coronavirus 250 1050x219Venerdì scorso la positività al test di un 38enne di Codogno. Poi l’aumento dei contagi, le scuole e i bar chiusi, le misure senza precedenti, l’assalto ai supermercati. Dai treni vuoti ai tamponi, dallo stop al calcio al governo dell’Amuchina, i (primi) sette giorni della crisi che ha investito la quotidianità degli italiani.  Esattamente sette giorni fa il Paese si svegliava con il primo caso di un italiano positivo al coronavirus senza essere mai stato in Cina. È l’arrivo dell’epidemia. Ci sono volute 24 ore per comprendere che gli effetti non sarebbero stati circoscritti a Codogno, al Lodigiano, ma che i contagi sarebbero aumentati e avrebbero coinvolto altre città, altre Regioni. Lo choc per l’aumento dei “casi positivi” ha lasciato il posto alla psicosi scaturita dalle misure senza precedenti prese per arginare l’emergenza sanitaria.

Dopo i bar e le scuole chiuse, la domenica senza pallone si è trasformata in un assalto ai supermercati. Lunedì le metropolitane vuote e Piazza Affari in rosso hanno reso plastiche le ricadute economiche delle ordinanze restrittive, mentre le istituzioni hanno cominciato da martedì a predicare il “niente panico” per evitare le discriminazioni, anche dall’estero. Come il governatore Fontana, che poi però giovedì ha indossato la mascherina in diretta Facebook. Infine le polemiche: per il numero di tamponi, per la diffusione del virus, per le falle negli ospedali. Le critiche tra Palazzo Chigi e Regioni, tra maggioranza e opposizione. Fino alle prove di inciucio e al governo dell’Amuchina.
Giorno per giorno, ecco la cronologia della crisi sanitaria che ha investito la quotidianità degli italiani:

 

Venerdì 21 febbraio, il coronavirus è in Italia – Sono passati 54 minuti dalla mezzanotte quando l’Ansa batte la prima agenzia: “Coronavirus, un contagiato in Lombardia“. È un 38enne ricoverato all’ospedale di Codogno, un paese con poco più di 15mila abitanti nel basso Lodigiano che oggi è il principale focolaio dell’epidemia nel nostro Paese. Quando l’Italia si risveglia, al mattino di venerdì 21 febbraio, la positività al test è già stata confermata. Il 38enne di Codogno, ancora ricoverato in terapia intensiva, diventa presto il ‘paziente uno, il primo caso di coronavirus non importato da Wuhan. Parte la ricerca del ‘paziente zero’: si pensa sia un manager di Fiorenzuola d’Arda, rientrato dalla Cina, con cui il 38enne aveva cenato a inizio febbraio. Si scoprirà che quella pista è un vicolo cieco: l’uomo non ha mai avuto il virus. E il primo vettore del contagio resta ancora oggi un mistero. Comincia soprattutto la ricostruzione dei contatti che il 38enne ha avuto nelle ultime settimane: risiede a Codogno, è originario di Castiglione d’Addalavora alla Unilever di Casalpusterlengo. Ha giocato a calcio, ha corso una gara podistica, ha fatto altre tre cene. Man mano che la mappa dei contagi prende forma, arrivano le notizie degli altri casi positivi: la moglie incinta, l’amico, i clienti di un bar, poi medici, infermieri e pazienti dell’ospedale. Si comprende che il coronavirus è arrivato e si è diffuso in Italia. Sono da poco passate le 18 quando si scoprono altri due casi, a Vo’ Euganeo, paese del Padovano distante 170 chilometri da Codogno: alle 23.40 di venerdì uno dei due, 77enne di Monselice, muore all’ospedale Schiavonia. È la prima vittima. I contagiati accertati sono 17, una prima ordinanza dispone la quarantena obbligatoria per chi ha avuto contatti con il ‘paziente uno’ e i 10 Comuni del basso Lodigiano cominciano a sperimentare l’isolamentoLa Regione Lombardia dice ai cittadini: “Restate a casa”.

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dall'articolo di D. Fiori  per IlFattoQuotidiano.it

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