Tra incompetenze, infiltrazioni della ndrangheta, clientelismi e sprechi la sanità calabrese fa acqua da tutte le parti, e non da ora. Cinque aziende sanitarie provinciali: Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia. Poi ci sono le aziende ospedaliere di Reggio Calabria; Pugliese-Ciaccio e il Policlinico Mater Domini di Catanzaro; l'Annunziata di Cosenza. Una sanità tanto fragile da costringere il presidente, Giuseppe Conte, a dichiarare la Calabria zona rossa Covid, nonostante i numeri siano relativamente piccoli. Il rischio concreto è che il sistema sanitario calabrese possa collassare da un momento all'altro. LA STORIA. Ma se da una parte a rischiare di collassare il sistema sanitario, dall'altra fino a poche ore fa era ben solido il sistema Calabria che ruota attorno alla sanità. Un sistema rodato, collaudato e che affonda le radici negli anni passati. Un sistema che ha portato la sanità calabrese non solo ad essere talmente fragile da non garantire ai calabresi di curarsi, ma di produrre un deficit che dai 55 milioni del 2006 è arrivato agli oltre 200 milioni di euro, motivo per cui la sanità calabrese è commissariata da un decennio.
Per capire cosa la sanità rappresenti in termini di potere ed economia in Calabria, occorre tenere in considerazione i legami tra questo comparto, il malaffare, la politica e la ndrangheta. Legami che hanno una data che segna un punto di non ritorno: 16 ottobre 2005. A Locri, davanti al seggio per le primarie de L'Unione, viene ucciso Domenico Fortugno, vice presidente del Consiglio regionale della Calabria. Per quell'omicidio vengono condannati all'ergastolo 4 persone, tra cui Alessandro Marcianò, caposala dell'ospedale di Locri. Secondo i giudici Marcianò (legato alla cosca dei Cordì) si sarebbe speso per un altro candidato, con la speranza che questi, una volta eletto, diventasse assessore alla sanità, ma l'exploit di Fortugno mandò ogni progetto all'aria scrivono i magistrati nella sentenza.
L'emergenza Covid non ha fatto altro che far esplodere tutti insieme problemi e carenze che da anni erano emerse. Il 4 novembre scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato il nuovo decreto Calabria che conferma il commissariamento della sanità regionale con un rafforzamento della struttura. Tra Commissari e facenti funzioni la sanità calabrese non ha manager titolari.
Una vera e propria girandola. Nel dicembre 2019 l'ormai ex commissario regionale, Severio Cotticelli, nomina i commissari di alcune Asp tra le quali quella di Cosenza. Nel gennaio del 2020 prende servizio Daniela Saitta che il 19 febbraio rassegna le dimissioni dopo le polemiche seguite all'affidamento di un incarico alla figlia, sia pur gratuito. Il ruolo viene affidato, sempre da Cotticelli, a Giuseppe Zuccatelli, già commissario straordinario dell'Azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio e del policlinico universitario Mater Domini di Catanzaro. Dopo tre mesi Zuccatelli rassegna le dimissioni da commissario Asp di Cosenza. L'11 giugno 2020 Cotticelli nomina Cinzia Bettelini che è tutt' ora in carica. A Crotone l'ex ministro Giulia Grillo nomina commissario dell'Asp Gilberto Gentili che dopo un anno si dimette per prendere servizio come commissario alla Usl Umbria 1.
L'Asp di Crotone viene affidata ad un facente funzioni e Cotticelli, insieme alla Regione Calabria, avrebbero dovuto individuare il nuovo dg entro 60 giorni. Di giorni ne sono passati 131. Giuseppe Giuliano commissario dell'Asp di Vibo Valentia è, invece, in carica. Poi ci sono le Asp sciolte per infiltrazioni mafiose. Il 12 settembre del 2019 il Consiglio dei Ministri delibera scioglie l'Asp di Catanzaro per accertati condizionamenti da parte delle locali organizzazioni criminali.
Lo scioglimento arriva dopo l'operazione Quinta bolgia della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro. A marzo 2019 è stata sciolta l'Asp di Reggio Calabria per infiltrazioni della ndrangheta. E poi i posti di terapia intensiva mai realizzati: ora sono 152, ma erano 146 prima del Covid. Se ne sarebbero dovuti realizzare 280 con un finanziamento già stanziato di 51 milioni di euro.
Articolo di BRUNO PALERMO per il Messaggero da Dagospia.com