Dieci giorni per battere il record della prima ondata, pochi di più per raggiungere la soglia di allarme. Negli ospedali italiani reparti ordinari e terapie intensive vengono quotidianamente trasformati in spazi per malati di Covid. Il sistema non può andare avanti così per sempre, si saturerà presto, vista l’alta velocità della crescita. Ieri erano 19.809 i posti dedicati alle persone colpite dal coronavirus, giovedì 22 erano poco più di 10mila. Gli esperti si affidano alle proiezioni per capire cosa succederà e quelle di uno degli istituti più prestigiosi, l’Ihme dell’Università di Washington finanziato dalla Fondazione di Bill e Melinda Gates, lasciano pochi giorni all’Italia per intervenire. In base ai dati elaborati dai ricercatori statunitensi, proseguendo con questo ritmo il 10 di novembre i letti occupati saliranno a 32mila, raggiungeranno cioè il record della prima ondata, toccato tra marzo e aprile. Altri 14 giorni e il 24 novembre si toccheranno i 75mila ricoveri. Questa è la soglia critica, perché rappresenta il 40% dei letti totali disponibili in Italia.
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Riguardo alla terapie intensive, l’istituto stima che il 10 novembre siano 2.800 i letti occupati (contro i 1.843 di ieri) e il 24 siano 6.600. «La dinamica in Italia – dice ancora Monasta – adesso è difficile da invertire, in alcune zone del Paese sono saltati i tracciamenti. Si parla di diffusione familiare prevalente e questo è un segnale che quell’attività è in crisi, visto che la casa è l’unico posto dove si riescono a ricostruire facilmente i contatti».
Gli ospedali che si riempiono scuotono tutto il sistema sanitario, fino ad arrivare a creare seri problemi ai servizi di emergenza. Il 40% delle chiamate che arrivano al 118 di Roma, tra le 1.500 e le 1.800 al giorno, ormai riguardano sospetti di Covid.
Questi allarmi rallentano il sistema perché intanto la gestione dei casi richiede precauzioni al personale dei mezzi di soccorso. Ma il disastro accade quando si arriva in ospedale. E qui capita che le ambulanze aspettino anche oltre 24 ore con il paziente a bordo fuori dall’ospedale, in attesa che venga trovato un letto per il paziente.
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dall'articolo di Michele Bocci per “la Repubblica” da Dagospia.com