Pronto soccorso stracolmi da Torino a Napoli. Intanto il monitoraggio delle regioni non funziona. Il monitoraggio non funziona. O almeno non funziona nei tempi previsti e consueti. La cabina di monitoraggio che doveva elaborare i dati da presentare venerdì è slittata prima a sabato, poi a domenica. Ma anche oggi una fumata nera. Il Comitato tecnico scientifico era stato convocato alle 16. Un’ora di riunione prima del rompete le righe, in assenza dei dati da elaborare. Dopo una lunga giornata di attesa l’ennesimo nulla di fatto: la cabina di regia non si riunisce, appuntamento rimandato a lunedì in tarda mattinata, forse, perché ormai di certezza non ve n’è alcuna. L’unica è quella dei contagi, 32.616 oggi, e di una situazione di sofferenza tale negli ospedali da Nord a Sud (con una situazione in particolare a Napoli a un passo dall’essere fuori controllo) che ha portato il Presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, Filippo Anelli, a invocare un “lockdown totale per tutto il paese”. “I dati non arrivano, o sono incompleti”, si giustificano dal governo. La responsabilità addossata sulle Regioni, o almeno su alcune di esse, l’esecutivo alza le mani. “Il modello dei 21 parametri che definiscono i fattori di rischio incrociati con l’Rt è un modello che esiste da 24 settimane”, ha spiegato Roberto Speranza a In mezz’ora. “Non c’è stata una Regione che ci abbia detto che questo modello non andava bene o una voce parlamentare che ci abbia detto che non funziona”. A dirlo però sono i fatti. L’appuntamento con il monitoraggio diffuso dall’Istituto superiore di sanità il venerdì non è mai saltato. Almeno fino a quando i dati ivi raccolti non sono stati indicati come alla base dell’automatismo che porta a chiudere le Regioni. L’imbarazzo al ministero della Salute è palpabile.
I telefoni squillano a vuoto. Le cinque Regioni indiziate di slittare dalla zona gialla a quella arancione (Veneto, Liguria, Toscana, Umbria, Campania), e che attendono di sapere da giorni il proprio destino. L’alto Adige, sesto territorio a rischio, si è arreso all’inazione e ha fatto da solo: il presidente della Provincia autonoma Arno Kompatscher ha annunciato un’ordinanza autonoma per passare in zona rossa.
I ritardi ci sono sempre stati, spiegano dall’esecutivo. “Ma allora su che dati abbiamo ragionato quando per settimane hanno diffuso il bollettino dal quale in teoria si capiva cosa stava succedendo?”, si chiede una fonte di governo. Domanda legittima, ma che non trova risposta. Ferruccio Sansa, candidato giallorosso alla presidenza della Liguria e oggi consigliere regionale, lancia un duro atto di accusa: “Spesso i dati forniti dalla Regione Liguria nel report del ministero della Salute sul Covid riportano la definizione ‘non valutabile’. L’aumento della trasmissione ‘non è valutabile’, la classificazione del rischio ‘non è valutabile’. Mi chiedo come sia possibile”.
E’ un problema non di poco conto. Al netto del monitoraggio saltato questa settimana e della confusione totale nell’attesa di quel che sarà, gli interrogativi si addensano sulle prossime settimane. La domanda c’è ed è legittima: come si fa a desumere un automatismo settimanale da dati che nel migliore dei casi sono incompleti e nel peggiore non ci sono? Nel Cts c’è chi sostiene da settimane che i parametri vadano ridotti, almeno quelli che sono utili o addirittura determinano eventuali misure restrittive: “Dovrebbero essere sei o sette, non di più - spiegano a Huffpost - certo poi gli altri li raccogli per quanto possibile, ma così la situazione rischia di diventare ingestibile”.
A domanda, Speranza risponde che “sarebbe un reato grave comunicare dati falsi”, entrando di striscio su una polemica sollevata per primo da Andrea Crisanti. Nel governo questa tesi non trova conferme, non c’è motivo al momento di supporre che ci sia una volontà di “truccare” le stime. Forse non allo stesso modo, ma sarebbe comunque grave anche se il sistema di monitoraggio fosse saltato alla sua prima applicazione.