L’incidenza dei contagi è sette volte oltre la soglia di allarme. «Chi abita qui è costretto a convivere con il pericolo». «Sopra il naso». La vigilessa di pattuglia in vico Lavagna fa un cenno alla prostituta che porta la mascherina in modo non ortodosso. Come per riflesso, anche le altre giovani nigeriane appostate vicino al «basso» nel quale esercitano, sollevano il lembo azzurro e si coprono il volto. La legge Merlin invece continua ad avere difficoltà applicative nel centro storico di Genova, quel microcosmo che è un mondo a parte con regole e codici tutti suoi, uno strano impasto di degrado urbano e vitalità decadente che da sempre affascina i turisti e fa disperare i residenti. Con la Maddalena e il Sestiere di Prè, questi i nomi che identificano per lo più i vicoli del vecchio angiporto meglio conosciuti come caruggi, c’è sempre il rischio del luogo comune, a cominciare dall’inevitabile citazione di Fabrizio De André, quasi un pedaggio obbligato. Ma l’attualità impone almeno per una volta di rinunciare al folclore. Quelle due zone, racchiuse sotto un medesimo codice di avviamento postale, 16124, sono diventate un nodo impossibile da sciogliere al tempo della pandemia, un focolaio accusato di generare altri focolai attraverso i suoi abitanti.
La seconda ondata. Secondo una vulgata che trova anche qualche sponda scientifica, badanti e baby-sitter di etnia sudamericana sarebbero responsabili della seconda ondata in quartieri bene come Albaro e l’attigua Castelletto. «In uno scenario di circolazione ormai diffusa del virus, i quartieri con legami lavorativi al centro storico possono aver subìto una diffusione più veloce» concede il professor Filippo Ansaldi, direttore dell’Azienda sanitaria ligure, l’uomo che suggerisce le misure da prendere contro la pandemia in un territorio con l’età media più elevata d’Italia e d’Europa. «Ma nell’ambito di un indice di contagiosità ovunque elevato, il 16124 è la nostra spina nel fianco». Alla fine di settembre la zona di Prè e della Maddalena, dove era stato scoperto un cluster, divennero la prima zona rossa della seconda ondata, anche se il provvedimento iniziale prevedeva solo l’obbligo di mascherina «tutto il giorno all’aperto, indipendentemente dalle distanze». I dati. Da allora, ecco i dati, che non necessitano commenti. Tra il 21 e il 27 settembre, l’incidenza media giornaliera del contagio su diecimila abitanti era di 3,16 (16 casi). La settimana seguente era salita al 4,15 (21), quella dopo a 9,49, uno dei dati più alti a livello italiano per questo tipo di calcolo del virus. L’ultima misurazione, dal 12 al 18 ottobre, si attesta a 9,29, con l’aggiunta di altri 95 casi. Nella rappresentazione grafica dell’incidenza del virus nei Cap (codici di avviamento postale) di Genova si specifica «3 casi/10.000 è 7 volte la soglia di warning». Le zone rosse stanno dando qualche effetto nelle altre aree cittadine dove sono state decise. Nel centro storico, zona di movida, i valori del contagio restano troppo alti. «Siamo una periferia nel cuore della città». Luca Curtaz, consigliere municipale, fondatore dell’Associazione degli abitanti della Maddalena, non ha solo una descrizione suggestiva del suo quartiere, ma anche una tesi. «Il Covid non crea nuove emergenze sociali, ma apre ulteriori crepe in problemi conclamati».
Articolo di Marco Imarisio, inviato a Genova per Corriere.it