Doveva essere un organismo snello e operativo quello pensato per affiancare il leader nelle scelte più delicate. Ma di fatto è un comitato ampio, composto da ben 33 dirigenti che rappresentano tutta la nomenclatura leghista, governatori compresi. All'insegna del "tutti dentro, nessuno conta" al di fuori del capo. Sembrava avesse imparato la lezione, Matteo Salvini. "Più delego e più sono contento", aveva detto dopo la sconfitta in Toscana e il calo dei consensi delle regionali rispetto alle Europee, dopo il tonfo delle amministrative. Non si era spinto fino all'autocritica, dote che non gli appartiene. Ma aveva annunciato ai suoi e a tutti una svolta: la nascita di una segreteria politica snella e operativa dalla quale farsi affiancare per le scelte più delicate. Sembrava l'avvento della primavera "araba" in Lega, uno squarcio di democrazia interna in un partito che - dai tempi di Umberto Bossi, va detto - ha conosciuto solo la legge del capo. E invece, a un mese di distanza, quando il segretario ha finalmente svelato la composizione della squadra, si scopre che non è poi così snella come tutti si aspettavano. I 33 dirigenti che la compongono rappresentano di fatto tutta la nomenclatura della Lega, una falange. Talmente allargata e diluita, commenta chi pensava di rientrarvi ma insieme a pochi altri, che l'effetto sarà quello del "tutti dentro, nessuno conta". La conseguenza, piuttosto chiara nel partito, è che continuerà a comandare sempre e soltanto il capo.
Dentro ci sono i tre vicesegretari Giorgetti, Fontana e Crippa, non più alcuni governatori come pensato all'inizio, bensì tutti: Attilio Fontana, Zaia, Fedriga e Tesei. Con loro Fugatti, a capo della provincia di Trento. E poi il presidente del Copasir, Raffaele Volpi, i capigruppo di Camera, Senato e Eurogruppo (Molinari, Romeo e Campomenosi). Ma tra i tanti altri - da Giulia Bongiorno a Lucia Borgonzoni a Claudio Durigono - sono comparsi anche Andrea Paganella, capo della segreteria di Salvini e coordinatore degli staff, uomo ombra del leader e "gestore" unico dell'agenda e dei contatti, e un personaggio chiave del "salvinismo", quel Luca Morisi che ha inventato di fatto la comunicazione social. Insomma, l'ideatore della "Bestia" leghista che ha mietuto in questi anni contatti e consensi.
Tanto basta per comprendere come la squadra sia stata creata dall'allenatore a propria immagine e somiglianza. Il segretario federale ha spiegato in queste ore che il suo partito non è "di plastica, come il M5S". Sostiene che per una forza politica vera serve un organismo di vertice articolato e composito. Nello stile del tanto vituperato Pd. Sarà pure così. Ma è difficile fin d'ora immaginare - fatta eccezione per l'unico vero alter ego ai vertici del partito, Giancarlo Giorgetti - che nelle prossime riunioni della segreteria qualcuno alzerà il dito per criticare la linea ondivaga di Salvini sulla strategia anti Covid o la convivenza con l'estrema destra in Europa. Come restare contenti senza delegare.
Articolo di Carmelo Lopapa per Repubblica.it