Imagoeconomica parlamento fictionDopo il taglio dei parlamentari, i pentastellati preparano le prossime mosse per cambiare profondamente la politica e riavvicinarla ai cittadini: giù gli stipendi di deputati e senatori, e ritorno delle preferenze, togliendo il potere di nomina alle segreterie di partito.  La proposta arriva da Giuseppe Brescia, presidente della commissione Affari costituzionali: nella discussione sulla legge elettorale il Movimento 5 Stelle chiederà di introdurre le preferenze, ad oggi previste dai sistemi elettorali usati per le elezioni comunali, regionali ed europee ma non dall’attuale legge che regola ilmeccanismo per elezioni politiche. Preferenze che, peraltro, erano state nel mirino del Movimento delle origini. Nel testo del Germanicum – o Brescellum (dal nome proprio di Brescia) – al momento invece non vengono modificati i listini bloccati previsti dal Rosatellum.

Anche se, oggettivamente, sono difficilmente sostenibili davanti all’opinione pubblica.  “Volutamente il testo base a mia firma che voteremo martedì non affronta il tema – spiega il pentastellato Brescia – era negli accordi di maggioranza rimettere ogni decisione al dibattito in commissione. Per noi devono essere i cittadini a scegliere chi mandare in Parlamento e non le segreterie di partito. L’abbiamo già detto nei primi incontri di maggioranza e torneremo a ripeterlo per arrivare a una legge elettorale che sia nell’interesse dei cittadini e non dei partiti”. Il punto è proprio questo, nonché cavallo di battaglia di coloro che nell’annoso dibattito intorno alla possibilità di reintrodurre il voto di preferenza, ne sostengono le ragioni: un sistema elettorale che non preveda che il cittadino elettore possa scegliere da chi farsi rappresentare, determina la composizione di un Parlamento di nominati dai partiti e non di eletti dal popolo, con tutto ciò che ne consegue.  

Il principio di rappresentatività verrebbe così scalzato da quello di fedeltà al leader e ad una stretta cerchia al vertice – i cosiddetti “cerchi magici” – che hanno tutto l’interesse a portare nelle istituzioni schiere di portaborse e collaboratori, (nella migliore delle ipotesi…), famigli, amici e amiche varie, nani e ballerine (talvolta non solo in senso letterale). I fedelissimi appunto, a scapito della potere di scelta dell’elettore e del mantenimento del legame con il territorio ma anche della qualità, è evidente. E in regime di liste bloccate compilate nelle segrete stanze delle segreterie di partito, il ruolo dell’assemblea parlamentare, verrebbe di fatto ancor più svilito in quello che è un suo ruolo cardine, cioè la funzione costituzionale di rappresentanza di tutti i cittadini, nonché il fatto che ogni parlamentate, in base all’articolo 67 della Costituzione, risponde solo alla Nazione.

E non esclusivamente al leader del proprio partito di appartenenza. Dall’altro lato, però, alcuni paventano che il voto di preferenza possa alimentare la corruzione e il voto di scambio come metodi a cui alcuni candidati potrebbero ricorrere per prevalere sugli altri, poiché rimetterebbe nelle mani dei poteri locali, o addirittura della malavita organizzata, il controllo dei voti. Il cosiddetto voto di scambio o clientelare. Inoltre, con le preferenze si avrebbe quale diretta conseguenza anche l’aumento del costo per poter svolgere l’attività politica, spingendo anche in questo caso verso una logica clientelare e verso la definizione di un sistema politico che favorisce i detentori del potere economico o chi comunque sarebbe in grado di reperire più fondi.

Articolo di Laura Tecce  per LaNotiziaGiornale.it 

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