Il rapporto dell'associazione antimafia riassume dati, fatti, intercettazioni, che disegnano un quadro chiaro su come la criminalità organizzata abbia già cominciato a trarre profitto dall’emergenza. Numeri raccolti e rielaborati che restituiscono un affresco dell’emergenza dal punto di vista criminale. Don Ciotti: "Covid e clan fatti l'uno per l'altro. È quanto risulta da questo rapporto, una fotografia inquietante del grado dell’infezione mafiosa ai tempi del Covid". “Col virus si fanno i soldi”. Così parlava lo scorso maggio Salvatore Emolo, sottoposto a sorveglianza speciale per camorra. Ignaro di essere intercettato Emolo chiariva il suo business plan: “In pieno lockdown, aveva trovato una soluzione: il cugino era già il titolare di un’impresa di lavaggio auto con sede a Pesaro, bisognava riadattare l’azienda alle esigenze, trasformandola in una ditta di sanificazioni”. È solo un esempio di come l’emergenza scatenata dal Covid sia diventata un’occasione per la criminalità organizzata, “l’altro virus” che si muove parallelo all’epidemia. “Mafiavirus“, lo ha definito don Luigi Ciotti, il fondatore dell’associazione antimafia Libera che con la rivista Lavialibera ha appena pubblicato un rapporto sulla pandemia e la criminalità organizzata, dal titolo: “La tempesta perfetta. Le mani della criminalità organizzata sulla pandemia”. “Mafie e Covid: fatti l’uno per l’altro. È quanto risulta da questo rapporto, una fotografia inquietante del grado dell’infezione mafiosa ai tempi del Covid. Fotografia che si è potuta sviluppare grazie alla camera non oscura ma chiara, trasparente, luminosa della condivisione e della corresponsabilità”, commenta Ciotti, descrivendo il dossier.
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L’affare dello smaltimento di rifiuti sanitari – Secondo un calcolo dell’Anac tra il 1° marzo e il 9 aprile sono stati spesi 2.277 miliardi di fondi pubblici per l’acquisto di mascherine (23%), camici e altri dispositivi di protezione individuale (32%), respiratori polmonari (23%), tamponi (5%) e altro. Una tavola molto più che ghiotta che riguarda anche le opere di ristrutturazione delle Rsa, dove non mancheranno assegnazione di appalti e forniture di dispositivi sanitari. Una tavola che fa gola soprattutto alla ‘ndrangheta: “Certo, ora abbiamo la necessità di smaltire enormi quantità di rifiuti sanitari. Si tratta di materiali pericolosi, che hanno come unica destinazione l’inceneritore. Vorrei che ci fosse una maggiore tracciabilità, perché da tempo la criminalità è interessata al settore”, spiega il procuratore aggiunto, Alessandra Dolci, capo della Direzione distrettuale antimafia di Milano, che ha lanciato l’allarme sugli interessi della ‘ndrangheta legati all’emergenza sanitaria. I numeri spiegano di che interessi si tratta: dal 1° marzo al 27 novembre – ricorda il report di Libera e Lavialibera – sono state distribuite dalla Protezione Civile 2.012.798.391 mascherine sanitarie. Tutte da smaltire negli inceneritori una volta utilizzate. Perfino il Financial Times aveva rilevato che “alcune imprese del settore sanitario legate alla ‘ndrangheta hanno ceduto le fatture non pagate dalle aziende sanitarie pubbliche a intermediari per recuperare crediti; a loro volta gli intermediari hanno ceduto le fatture non pagate a società finanziarie che hanno creato ‘strumenti di debito‘ venduti agli investitori di tutto il mondo. Le inefficienze della sanità pubblica e gli affari delle mafie sono entrati così nel mercato finanziario globale”.
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dall'articolo di Manuela Modica per IlFattoQuotidiano.it