Cody The Dog Days Are OverIn anteprima assoluta in Italia, Il Secolo XIX ha avuto la possibilità di vedere il documentario del regista Martin Skalsky. Il racconto di un viaggio nel passato di un cane di strada romeno adottato da una famiglia svizzera.  E’ lì, accanto a voi. Legge ogni movimento del vostro corpo, annota i momenti importanti della giornata attraverso il vostro odore, annusa il tempo che passa e che scorre nelle vostre vite. Questa potrebbe essere la fotografia del “qui e ora” del cane che avete accanto e che, però, ha un passato che non conoscete. Perché il vostro incontro è avvenuto quando lui era già adulto e, a un certo punto, vi siete resi conto che la sua storia non è iniziata quando vi siete scelti ma molto prima. Parte da queste riflessioni il viaggio nelle emozioni, umane e canine, che il regista svizzero Martin Skalsky ha deciso di compiere per realizzare il film “Cody - The Dog Days Are Over” che il Secolo XIX ha visto in anteprima.

Dopo aver adottato un randagio romeno, originario di Targoviste, a circa 80 chilometri a est di Bucarest, Cody è infatti diventato parte integrante della sua famiglia. Ha vissuto con Martin e la moglie Selina la nascita della loro bimba, ha apprezzato e amato le lunghe passeggiate sulle montagne e si è integrato passo dopo passo nella sua nuova realtà. Ma cosa c’è stato prima di tutto questo? Un cane ricorda le sue passate relazioni, il suo percorso emozionale attraverso il tempo? E’ possibile saperlo? Sono queste le domande che Skalsky si è posto, mano a mano che la sua relazione con Cody aumentava di intensità. 

«Ero in Romania per la prima volta dopo che abbiamo adottato Cody per visitare Cristina Paun, la responsabile dell’associazione Wonderland che opera sul territorio per tutelare i randagi. E così sono venuto a conoscenza della straziante storia dei cani di strada romeni e di un legame speciale che Cody aveva con una cagna di nome Blanche». La storia di Cody e Martin si trasforma così nel racconto di un viaggio nel passato per provare a comprendere il presente e garantire al cane che ha accanto di avere il futuro che merita e che desidera davvero. Un percorso a ritroso nel tempo che il regista svizzero ha deciso di compiere ponendosi dubbi e domande da girare a esperti del settore per provare a comprendere l’universo della cognizione e delle emozioni nei cani: «Ho sentito che Cody stava per cambiare la mia vita. Ho iniziato a ripensare al mio approccio nei confronti degli animali in generale e ho anche cambiato le mie abitudini alimentari: ora non mangio più carne. Dopo aver visto la brutalità di alcuni esseri umani nei confronti dei cani in Romania e aver scoperto le violenze che subiscono gli animali negli allevamenti intensivi mentre a casa trattiamo i “pet” come giocattoli, ho capito che c'è un enorme disallineamento nel nostro comportamento. E non volevo e non voglio più farne parte».

La Romania, i randagi e la legge dello sterminio
Nel 2013, in Romania viene promulgata la cosiddetta "legge Ionut" per ridurre il numero dei randagi con metodi brutali. La decisione di sterminare i cani di strada fu presa dopo un episodio orribile in cui un bambino di 4 anni, Ionut Anghel, fu attaccato da un branco. Solo in seguito, però, è stato scoperto che questo incidente era avvenuto in realtà in un terreno privato e che i cani erano di proprietà.

«Cristina ha così iniziato a recuperare il maggior numero di cani - spiega il documentarista - e tra di loro c’erano anche Cody e la sua compagna. Precedentemente all'applicazione della legge sulle uccisioni, lei si prendeva cura di loro che vivevano liberamente per le strade. Cody e Blanche, infatti, avevano eletto come loro "casa" un piccolo parco cittadino: erano sempre insieme, condividendo cibo, prendendosi cura l'uno dell'altro, dandosi calore durante la notte e tutti li conoscevano». Blanche fu anche lei salvata andando in adozione a una donna inglese, Marsha Hickmott, che l’ha tenuta con sé insieme a altri due cani. «Dopo aver sentito la storia di questa coppia che viveva in libertà, mi sono chiesto se Cody sentisse la mancanza dei giorni passati con Blanche e ho pensato che si sarebbero dovuti incontrar di nuovo. Mi ha colpito da un punto di vista romantico ma in realtà ho iniziato a rendermi conto che c'è molto di più nei cani di quanto avessi mai pensato. Abbiamo avuto seri problemi con Cody quando è arrivato a Zurigo per vivere con noi: era molto insicuro, impaurito e talvolta aggressivo nei confronti delle persone, soprattutto di sesso maschile dal momento che gli accalappiatori in Romania erano tutti uomini. Conoscere il suo passato è stato fondamentale per capirlo meglio. Io ho avuto quello che definirei il "momento magico" di vero incontro tra  cane e uomo e Cody mi ha spinto ad assumermi la responsabilità di fargli avere la migliore vita possibile». 

