La Fedeli e il suo anno al dicastero dell'Istruzione. Ecco tutte le gaffe, gli strafalcioni e i gialli di cui è stata protagonista l'ex sindacalista della Filtea-Cgil. Il ministro Fedeli (del PD) è stato tra i più discussi inquilini del dicastero dell'Istruzione della storia d'Italia. Certamente non "il più migliore". Questa, in sintesi, è la posizione che alcuni stanno assumendo in queste ore, in funzione del termine della legislatura. Tempo di bilanci, insomma, e di giudizi. Il vicedirettore del TG1 - Gennaro Sangiuliano - ha scritto in riferimento alla Fedeli che: "La cultura per l' Italia deve rappresentare un patrimonio nazionale, non solo quella materiale data dalle antichità, ma anche quella immateriale che si sostanzia nella letteratura, nella filosofia, nella musica, nell'eredità di grandi autori. Il decoro delle istituzioni è anche nel rispetto della loro storia e peculiarità". La "ministra" - insomma - avrebbe dovuto fare altro. In principio fu la laurea, poi diventata diploma. Valeria Fedeli ha esordito nel suo mandato dovendo venire a capo di un vero e proprio "giallo". Com'è ormai noto, nella pagina web della "Ministra", era riportato il conseguimento del diploma di laurea in Scienze Sociali. Peccato che - come all'epoca rilevò Dagospia - tale titolo non esistesse prima del 1998 (in via sperimentale a Trieste e Roma) e del 2000, "quando la nostra era già segretaria nazionale del sindacato dei tessili", come si legge qui. Il titolo realmente conseguito dal ministro è il diploma alla Scuola per Assistenti sociali Unsas di Milano. "Posso fare la ministra - ministra, ci tengo - anche senza laurea dopo una vita così intensa nel sindacato, sono stata apprezzata, promossa, chiamata a Roma, poi a Bruxelles a guidare il sindacato europeo dei tessili", tuonò la stessa, che alla fine della fiera pare sia risultata anche priva del diploma di maturità.
La Fedeli, che aveva promesso le dimissioni in caso di sconfitta al referendum costituzionale, è stata nominata "ministra" dal premier Gentiloni. Con buona pace di quel "Se vince il No andiamo tutti a casa".