Le preferenze dei partiti di maggioranza si dividono tra il sistema d’oltralpe, che favorisce le famiglie, e la progressività continua alla tedesca. In entrambi i casi un contribuente con reddito medio basso pagherebbe meno. Ma se non si trovano risorse la riforma dovrà essere a gettito invariato (penalizzando qualcuno). A Parigi un contribuente con redditi medio-bassi paga migliaia di euro di imposte sui redditi in meno rispetto a un italiano, grazie a un'ampia fascia di esenzione e un coefficiente che dipende dal numero di componenti del suo nucleo. A Berlino invece il dovuto viene calcolato con una formula matematica che evita i salti tra uno scaglione e l'altro: un sistema che piace a Leu e Pd. Il governo ha annunciato una legge delega entro la primavera. Gli esperti: "L'Irpef non è più equa, troppi regimi sostitutivi che sfuggono alla progressività". Fisco alla francese o alla tedesca? Quello che conta per il contribuente italiano a medio reddito è che entrambi i sistemi di tassazione gli consentirebbero di risparmiare migliaia di euro ogni anno, soprattutto se ha familiari a carico.
La partita della riforma dell’Irpef sta entrando nel vivo: per venerdì è previsto un nuovo tavolo all’interno della cosiddetta Agenda 2023 e il governo intende presentare una legge delega entro la primavera. E le preferenze dei partiti di maggioranza si dividono appunto tra un sistema ispirato a quello d’oltralpe, basato sul quoziente familiare (caro al M5s), e l’aliquota “personalizzata” in vigore in Germania, guardata con interesse da Leu e Pd. Italia viva punta su una terza via: meno aliquote, addio a gran parte delle deduzioni e detrazioni, un assegno universale per i figli e un minimo esente di 8mila euro da raddoppiare in caso di coniuge a carico. Per gli addetti ai lavori “importare” tout court modelli cuciti su un altro tessuto economico non è fattibile. Sì, invece, a semplificare il sistema prendendo spunto dalle esperienze di Parigi e Berlino. Due avvertenze: di riformare l’Irpef si parla da oltre vent’anni. E, visto che le risorse sono scarse, per farlo bisognerà scontentare qualcuno.
Troppe eccezioni: l’Irpef ha perso equità – Il punto di partenza è che “l’Irpef in 50 anni di vita è diventata schizofrenica e ha pesanti difetti sul fronte dell’equità“, spiega Giuseppe Marino, professore di diritto tributario italiano ed europeo alla Statale di Milano e avvocato specializzato in materia fiscale. “Ormai le eccezioni, nel senso di regimi che sfuggono alla progressività, sono più numerose delle regole”. Si va dall‘imposta sostitutiva al 26% sui redditi da capitale alla cedolare secca del 21% sugli affitti, dall’esenzione totale dall’Irpef per gli agricoltori al regime di estremo favore (100mila di imposta tutto compreso) per i Paperoni che portano la residenza in Italia, passando per la tassa piatta del 7% sui redditi da pensione degli stranieri che si trasferiscono al Sud. In più c’è la giungla delle detrazioni e l’iniquità degli assegni al nucleo familiare, da cui sono esclusi lavoratori autonomi. “È indispensabile razionalizzare queste discriminazioni e disuguaglianze”. Dario Stevanato, ordinario di diritto tributario all’Università di Trieste, concorda sulla necessità di disboscare i regimi sostitutivi e ridurre i “salti” tra un’aliquota e l’altra, a partire da quello di 11 punti (dal 27 al 38%) che scatta oltre i 28mila euro di reddito. “In più serve l’esenzione universale per un reddito minimo vitale, da fissare intorno a 9-10mila euro”. Sia Parigi sia Berlino in effetti hanno un’ampia area di esenzione dall’imposta sul reddito. Oltre ad una prima aliquota pari al 14%, contro il 23% applicato in Italia ai redditi fino a 15mila euro.
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dall'articolo di Chiara Brusini per IlFattoQuotidiano.it