Il viaggio nel mondo delle emozioni dei cani. O degli umani?
Così Skalky decide di puntare sulla storia di Cody e Blanche, il loro possibile rincontro, per raccogliere i pezzi di una vita precedente che «mi ha fatto capire che dovevo imparare molto di più sulla specie di Cody per essere in grado di gestirlo meglio: volevo che mantenesse la sua libertà individuale ma ovviamente volevo essere certo che sapesse di essere parte della nostra famiglia. Così ho letto libri sull’etologia dei cani e sono arrivato a scegliere delle "guide" per il viaggio che stavo per compiere e che racconto nel film».

E la prima tappa è stata quella di ritornare in Romania da Cristina per poi andare dall'altra parte del mondo per entrare nel Territorio de Zaguates in Costa Rica, il santuario di cani più grande del mondo (del quale Il Secolo XIX ha realizzato un documentario multimediale che potete trovare qui). E per farsi aiutare nel trovare risposte alle sue domande si è rivolto a due professionisti: la dog trainer tedesca specializzata in comportamento Maike Maja Nowak e il professore di Filosofia, esperto di diritti animali dell’Università di Miami, //people.miami.edu/profile/Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo." target="_blank" style="box-sizing: inherit; font-weight: 700; color: rgb(0, 81, 137);">Mark Rowlands.

«La decisione su chi scegliere è arrivata dopo diverse ricerche. Ovviamente le persone fondamentali nella storia di Cody dovevano essere nel film, come Marsha Hickmott che è la compagna umana di Blanche a Londra: senza la sua approvazione non sarebbe stato possibile farli incontrare di nuovo. Ma ho anche sentito che dovevo farmi appunto sostenere da chi conosce approfonditamente questo campo e potesse mettere in evidenza l’aspetto cognitivo ed emozionale degli animali», aggiunge il regista svizzero. «Al Territorio de Zaguates, ad esempio, mi interessava osservare il modo autentico in cui i cani comunicano tra di loro e ho compreso che Cody deve aver avuto un’esperienza simile quando era un randagio, soprattutto la libertà di mettere in atto un suo processo decisionale che non dipende, come giocoforza è ora che sta con me, da qualcun altro. Sono stato affascinato dalla fondatrice, Lya Battle, e credo fortemente che il Territorio possa aprire una prospettiva completamente nuova su come noi umani potremmo entrare in relazione con i cani e volevo avere questo come ulteriore accesso nel mio film». 

Cody e Blanche, quanto due cani insegnano agli esseri umani
«Credo che gli esseri umani potrebbero imparare davvero tanto dai cani. A un certo punto del film, Lya Battle dice: “Se potessimo essere un po’ di più come i cani, non avremmo alcun problema nella nostra vita”. C’è una profonda conoscenza delle caratteristiche di entrambe le specie e una enorme consapevolezza in questa affermazione, nel senso che dovremmo riuscire ad apprezzare quel “vivere nel momento” che i cani ci restituiscono», continua Martin Skelke.

Il focus del film, così, si concentra sull’ipotesi dell’incontro tra i due randagi romeni ma tocca anche corde più profonde che ad un occhio più attento proprio alle dinamiche canine ogni tanto sembra svelare una pretesa fin troppo umana per andare a scandagliare le emozioni di un’altra specie. Ma il lavoro di Skelke è degno di nota, già solo per l’intento e la volontà di mettere in piedi un documentario che ha per protagonisti non i cani in quanto tali ma per rimandare l’idea che si tratta di individui con una chiara sfera emozionale e cognitiva, come del resto anche la scienza sempre di più sta confermando e dimostrando.

«Ho sentito che fosse ora di segnare il passo con un lavoro che mettesse in primo piano l’individualità di un essere vivente diverso rispetto alla nostra specie. Cody mi ha mostrato percorsi nella vita che non avrei attraversato se non l'avessi incontrato e non l'avessi adottato. Inoltre, mi ha concesso di agire in modo più responsabile nei suoi confronti e nei confronti di tutte le specie che popolano il Pianeta». 

La prima mondiale di “Cody - The Dog Days are Over” sarà al Zurich Film Festival il 27 settembre 2019. Per vederlo in Italia bisognerà aspettare per le date ufficiali. 


Articolo di DIANA LETIZIA  per LaStampa.it 

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