piani pandemici traendo lezione dall’influenza suina (H1n1), appena sedata. Per di più, nel 2013 raccomanda loro di integrare i piani con azioni di contrasto rivolte a un’ampia gamma di possibili malattie, oltre all’influenza. Renzi e i suoi predecessori e successori fanno finta di nulla. Nel 2017, i nodi vengono al pettine. L’Ecdc, agenzia Ue competente in materia di salute pubblica, si accorge che il piano italiano è rimasto fermo al periodo pre-2009, come d’altronde i piani della maggior parte degli altri Stati membri. L’Ecdc e l’Oms stilano una pagella, ottenuta in via confidenziale da FQ MillenniuM, che colloca l’Italia tra i peggiori della classe. Al tempo stesso, forniscono linee guida e attività di formazione per aiutare i governi a rafforzare le capacità di risposta.

Dall’esame dell’Ecdc emerge che quasi tutti i piani mancano di misure idonee a proteggere gli individui più vulnerabili e a garantire un coordinamento transnazionale. Non a caso il Covid-19 seminerà vittime soprattutto tra gli anziani e i malati cronici e gli Stati membri agiranno in ordine sparso, chiudendo le loro frontiere e confinando la loro popolazione a cascata. In particolare, dalla valutazione dell’Ecdc e dell’Oms risulta che il piano italiano risulta sprovvisto di un sistema d’informazione rapida tra autorità sanitarie, medici e infermieri, di una metodologia per accertare rapidamente i primi casi di contagio e della capacità di effettuare test in laboratorio e assistere i pazienti in situazioni di sovraccarico.

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dall'articolo   per IlfattoQuotidiano.it 

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