i governatori delle regioniI fatti sono semplicissimi, talmente elementari che può capirli persino un “governatore” di centrodestra. I dati che hanno spinto il governo a dichiarare 4 Regioni rosse, 2 arancioni e tutte le altre gialle sono quelli comunicati dalle stesse Regioni alla Cabina di regia Governo-Regioni per il monitoraggio regionale della pandemia, creata ad aprile e operativa da maggio. Cabina di cui fanno parte tre rappresentanti delle Regioni. “Ogni settimana – spiega il presidente dell’Iss, Brusaferro – quei dati vengono analizzati, condivisi e validati tra Regioni, Iss e ministero e poi assemblati tramite 21 indicatori, su cui si esprime un giudizio di pericolosità basso, medio, moderato o alto”. I 21 parametri oltre cui scatta l’allarme rosso sono noti alle Regioni dal 30 aprile, nero su bianco nel decreto ministeriale di Speranza che fissa i criteri di chiusura in vista della seconda ondata. Non solo: il 12 ottobre tutti gli assessori alla Sanità hanno ricevuto il dossier con i quattro scenari di rischio e le misure restrittive per ognuno: le stesse che hanno imposto il Dpcm di mercoledì.  Quindi le Regioni sapevano e condividevano tutto, anche se molti presidenti fanno finta di niente. Ma ormai il disgustoso giochino va avanti da nove mesi.

Quando non volevano chiudere Alzano e Nembro, Fontana e Gallera dicevano che era compito del governo. Ora che il governo chiude la Lombardia, dicono che è compito loro, che però non l’hanno mai chiusa (nemmeno le province più infette: Milano, Brianza e Varese). Quando decide il governo, invocano l’autonomia; quando concede autonomia, vogliono il centralismo. Quando il governo apre, vogliono chiudere; quando chiude, vogliono aprire. Quando il governo differenzia le misure per aree, chiedono misure unitarie per tutta Italia; e viceversa. Questa vergognosa quadriglia l’ha ricostruita Daniele Fiori sul sito del Fatto. Il 22 agosto, quando si trattava di allentare i divieti, Bonaccini (Emilia-Romagna), Toti (Liguria), Fedriga (Friuli-Venezia Giulia) e Fugatti (Trento) andarono al Meeting di Rimini a chiedere “maggiore autonomia”. Del resto avevano riaperto le discoteche, riattizzando la pandemia. E, mentre la curva risaliva, il 24 settembre la Conferenza delle Regioni diede l’ok alla riapertura degli stadi ai tifosi fino al 25% dei posti: Cts e governo la bloccarono. Poi il 13 ottobre il Dpcm col primo giro di vite, seguito da quelli del 18, 25 ottobre e 4 novembre. E qui i detti e i contraddetti degli sgovernatori si perdono nella psichiatria e nella psichedelia.

Attilio Fontana (Lombardia): “Un eventuale lockdown è una competenza che spetta al governo, quindi potrei magari sollecitarla, ma non posso autonomamente assumerla” (28.10).

“Una serie di interventi, territorio per territorio, polverizzati e non omogenei, sarebbero inefficaci. Il lockdown è l’unica misura che si è dimostrata efficace” (1.11). “Zona rossa inaccettabile, uno schiaffo in faccia alla Lombardia e a tutti i lombardi” (4.11). Ora e sempre coerenza.

Alberto Cirio (Piemonte). “Se si dovranno fare lockdown dovranno essere per aree omogenee” (15.10). “Le misure devono essere nazionali, perché dalla Val d’Aosta alla Calabria il virus c’è e cresce ovunque” (2.11). “Il governo usa due pesi e due misure per Piemonte e Campania” (5.11). Coerenza saltami addosso.

Vincenzo De Luca (Campania). “Oggi in Campania la situazione del Covid-19 è pienamente sotto controllo” (18.9). “Già oggi dovremmo prendere decisioni drastiche. Ma attendiamo ancora, una chiusura generale sarebbe tragedia” (De Luca, 9.10). “È indispensabile decidere subito il lockdown. I dati attuali sul contagio rendono inefficace ogni provvedimento parziale. Chiudere tutto, fatte salve le categorie dei beni essenziali. In ogni caso la Campania si muoverà in questa direzione a brevissimo” (23.10). “In assenza di una misura restrittiva generale non ha senso adottare norme che mettono in ginocchio intere categorie” (24.10). “Ristoranti e bar restino aperti fino alle 23” (25.10). “Ci sono fortissimi ritardi nelle decisioni del governo” (30.10). “Serve muoversi in maniera unitaria: differenziazioni territoriali porterebbero a reazione diverse, in Campania non sarebbero capite e sono improponibili” (1.11). “Qualcuno si aspettava, quasi voleva, che la Campania venisse inserita tra le zone rosse. Come quando Peppino diceva a Totò che a Milano non sentiva freddo e Totò rispondeva che non era possibile perché a Milano non può fare caldo: è capitata la stessa cosa per la Campania: non può essere una regione di eccellenza, dev’essere per forza il degrado e il disastro” (6.11). Coerenza portami via.

Nino Spirlì (Calabria). “La Calabria è in un momento già critico. Lockdown? A valutare cosa fare devono essere i singoli territori” (23.10). “Ci auguriamo che, grazie alla nostra nuova ordinanza, la curva dei contagi scenda. Dobbiamo far decongestionare gli ingressi negli ospedali e fermare l’aumento dei contagiati. Esistono zone fortemente colpite, le zone rosse, altre altamente colpite, le zone arancioni, e poi territori tenuti sotto sorveglianza giorno dopo giorno” (1.11). “La Calabria zona rossa è ingiustificabile. Qui il contagio è più basso che altrove. Il governo si è accanito contro di noi. Tutta l’Italia doveva avere lo stesso trattamento” (5.11). “Le terapie intensive? Sono ignorante sulla situazione” (6.11). Lo portano via.

Fonte: Il Fatto Quotidiano – L’editoriale di Marco Travaglio  da InAltoiCuori.com 

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