La prima domanda che si fanno gli americani spaventati dal virus che ha conquistato i notiziari h24 delle tv via cavo come Cnn e Fox, lasciando ai margini primarie dem e accordi coi talebani, è come verranno protetti da un’epidemia in espansione. Trump si sforza di rassicuraree la ricerca Usa è la più avanzata del mondo, ma il vaccino arriverà tra più di un anno quando l’epidemia (si spera) sarà già un ricordo. E in un sistema sanitario frastagliato come quello americano, le notizie di quarantene imposte dal governo federale si sovrappongono a quelle di test locali carenti, spesso fatti con kit non adeguati.
Mentre il presidente viene accusato dai democratici di essere il leader meno adatto per affrontare una simile emergenza, avendo appena smantellato le strutture del suo Consiglio per la sicurezza nazionale che si occupano di prevenzione delle pandemie e di sicurezza delle cure mediche e che a suo tempo aveva attaccato l’azione (peraltro efficacissima) del governo Usa per debellare Ebola, la gente comincia a porsi anche un’altra domanda: non solo come ci si difenderà dal coronavirus, ma anche chi pagherà per prevenzione, test e cure.
Nell’Europa dei sistemi sanitari universali la domanda ha poco senso, ma nell’America della medicina privata è tutto diverso. In teoria nelle emergenze interviene lo Stato, ma sono già emersi casi di cittadini rimpatriati dalla Cina e messi in quarantena che si sono visti recapitare conti di spese sanitarie per migliaia di dollari: non la quarantena in sé, ma il viaggio aereo, il trasporto in ambulanza, i controlli medici successivi al test.
Esperienze simili le stanno facendo tanti ammalati d’influenza che, preoccupati, chiedono di essere sottoposti ad esame. In molti Stati lo ottengono gratuitamente, ma se ci sono cure successive da fare andranno pagate. In altri si vedono recapitare anche il conto dei test come, stando alle denunce del Miami Herald, è avvenuto in Florida. Il caso più eclatante è quello di Frank Wucinsky, un cittadino americano residente a Wuhan. Fatto rientrare dalla Cina con la figlia Annabel di 3 anni, è rimasto due settimane in quarantena in una struttura militare a San Diego. Qui non ha pagato nulla, ma quando è arrivato a casa dei genitori in Pennsylvania ha trovato fatture per 3.918 dollari per spese di ambulanza, radiologiche e visite mediche fatte fuori dalla struttura militare.
Niente di nuovo: il sistema sanitario Usa è estremamente complesso, articolato in una miriade di assicurazioni e polizze sanitarie con vari gradi di copertura. Le proteste dei pazienti chiamati a pagare anche per cure coperte dalla loro polizza (perché magari l’assicurazione è convenzionata per la colonscopia ma non con chi pratica l’anestesia) sono quotidiane, ma quando queste disfunzioni croniche vengono amplificate da un’emergenza sanitaria nazionale, tutto cambia. La paura è che i malati a rischio preferiscano cavarsela con un antinfluenzale da banco comprato in farmacia anziché fare controlli medici potenzialmente costosi. E non a caso uno studio ipotizza che il virus circoli già da sei settimane, almeno nello Stato di Washington, e che ci siano centinaia di casi non diagnosticati.
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dall'articolo di Massimo Gaggi per Corriere.it