In Turchia vivono decine di migliaia di uiguri fuggiti dallo Xinjiang. In questa regione cinese autonoma, la più occidentale e più estesa della Cina, ci sono circa 22 milioni di persone, il 46% dei quali di etnia uigura, cioè una minoranza etnica musulmana riconosciuta da Pechino. Il governo cinese ha sempre cercato di sinizzare gli uiguri, imponendo loro costumi e usanze locali e, al tempo stesso, limitando le pratiche legate alla religione musulmana. Negli anni scorsi Pechino ha inasprito il controllo sulla regione a causa della piaga del terrorismo islamico, e adesso, grazie alle nuove tecnologie, tra cui telecamere a riconoscimento facciale e applicazioni in grado di schedare ogni singolo cittadino, la morsa delle autorità centrali è diventata più asfissiante.
Alcune inchieste hanno svelato addirittura l’esistenza di veri e propri campi di prigionia in cui è ammassato almeno un milione di uiguri; la Cina nega tutto e parla di semplici scuole di riabilitazione. In ogni caso, qualunque sia la verità, molti uiguri hanno deciso di fuggire da un ambiente diventato ormai troppo ostile.
Ankara cambia idea
Quando decidono di lasciare lo Xinjiang, gli uiguri cercano per lo più rifugio nei paesi islamici. C’è chi è fuggito in Egitto e chi in Afghanistan ma c’è anche chi ha cercato riparo negli “stan”, ovvero Tajikistan, Kirghizistan e Kazakistan. Ma il flusso più grande è quello che finisce in Turchia, dove l’affinità culturale degli uiguri con la popolazione locale è rafforzata dall’origine turcofona della minoranza cinese. Secondo alcuni dati sarebbero circa 35000 gli uiguri che vivono all’interno del territorio turco, per loro un porto sicuro fin dai primi anni ’60. La Turchia, tra l’altro, è l’unico paese musulmano che nei mesi scorsi ha espresso preoccupazione per la situazione nello Xinjiang. Ma la situazione adesso sembra essersi capovolta, visto che il presidente turco, Recep Tayyp Erdogan, ha cambiato completamente idea sull’argomento, arrivando ad affermare – sostengono i media cinesi – che “l’esistenza degli uiguri in Cina è felice”. La dichiarazione è stata confutata dallo staff presidenziale, ma quel che è certo è che Ankara ha stretto nuovi accordi con Pechino: culturali, commerciali ma anche in materia di sicurezza. Il tema principale è la lotta al terrorismo islamico e molti uiguri, per la Cina, sono pericolosi terroristi.
Le pressioni di Pechino
Proprio come in Egitto, anche in Turchia la Cina ha iniziato la sua caccia agli uiguri fuggiti dallo Xinjiang. Secondo quanto riportato dal Financial Times, il rischio che Ankara decida di accontentare Pechino stanando gli uiguri presenti nel proprio territorio in nome dei prossimi accordi commerciali con il Dragone, diventa più grande ogni giorno che passa. Ci sono già stati diversi casi in cui le autorità turche hanno arrestato diversi uiguri, infilandoli in centri di detenzione prima di rispedirli in Cina. “Gli uiguri che vivono in Turchia – ha detto Seyit Tymturk, a capo di un gruppo a sostegno dei diritti della minoranza etnica cinese – sono sul filo di un rasoio. Sappiamo che la Cina sta pressando il governo turco”.
Uiguri rispediti in Cina
Uno dei motivi che può spiegare il voltafaccia della Turchia in merito alla questione uigura è il prestito milionario fatto recapitare dalla Cina ad Ankara: 3,6 miliardi di dollari provenienti da una banca statale cinese. Ai quali si aggiunge un altro miliardo di dollari trasferiti dalla Banca Centrale cinese per aumentare le riserve valutarie della Turchia. In ogni caso, gli attivisti hanno lanciato l’allarme: centinaia di uiguri sarebbero tenuti prigionieri in centri di detenzione turchi, mentre altri 40 avrebbero perso la loro residenza. Il ministro degli Interni turco, Suleyman Soylu, sostiene che la Turchia non stia mandando alcun uiguro in Cina, anche se i fatti dimostrerebbero altro. Alcune testimonianze confermerebbero infatti la consegna di uiguri a funzionari cinesi. Le regole internazionali proibiscono ai governi di inviare le persone in paesi in cui rischiano di essere perseguitate.
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