Nella città tessile di Prato, la più grande comunità cinese d’Europa, nessun focolaio. Perché il piano di prevenzione e controlli della Regione ha funzionato più che al Nord. Checché ne dica Salvini. I riflettori erano puntati sulla Chinatown che si allunga tra Prato e Firenze. La regione italiana più monitorata per arginare il coronavirus era la Toscana, dove invece si sono registrati soltanto due casi di tamponi positivi: un 49enne di Pescia (rientrato da un viaggio di lavoro a Codogno) e un 63enne del capoluogo, non legato alle comunità cinesi né alle loro attività. Però la catena di contagi del Covid-2019 è esplosa e si sta propagando altrove, dai focolai della bassa Lodigiana, in Lombardia, e di Vo’ Euganeo, in Veneto. La Toscana, con la sua comunità cinese di oltre 40 mila immigrati (solo i regolari, secondo i dati del ministero del Lavoro del 2018) insediata nell’area metropolitana tra Prato e i distretti industriali del tessile e della pelle tra Firenze ed Empoli – concentrazione più alta d’Europa anche per numero di attività – è stata dunque toccata marginalmente dal coronavirus. Il governatore Enrico Rossi resta realista, ma ha ribadito che «la situazione è sotto controllo, abbiamo monitorato migliaia di persone e non ci sono focolai».
LA PSICOSI DEL NORD QUI NON È DILAGATA
L’ansia resta, e da settimane, tra i residenti di origine cinese come pure di origine italiana. Ma la psicosi del Nord Italia non è ancora dilagata nel cuore della comunità cinese di via Pistoiese, a Prato. Perché non c’è emergenza.
NIENTE AGGRESSIONI O EPISODI DI RAZZISMO
Nella città tessile e nei distretti dell’hinterland la diffidenza verso l’altro per il contagio cresce, inevitabilmente. Tra una parte significativa della popolazione che include anche parte dei cinesi residenti. Ma è un’altra fonte di orgoglio di questa grande zona mista che – al contrario che in altri luoghi – contro gli orientali in queste settimane di tensione non siano state registrate aggressioni e altri atti di razzismo di rilievo.
DISCIPLINA E COOPERAZIONE TRA CINESI E AUTORITÀ
Anzi viene raccontato nelle cronache nazionali lo sforzo della Farmacia Etrusca di via Pistoiese del titolare Gennaro Brandi, con il suo team di dipendenti cinesi da sempre in prima linea al servizio della comunità, per far arrivare migliaia di mascherine alla popolazione di Wuhan. La parola d’ordine, dall’inizio dell’emergenza in Cina a gennaio, è stretta collaborazione tra i referenti delle comunità cinesi, i presidi sanitari e didattici nella regione e le autorità cittadine. Alla base di tutto, l’autodisciplina che confucianamente si sono imposte centinaia di rientrati dalla Cina, tra Prato e Firenze.