Il 20 e 21 settembre è in programma un referendum costituzionale attraverso il quale i cittadini italiani saranno chiamati a confermare o meno la riforma sul taglio dei parlamentari approvata dal Parlamento nel 2019: di seguito, nel dettaglio, viene spiegato cosa prevede la legge, qualora dovesse entrare in vigore, e come funziona il quesito referendario. Cosa prevede la riforma sul taglio dei parlamentari. Approvata in via definitiva dal Parlamento l’8 ottobre 2019, quando la Camera con 553 voti favorevoli e 14 contrari ha dato il via libera alla legge, la riforma prevede un taglio dei parlamentari dagli attuali 945 a 600. I componenti elettivi di Camera e Senato si riducono del 36,5 per cento con 230 deputati e 115 senatori in meno. I deputati, infatti, scendono dagli attuali 630 a 400, mentre i senatori calano dagli attuali 315 a 200. Qualora la riforma venisse confermata, dunque, cambierebbe il rapporto tra parlamentari eletti e abitanti con l’Italia che diventerebbe uno dei Paesi con la peggior rappresentanza in Europa.
Allo stato attuale delle cose, infatti, con in Italia c’è un rapporto di un eletto ogni 64mila persone, considerando i 945 parlamentari eletti confrontati con i 60,4 milioni di abitanti. Se passasse la riforma costituzionale, invece, con 600 parlamentari eletti, avrebbe un rapporto di un eletto ogni 101mila abitanti. Con l’approvazione della riforma, inoltre, saranno ridotti anche i parlamentari eletti dagli italiani all’estero con i deputati che passeranno da 12 a 8 e i senatori che si ridurranno da 6 a 4. Stabilito anche un tetto massimo di senatori a vita che il presidente della Repubblica potrà nominare: mai più di 5.
Riforma sul taglio dei parlamentari: in che cosa consiste il referendum
Trattandosi di una riforma costituzionale e non avendo ottenuto una maggioranza di due terzi da ciascuna delle due camere nel voto finale, la legge poteva essere sottoposta, come stabilisce l’articolo 138 della Costituzione, a referendum popolare se entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne fanno domanda un quinto dei membri di una Camera o 500mila elettori o cinque Consigli regionali. Cosa che puntualmente è avvenuta. 71 senatori, 7 in più della soglia minima di 64 firmatari, hanno raccolto le firme per chiedere che la riforma venisse sottoposta a referendum confermativo. Si tratta del quarto referendum costituzionale della storia della Repubblica italiana dopo quello sul Titolo V del 2001 e quelli sulla riforma costituzionale del centrodestra prima, nel 2001, e del Pd, poi, nel 2006.
Il quesito, inizialmente previsto per il 29 marzo scorso, ma poi rimandato a causa del Coronavirus al 20 e 21 settembre, quando si voterà anche in sei Regioni italiane e in alcuni comuni, sarà il seguente: “Approvate il testo della Legge Costituzionale concernente “Modifiche degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana – Serie generale – n. 240 del 12 ottobre 2019?”. Chi vota “Sì”, dunque, approva la riforma e di conseguenza il taglio dei parlamentari, mentre chi esprime la sua preferenza per il “No” ne chiede l’abrogazione, lasciando, di fatto, tutto come è ora. Trattandosi di un referendum confermativo non c’è bisogno di raggiungere il quorum del 50 per cento di partecipazione al voto. Il risultato finale, dunque, non terrà conto del numero dei votanti così come accade per i referendum abrogativi.
Articolo di Niccolò Di Francesco da TPI.it