“Il tema è che, in quasi tutti gli incendi, c’è di mezzo la filiera dei rifiuti”. Lo ha detto Sabrina Alfonsi, assessora all’ambiente e ai rifiuti di Roma Capitale, dopo il sopralluogo nella zona dell’incendio divampato sabato 9 luglio a Centocelle. Ma di quale filiera dei rifiuti stiamo parlando? Non ci potrà mai essere concordia scientifica, né tantomeno alcuna razionale discussione né sui rifiuti e tantomeno sugli inceneritori in Italia, se non ci decidiamo ad esporre chiaramente a tutti i cittadini italiani che ogni giorno devono preoccuparsi del corretto smaltimento non già dei soli “miseri” 1.1 kg/procapite/die di rifiuti solidi urbani, ma anche di ben circa 10 kg/pro-capite/die di rifiuti reali complessivi! Senza alcuna tracciabilità certificata a monte che possa indicare con esattezza ed onestà provenienza, percorso e destinazione finale! 10 kg reali di rifiuti complessivi a testa al giorno di cui 1 solo di rifiuti urbani. Eppure ci fanno credere che gli rsu (rifiuti solidi urbani) sono il solo e principale problema. Oggi vediamo anche la Capitale d’Italia, Roma, essere coinvolta nello stesso modo e con le stesse modalità criminali e di disinformazione dell’opinione pubblica, come già più volte accaduto a Napoli nel corso degli ultimi decenni. Ricordo la crisi, la cosiddetta “emergenza rifiuti” del 2008, finalizzata anche alla imposizione senza alcuna ulteriore discussione del maxi inceneritore di Acerra, inaugurato nel 2009 e “regalato” alla A2a dei comuni di Milano e Brescia: un inceneritore che ne vale 9 medi europei e che vede concentrato in un unico territorio (Acerra) quello che in tutte le altre regioni “inceneritoriste” viene ripartito in 7 (Emilia) o ben 13 (Lombardia) impianti.
Il copione criminale di questi giorni a Roma mi pare proprio lo stesso della Campania. Dobbiamo smetterla, tutti, con discussioni ideologiche “a priori” sugli impianti ed essere corretti nella informazione ai cittadini sulla reale produzione dei rifiuti e sulla voluta sovrapposizione e commistione dei flussi nella più totale assenza di tracciabilità certificata degli stessi, che è la vera causa del disastro gestionale italiano che oggi aggiunge anche Roma come ennesima “Terra dei Fuochi” e dei roghi tossici italiana.
La necessità di un inceneritore, possibilmente enorme e che in Italia costerà mai meno di 5 volte in più di tutti gli inceneritori europei portati ad esempio (da Vienna a Copenaghen), e che di norma verrà data in gestione a qualche multiutility del nord (tipo A2a), diventa comprensibile solo se si prende atto (ma senza dirlo ai cittadini!) della enorme, eccessiva, massa complessiva di rifiuti prodotta ogni giorno ma che vede i rifiuti urbani, e quindi la raccolta differenziata degli stessi, costituire non più del 10% della produzione reale di rifiuti. Quindi, quando anche i cittadini, di Roma come di dovunque, riuscissero nel lodevole intento di fare la raccolta differenziata dei propri rifiuti urbani al 100%, non avrebbero fatto altro che la raccolta differenziata al 100% del 10 % del totale complessivo dei rifiuti prodotti, senza avere alcuna idea e tantomeno il controllo di come venga smaltito il restante 90 % dei rifiuti prodotti!
La sovrapposizione dei rifiuti speciali, industriali e tossici, specie quelli prodotti in regime di evasione fiscale, in Italia, dovunque, dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno, è la norma non scritta ma reale. Questi rifiuti illegalmente prodotti vengono mischiati e sovrapposti ai rifiuti urbani per una quantità complessiva stimata persino superiore a quella di tutti i rifiuti urbani prodotti in Italia (circa oltre 30 milioni tonn/anno vs 29 di rsu/anno) dalle medesime ditte incaricate della raccolta e smaltimento.
Se non ci decidiamo prima ad avere certezza certificata e tracciata di corretta produzione e smaltimento dei rifiuti speciali, industriali e tossici in particolare per categorie di rifiuti, tipo plastiche, fanghi di depurazione, che con estrema facilità, in assenza di tracciabilità, saranno sempre sovrapposti ai rsu andando da un lato a rendere tantissimi i rifiuti da destinare all’incenerimento e dall’altro, come in Campania, a corrompere in maniera di norma irreversibile il materiale non conforme da immettere anche nel circuito del rifiuto umido. Anche quest’ultimo risulterà sempre non conforme e costantemente gravato dal più temuto “effetto collaterale” per i residenti: che puzza intollerabile!
Quindi, prima di iniziare qualunque discussione sugli impianti in qualunque luogo di Italia, dobbiamo informare correttamente l’opinione pubblica sempre di tutte e quattro le categorie di rifiuti da trattare al meglio per evitare disastri e danno alla salute pubblica:
1- Rifiuti industriali legalmente prodotti (oggi circa il 70% del totale)
2- Rifiuti industriali illegalmente prodotti in regime di evasione fiscale (oggi non meno del 10% del totale e sostanzialmente pari o superiori a tutti i rsu prodotti) principale fonte mai combattuta efficacemente con la tracciabilità del gravissimo e continuo danno alla salute pubblica da rifiuti in Italia;
3- Rifiuti importati legalmente: oggi in alcune regioni (esempio Lombardia) hanno già raggiunto la quantità almeno doppie a quella di tutti i rifiuti urbani prodotti (non inferiore al 10% del totale)
4- Solo ultimo e “piccolo” problema da affrontare, i rifiuti solidi urbani, oggi di fatto in costante diminuzione da decenni rispetto alle enorme ed infinita massa in costante aumento di rifiuti speciali industriali e tossici, pari a non oltre il 10% dei rifiuti complessivi prodotti. Con o senza maxi inceneritori, non sarebbe un problema eccessivo smaltirli correttamente con una buona raccolta differenziata, se il problema rifiuti fossero solo loro.
Oggi, sia ben chiaro a tutti, e dovunque in Italia, chiunque inizi a parlare di rifiuti deve, e sottolineo deve, cominciare a parlare e ad illustrare produzione e smaltimento locale innanzitutto dei rifiuti speciali, industriali e tossici e non solo degli urbani.
Gli enormi roghi tossici che (anche) Roma sta subendo in questi giorni sono solo l’ultima conseguenza a noi ben nota ed anticipata su questo blog, del pieno svolgimento in atto della tragedia della quarta fase di Terra dei Fuochi In Italia, quella del ritorno in massa ai roghi tossici locali, ivi compreso depositi, autodemolizioni e ditte di trasporto, per l’eccessivo costo del carburante ed il sostanziale blocco anche del trasporto via mare venutosi a determinare per la guerra in Ucraina: il resto, a cominciare dalle inutili discussioni sugli inceneritori, sono solo chiacchiere a vuoto.
Articolo di Antonio Marfella per IlFattoQuotidiano.it