Riaprire gli ospedali chiusi per dotare la Calabria dei posti letto necessari a fronteggiare l’emergenza Covid? In questi giorni di bufera sulla sanità in fondo allo Stivale se ne parla. La regione è «zona rossa» proprio perché, al di là dei numeri del contagio, preoccupa la situazione di una rete sanitaria indebolita dalla chiusura di 18 ospedali, avvenuta 10 anni fa, quando scattarono le procedure del piano di rientro e il commissariamento. Ora si punta sui posti letto provvisori per colmare le falle del sistema. I tagli risalgono al 2010. Governatore era Giuseppe Scopelliti, al quale il Governo conferì i poteri commissariali con un preciso mandato: ridurre i costi al fine di far quadrare i conti di un settore schiacciato dal deficit. Il presidente commissario fu costretto a farlo partendo dal ridimensionamento delle strutture sanitarie presenti sul territorio. Dei 18 ospedali chiusi, due furono «riesumati» da una sentenza del Consiglio di Stato, quelli di Trebisacce e Praia a Mare, nel Cosentino. Gli altri sono rimasti chiusi o ridimensionati fortemente se non trasformati in Case della Salute. Quattro ospedali da campo, come annunciato nei giorni scorsi dalla Regione, saranno ubicati a Cosenza, Crotone, Vibo Valentia e Locri.
«Abbiamo centrato obiettivi importanti come l’aumento di 244 posti letto, tra cui 10 di terapia intensiva, in tutta la regione e il reclutamento di 300 tra medici e infermieri da destinare alla battaglia contro il coronavirus» ha dichiarato il presidente facente funzioni della Regione Nino Spirlì, secondo il quale l’operatività dei quattro ospedali da campo migliorerà l’offerta sanitaria complessiva.
Fra campanilismi, appetiti della politica ed esigenze reali di un territorio in gran parte montuoso o collinare, carente di collegamenti stradali adeguati con i principali centri della regione, in questi giorni si è materializzato il sogno di vedere riaperti i cancelli degli ospedali chiusi. Dai territori arrivano richieste di cui si stanno facendo portavoce consiglieri regionali e parlamentari, ma fra il dire e il fare c'è di mezzo il mare nel caos gestionale di questi giorni.
Il piano varato dal commissario Giuseppe Scopelliti e dal subcommissario Pezzi nel maggio-giugno 2010 prevedeva la chiusura degli ospedali di Cariati, Corigliano, Lungro e Mormanno, San Marco Argentano, Rogliano, Acri, Trebisacce e Praia a Mare nel Cosentino; Soriano e Nicotera nel Vibonese; Chiaravalle Centrale nel Catanzarese; Taurianova, Cittanova, Palmi, Oppido Mamertina, Siderno e Scilla nel Reggino.
Per Trebisacce e Praia a Mare, destinati a diventare Case della Salute, la giustizia amministrativa ha disposto la riapertura; altre strutture destinate alla chiusura sono riuscite a sopravvivere sebbene fortemente ridimensionate o come Case della Salute. Il sistema sanitario calabrese ruota intorno ai quattro grandi «hub» ospedalieri: il «Pugliese-Ciaccio» e il policlinico universitario di Catanzaro, il grande Ospedale Metropolitano di Reggio e l’ospedale di Cosenza a cui si aggiungono gli ospedali di Crotone e Vibo Valentia.
Ma chi dovrebbe provvedere all’eventuale riapertura? Dopo le dimissioni del generale Saverio Cotticelli e le rinunce di Giuseppe Zuccatelli ed Eugenio Gaudio non c'è un commissario. Dopo la scomparsa di Jole Santelli non c'è neanche il presidente della Regione. La Giunta fa sapere di non avere competenze in materia a causa del commissariamento. Il piano anti Covid, a cui avrebbe dovuto provvedere Cotticelli, manca.
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dall'articolo di Calabria.gazzettadelsud.it