disastro del ponte Morandi di GenovaQuando la politica consegnò le autostrade ai privati, a cavallo tra la Prima e la Seconda Repubblica, sembrò che si fosse trovato l’uovo di colombo, cioè una soluzione facile a un problema difficile. Lo Stato smetteva di cacciare soldi, e anzi portava a casa qualcosa grazie ai canoni pagati dai concessionari, e questi ultimi facevano utili in virtù delle loro capacità industriali e del rischio d’impresa. In mezzo c’era l’impegno a garantire la manutenzione delle infrastrutture, che per inciso sono di proprietà degli italiani.  Ci vorrà il disastro del ponte Morandi di Genova, e soprattutto l’arrivo al governo del Paese di una forza politica lontana dalle lobby e dai ricchi finanziamenti dei signori del casello, com’è il caso dei Cinque Stelle, per mettere in discussione un sistema dove allo Stato restano le briciole, gli automobilisti rischiano la pelle su ponti e in gallerie lasciate al loro destino, e i fortunati gestori si dividono miliardi di utili. Un immenso scandalo al sole, denunciato inutilmente da poche voci nel deserto, sopraffatte da un sistema dell’informazione attento a non disturbare il manovratore, da cui arrivavano fiumi di denaro attraverso la pubblicità.

I Benetton, principali beneficiari di questo giochetto, adesso sono a un passo dal cedere a Cassa Depositi e Prestiti e alcuni Fondi d’investimento la loro Autostrade per l’Italia, con un’operazione di mercato (non certo un esproprio) da cui sperano di spremere ancora un mucchio di quattrini. Per questo, dopo due anni che la tirano per le lunghe con ogni tipo di stratagemma, hanno affidato la pratica a Enrico Laghi, un buon conoscitore di pastoie legali e boiardi dei ministeri.

La missione è di ottenere il massimo fermandosi a un passo dalla rottura, perché la Cdp non ha intenzione di strapagare una concessione pubblica sulla quale i grillini chiedono con molte ragioni la revoca. Un discorso che non fa differenza per chi si è aggiudicato le altre autostrade, a partire dai Toto a cui ieri hanno sequestrato – insieme ai loro dirigenti – 27 milioni per non aver messo in sicurezza i viadotti della Roma-L’Aquila-Teramo-Pescara. Che altro deve accadere perché lo Stato si liberi di questa razza di prenditori?

Articolo editoriale di Gaetano Pedullà  per LaNotiziaGiornale.it

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