Giuseppe Caruso ex fdiQuarantadue condanne, le più alte a 20 anni per l’ex presidente del Consiglio comunale di Piacenza Giuseppe Caruso (nella foto) e per Salvatore Grande Aracri, figlio del boss Francesco e nipote di Nicolino. Non siamo in Calabria, bensì in Emilia Romagna, terra ormai da anni di conquista della ‘ndrangheta. A rivelarlo, ancora una volta, la sentenza pronunciata ieri nell’aula bunker del carcere della Dozza a Bologna, dal gup Sandro Pecorella, concludendo in primo grado il processo in abbreviato sull’inchiesta di ‘ndrangheta “Grimilde”, con al centro le infiltrazioni a Brescello (Reggio Emilia), unico Comune emiliano-romagnolo sciolto per mafia. Per Caruso, ex FdI ed ex funzionario delle dogane, ruolo col quale avrebbe aiutato la cosca, è stata disposta una provvisionale da un milione per il Comune di Piacenza.  CONDANNE PESANTI. Ed è proprio Caruso ad essere al centro del sistema criminale, secondo l’accusa e ora la sentenza. Assieme a Grande Aracri rappresenta il paradigma perfetto dell’abbraccio nefasto tra gli uomini della ‘ndrangheta calabrese, decisi a non mollare il boccone prelibato delle attività economiche nel nord Italia, e le brame di ricchezza della politica locale.

Condanna pesante anche per il fratello del politico, Albino Caruso, di un anno più vecchio di Giuseppe, che ha incassato una severa condanna a 12 anni e 10 mesi di reclusione. Mentre il padre di Salvatore, Francesco Grande Aracri, dovrà vedersela con la Corte nel rito ordinario che inizierà a Reggio Emilia a dicembre. Via via tutte le altre condanna, tra membri delle cosche calabresi e professionisti conniventi emiliani e non. 

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dall'articolo di Antonio Acerbis per LaNotiziaGiornale.it

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