Ve lo ricordate quel momento ineffabile in cui Salvini si presentava da Floris a Dimartedì con la camicia bianca che pian piano si inzuppava di sudore, simbolo di genuinità virile e passione politica, e con una pausa teatrale in mezzo al solito repertorio mostrava al pubblico le ascelle, scatenando la più irrefrenabile delle ovazioni? Era il Salvini di popolo, nemico delle élite schizzinose, il comunista padano che sotto le insegne di Alberto da Giussano rovesciava i poteri forti, il Messia del momento Polanyi, dal nome dello studioso venerato dai leghisti che teorizzò la rivolta della società contro il predominio dell’economia neo-liberista. Erano i tempi in cui legioni di marxisti e keynesiani per Salvini ci spiegavano sui social che non conta il mezzo, ma il fine, cioè la rivolta dei popoli, di cui la Brexit e l’elezione di Trump erano l’epitome e insieme la spinta. Gli economisti della Lega andavano in Tv a spiegare a quelli di sinistra, rintronati, come si spendono i soldi pubblici e come la parola “populismo” fosse nobile e bella, in confronto alla loro spocchia da privilegiati. L’altro giorno alla Camera l’economista della Lega Claudio Borghi, uno dei più massimalisti, ha accusato Conte di chiudere le attività produttive mettendo la salute sopra al lavoro, quando invece, se proprio si vuole classificarli, il lavoro compare prima. Verbatim: “Signor Presidente, lei ha detto che il diritto alla salute è preliminare su tutti gli altri diritti costituzionali. (Non l’aveva detto; la frase era: “Non ci può essere dilemma tra la difesa della salute e la tutela dell’economia”, ndr). Ma come si permette… I diritti costituzionali sono tutti importanti… e se per caso i numeri qualcosa contano, il diritto alla salute è al numero 32, il diritto al lavoro è al 4. E le ricordo l’1”. Insomma, l’ordine di apparizione sta lì a dire che si lavora pure da malati (dev’essere la stessa Costituzione che tutela il diritto d’asilo all’art. 10): il sogno di tutti i padroni. A dire il vero noi qualche sentore che fosse tutta una truffa e che la Lega fosse il partito dei padroni e non dei lavoratori lo avevamo avuto, almeno dal settembre del 2019, quando dal raduno ex-celtico di Pontida citò Margareth Thatcher, peraltro in una delle massime più fatue della sua produzione: “Non ci può essere libertà se non c’è libertà economica”, un motto che sarebbe stato bene in bocca a un berlusconiano o a un renziano: establishment puro.
Intanto Giorgetti apriva a Mario Draghi (“Mi piace”), mentre le maestranze della Bestia spiegavano sui social che era tutta una strategia, quella di mandare avanti il poliziotto buono per sfibrare il nemico dall’interno, mentre i “falchi” occupavano le commissioni e ripristinavano la popolare lira. Aspettavamo che la Rai mandasse in onda la musica classica come durante i golpe, invece è arrivato il coronavirus, e il castello fatato di paure indotte e gastropolitica ha cominciato a smottare sotto il peso della realtà.
L’ex ministro agli Stabilimenti Balneari ha cominciato a vaneggiare: “Chiudete tutto”, anzi: “Riaprite tutto”, due giorni dopo, in linea con Confindustria, Confcommercio e tutte le altre Conf-, nonché in sintonia con gli odiati sindaci della Ztl e delle pause pranzo, quelli di #Milanononsiferma e #Bergamononfermarti, in un’alternanza schizoide che non gli ha impedito per tutta l’estate di emettere orgogliosamente droplets in faccia a quel popolo che diceva di amare.
Intanto Giorgetti riapriva a Draghi (come tutti i neo-lib d’Italia, editori, politici, industriali, grand commis) e lanciava l’iscrizione della Lega al Ppe, il partito di Merkel, praticamente l’Anticristo, con Salvini che il giorno dopo smentiva animosamente a Non è la D’Urso (omettendo di dire che è la Merkel che non ce lo vuole).Il 5 luglio in piazza del Popolo, davanti al popolo chiamato a stringersi promiscuamente contro la dittatura sanitaria di Conte-Bill Gates, ri-citava la Thatcher, quella alla cui morte i lavoratori inglesi hanno festeggiato; mentre un’altra parte di popolo, padano e non, moriva di Covid, la malattia inventata dai poteri forti, curabilissima col plasma anzi no, con l’idrossiclorochina cara a Trump (che però è stato curato con anticorpi monoclonali).L’emergenza ha disconnesso Salvini dal territorio, oltre che dalla realtà (del resto fu Giorgetti a decretare l’anno scorso l’inutilità della medicina di base, e questo nella Lega è quello perspicace): la tragica gestione dell’epidemia da parte dell’arcitragico Fontana, in quella Lombardia terra d’eccellenza della Sanità che ha succhiato risorse allo Stato e alle altre Regioni col sistema dei ricoveri privati, era il prologo della irresponsabile tiritera attuale degli autonomisti (già secessionisti) che chiedono al governo di decidere per loro e dieci minuti dopo si dicono esautorati.
Il lavoro prima della salute era un inedito: farà parte del momento Polanyi?
Ci manca solo che chiedano il Mes.
Articolo di Daniela Ranieri – Il Fatto Quotidiano da Infosannio.com