Nel Carroccio il mantra è derubricare a “sciocchezze”, ma la preoccupazione è alta, proprio ora che il Carroccio ha ripreso la leadership del centrodestra sul Mes. Il caso Scillieri imbarazza la Lega: bocche cucite, nessun commento. Afasico il normalmente loquacissimo Matteo Salvini, che si concentra sui ritardi del governo verso gli specializzandi in medicina e sulla sempreverde immigrazione clandestina. Nel Carroccio il mantra è derubricare a “sciocchezze”, ma la preoccupazione è alta: la vicenda che ruota intorno alla Lombardia Film Commission è potenzialmente deflagrante per un partito il cui elettorato digerisce molto ma non gli scandali sui dané. Soprattutto in un momento, fine anno, in cui si chiudono i congressi locali e si tirano le somme del tesseramento. Ma il timore nei gruppi parlamentari è che nei prossimi giorni possano uscire notizie ancora più “pesanti”. Proprio nel momento in cui, grazie all’”allineamento” di Silvio Berlusconi sul Mes il Capitano ha riguadagnato la leadership in pectore della coalizione.
E proprio nel giorno in cui l’uscita di Beppe Grillo mette in difficoltà la maggioranza giallorossa. L’ex deputato Gianluca Pini, che con l’ex ministro dell’Interno guerreggia sull’uso del simbolo della vecchia Lega, e che è anche uno dei pochi a voler parlare, attacca: “Se le accuse si dimostrassero vere, Salvini farebbe fatica a chiamarsene fuori, a quei tempi i vertici chiedevano soldi ai militanti. Se fossi in lui, chiederei chiarezza ai suoi uomini”.
Per quanto le dichiarazioni del commercialista arrestato su mandato della Procura di Milano siano tutte da verificare, e dunque magari false, delineano uno spaccato poco edificante: un giro di “fatture di copertura” per prestazioni mai avvenute che sarebbero servite a professionisti e consulenti compiacenti per retrocedere al partito una parte (dal 15 al 40%) del loro onorario. Una forma di finanziamento illecito. A cui si aggiunge l’opacità di società intermediarie: una struttura che induce i magistrati a cercare i soldi tra Svizzera, Panama e Russia. Ad agitare i leghisti - oltre al fatto che Scillieri non è un contabile qualsiasi bensì l’uomo nel cui studio è stato registrato il passaggio alla “Lega per Salvini premier” nel 2017 - anche le ammissioni che ha fatto nell’interrogatorio dei pm. Descrivendo non un caso isolato bensì un “sistema” strutturato che tagliava fuori chi non fosse di provata fedeltà al “cerchio magico” del partito. E oggi, gli altri due commercialisti indagati, Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba, hanno fatto scena muta davanti ai magistrati.
Non un bel quadro. Gianluca Pini, ex parlamentare per tre legislature con la Lega di Bossi e poi di Maroni, insieme a Gianni Fava ha avviato una battaglia legale per riportare nelle urne il simbolo della Lega Nord, che Salvini ha loro negato. “E’ chiaro che se si dimostrasse che grazie ai suoi uomini di fiducia sono stati drenati milioni su conti esteri, Salvini farebbe fatica a chiamarsene fuori – ragiona adesso Pini – Anche perché in quei momenti lui e gli amministratori chiedevano soldi ai militanti o rimborsi agli eletti”. Ancora tutto da verificare, ma la testimonianza di Scillieri “comincia a dare una luce diversa alle spiegazioni date fin qui dai vertici”. E un suggerimento al leader: “Fossi Salvini chiederei a gran voce di fare chiarezza sui veri beneficiari dei trust e su chi sono gli investitori delle società controllate di cui parla il commercialista arrestato. Se come dice non ha nulla da nascondere, deve essere il primo a pretendere chiarezza dai suoi uomini”.
Da via Bellerio continuano, come all’inizio dell’indagine, a ostentare “tranquillità” di fronte “all’ennesima inchiesta che cerca in giro soldi che non troverà”. Ma tra i gruppi parlamentari il turbamento c’è: “Non ci voleva proprio adesso che siamo riusciti a portare Berlusconi sulla nostra linea – si duole un senatore – E che il voto sul Mes sancirà la leadership di Matteo...”.
Già, perché dopo le amarezze del voto sullo scostamento di bilancio, questi per il Capitano sono giorni di soddisfazione. Ieri, è stato un ordine diretto del Cavaliere a spedire i parlamentari forzisti in piazza per sostenere il flash mob organizzato da Salvini e Meloni in piazza Montecitorio. Una scelta che ha fatto storcere la bocca agli azzurri ”governisti”: “Certo fa impressione vedere un ex presidente del Parlamento Europeo (Tajani, ndr) in piazza a strillare contro il governo...”. E la Lega si prepara a godersi la ribalta del voto di mercoledì prossimo.
Eppure, proprio lo stop di Grillo al Mes (sanitario) potrebbe avere riaperto i giochi nel centrodestra. Se la patrimoniale ventilata dal fondatore dei Cinquestelle è aborrita dalla Lega, l’ipotesi di andare tutti a casa è vista come fumo negli occhi dai parlamentari azzurri (date le attuali percentuali). Spinte e tensioni di cui non potrà non tenere conto la mozione unitaria a cui lavorano Tajani e Brunetta con gli alleati. Anche se l’ultima parola – e arriverà in zona cesarini – spetterà a Berlusconi, maestro delle giravolte. Molti scommettono su un incrocio strategico di assenze e uscite dall’aula. Casini si spinge oltre: “Non credo che Silvio voterà no”.