I sindaci prima reclamano più poteri e poi, quando l'Esecutivo glieli concede, protestano. Per non metterci la faccia se c'è da inasprire a casa loro le misure di contenimento dell'epidemia. Tutti pronti a salire sulle barricate quando si parla di autonomie, decisi a conquistare uno spazio in più di libertà per gestire i fondi, e poi tutto uno scaricabarile quando si tratta di prendersi mezza responsabilità. Va avanti così. Da sempre. E non poteva andare diversamente con l’ultimo Dpcm firmato dal premier Giuseppe Conte. Da Nord a Sud, da destra a sinistra, questa volta sembrano tutti d’accordo nel cercare di rinviare ad altri la palla per chiudere strade o piazze della movida. Difficile pensare che da Palazzo Chigi possano scrutare tutti gli eventuali assembramenti nei diversi centri italiani. Affidare ai sindaci tale monitoraggio, come previsto nel decreto, sembra avere dunque una logica. Ma per gli amministratori d’Italia no e trovare un’intesa, tanto per dire che le chiusure verranno stabilite dopo un confronto con prefetto e questore, non è stato semplice. Così come, tornando alle responsabilità, davanti a un Paese che lamenta da mesi i pesantissimi effetti del lockdown, anche aver lasciato alle Regioni il potere di adottare misure più restrittive rispetto a quelle stabilite a livello centrale ha una logica. Ma ecco che la Lombardia, come già accaduto all’inizio della pandemia, anziché imprimere un eventuale giro di vite chiede al Governo di emettere al suo posto altri divieti.
Il governatore Attilio Fontana, insieme ai sindaci di tutti i Comuni capoluogo della regione, al presidente dell’Anci, Mauro Guerra, e ai capigruppo di maggioranza e di opposizione, preso atto di quanto rappresentato dal Comitato tecnico-scientifico lombardo, ha deciso di chiedere al ministro della salute Roberto Speranza, e per suo tramite al Governo, lo stop alle attività in Lombardia dalle 23 alle 5 del mattino a partire da giovedì prossimo.
Una decisione maturata dopo tre ore di confronto teso, con il Cts che ha espresso numerose preoccupazioni per l’aumento dei contagi, arrivando a suggerire forti restrizioni, come la chiusura degli spazi pubblici alle 21 e dei bar alle 18, il potenziamento dei controlli per verificare l’utilizzo delle mascherine sia all’aperto sia al chiuso e la creazione di percorsi di accesso preferenziale ai test rapidi antigienici. Tanto che tutti i presenti hanno condiviso l’opportunità della chiusura, nelle giornate di sabato e domenica, della media e grande distribuzione commerciale, tranne che per gli esercizi di generi alimentari e di prima necessità.
Un vertice in cui hanno pesato anche le previsioni drammatiche della Commissione indicatori istituita dalla Direzione generale Welfare, secondo cui, al 31 ottobre, potrebbero esserci circa 600 ricoverati in terapia intensiva e fino a 4.000 in terapia non intensiva. Inoltre, il Cts ha consigliato di invitare la popolazione a evitare di lasciare il proprio domicilio dopo le 21, salvo per motivi di lavoro. Ma per l’ennesima volta Fontana, anziché firmare un’ordinanza con misure più restrittive rispetto a quelle nazionali, come previsto nello stesso Dpcm, cerca di farsi togliere le castagne dal fuoco.
SOLITO COPIONE. Non è del resto andata meglio con i sindaci sulle chiusure di strade e piazze dove si verificano assembramenti. Tutto un coro di critiche e di tentativi da parte degli amministratori di scaricare su altri qualsiasi decisione. “Non chiedete ai sindaci i controlli, perché i controlli come ha confermato il presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, e come confermerà domani il ministro dell’interno, che sta preparando un protocollo, i controlli li fa il prefetto e il questore”, ha insistito ieri sera il sindaco di Bari e presidente dell’Anci, Antonio Decaro (nella foto), dopo un confronto con lo stesso presidente del Consiglio.
“Stanotte – ha poi aggiunto cercando di smorzare le polemiche hanno cambiato il decreto, cancellando la parola sindaci, ma poi non si capiva chi doveva prendere il provvedimento. Siccome noi sindaci siamo abituati a prenderci le nostre responsabilità, e serviamo lo Stato con disciplina e onore, questa responsabilità ce la prendiamo noi”. E alla fine lo stesso Conte è dovuto intervenire sottolineando di aver sentito Decaro e il ministro dell’interno, Luciana Lamorgese, concordando un protocollo che consentirà ai sindaci, sentite le Asl, di adottare una proposta per le piazze e le vie che più si prestano ad assembramenti. “Poi – ha evidenziato – nell’ambito di una riunione tecnica comitato ordine e sicurezza pubblica si cercherà una soluzione per controlli e attuazione da parte di tutte le autorità competenti”.
Articolo di Giorgio Iusti per LaNotiziaGiornale.it