L'allarme della Fondazione: "Serve un cambio di rotta nel monitoraggio, o lockdown totale sarà inevitabile". Quasi tremila morti in una settimana, terapie intensive sopra la soglia di saturazione in 11 Regioni, impennata di contagi tra il personale sanitario. “Serve un cambio di rotta su criteri di monitoraggio e dati open”, scrive il presidente Nino Cartabellotta commentando le evidenze del report della Fondazione indipendente Gimbe, riferito alla settimana compresa tra il 4 e il 10 novembre. Altrimenti “solo un lockdown totale potrà evitare il collasso definitivo degli ospedali e l’eccesso di mortalità, anche nei pazienti non Covid-19”. Rispetto ai sette giorni precedenti, si è registrato un aumento di oltre 235mila casi. Sono 590mila, dunque, le persone attualmente positive in Italia, 28.633 i pazienti ricoverati in ospedale e 2.971 quelli in terapia intensiva, con soglie di saturazione degli ospedali superate in 11 Regioni. Sale il contagio anche tra il personale sanitario: negli ultimi 30 giorni il virus ha infettato più di 19 mila operatori sanitari. E due giorni, fa in audizione nella Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, il presidente Cartabellotta ha chiesto la revisione del sistema di monitoraggio, ribadendo la necessità che i dati siano resi pubblici e accessibili a tutti.
Dalla settimana precedente, si rileva l’incremento nel trend dei nuovi casi (235.634, erano 195.051), sia per il lieve aumento dei casi testati (872.026 da 817.717), sia per l’incremento del rapporto positivi/casi testati (27% da 23,9%). Crescono del 41,1% i casi attualmente positivi (590.110 da 418.142) e, come detto, sul fronte degli ospedali, si registra un ulteriore aumento dei pazienti ricoverati con sintomi (28.633 da 21.114) e in terapia intensiva (2.971 da 2.225). Cresce del 70% il numero dei morti (2.918 da 1.712).
Intanto gli ospedali sono sempre più vicini alla saturazione. In quasi tutte le Regioni, nei sette giorni analizzati, si rileva un lieve rallentamento dell’incremento percentuale dei casi che potrebbe dipendere sia dall’effetto delle misure di contenimento introdotte a fine ottobre, sia dalla saturazione della capacità di testing, visto che i casi attualmente positivi continuano ad aumentare ovunque. Preoccupanti i tassi di occupazione ospedalieri: in 11 Regioni è stata superata la soglia di saturazione del 40% dei posti letto in area medica e in 11 Regioni quella del 30% per le terapie intensive.
Altro dato critico sulla gestione e l’evoluzione dell’epidemia è il numero degli operatori sanitari contagiati dal momento che “negli ultimi 30 giorni - fa notare Cartabellotta - si sono verificati 19.217 contagi, rispetto ai 1.650 dei 30 giorni precedenti. Oltre al rischio di focolai ospedalieri, in RSA e in ambienti protetti, preoccupa l’impatto sul personale sanitario, già in carenza di organico e provato dalla prima ondata”.
Tra problemi da affrontare in questa fase per limitare gli effetti negativi della diffusione del virus c’è la revisione del sistema di monitoraggio. Nell’audizione alla Camera, il presidente della Fondazione di Bologna ha sottolineato le criticità tecniche dell’attuale sistema che informa le scelte di Governo: dalla limitata tempestività - dovuta ai tempi di consolidamento dei dati e ai crescenti ritardi di notifica da parte delle Regioni - che favorisce la corsa del virus, alla qualità e completezza dei dati regionali, dalla complessità tecnica al peso eccessivo attribuito all’indice Rt. Dal monitoraggio dipende l’assegnazione delle Regioni alle tre aree di rischio - gialla, arancione e rossa - adottata come criterio di gestione dell’epidemia dal nostro Governo.
“Il valore di Rt è inappropriato per informare decisioni rapide perché, oltre ad essere stimato sui contagi di 2-3 settimane fa, presenta numerosi limiti”, ha puntualizzato Cartabellotta perché “ viene stimato solo sui casi sintomatici, circa 1/3 dei casi totali, si basa sulla data inizio sintomi che molte Regioni non comunicano per il 100% dei casi, determinando una sottostima dell’indice, è strettamente dipendente dalla qualità e tempestività dei dati inviati dalle Regioni” e “quando i casi sono pochi, rischia di sovrastimare la diffusione del contagio”.
Il sistema adottato in questo momento, dunque, “fotografa un quadro relativo a 2-3 settimane prima”. Si guarda indietro e invece lo sguardo dovrebbe essere rivolto in avanti. Servirsi del binocolo e invece di usa lo specchietto retrovisore. Così “si rallenta la tempestività e l’entità delle misure per contenere la curva epidemica. Senza un immediato cambio di rotta sui criteri di valutazione e sulle corrispondenti restrizioni - è la conclusione della Fondazione Gimbe - solo un lockdown totale potrà evitare il collasso definitivo degli ospedali e l’eccesso di mortalità, anche nei pazienti non Covid-19”.