Ridateci Papa RatzingerÈ possibile riavere indietro il Papa precedente, quello che adesso sta in panchina e farlo entrare di nuovo in campo, rimpiazzando colui che lo ha indegnamente sostituito? No, perché ci vorrebbe davvero un uomo e un pontefice all’altezza dei tempi e del ruolo, per interpretare e affrontare le sfide odierne del terrorismo islamico. Ci sarebbe bisogno di una guida alla Benedetto XVI, quel Ratzinger che nel celebre discorso di Ratisbona non ebbe ritrosie nel denunciare laviolenza insita alla predicazione di Maometto, con «la sua direttiva a diffondere la fede per mezzo della spada»; e nel mostrare l’urgenza di conciliare ragione e fede, devozione e libertà di coscienza, onde scongiurare le ricadute nel fanatismo.

 

Oppure ci vorrebbe un Papa come quel Giovanni Paolo II che, all’indomani della tragedia delle Torri Gemelle, non esitò a paragonare il fondamentalismo islamico ai totalitarismi nazista e comunista, sottolineando l’opportunità di dare una risposta basata non sulla comprensione e il buonismo ma «coniugando fra loro giustizia e perdono» al fine di «ristabilire appieno l’ordine infranto». Da qui la necessità di una risposta armata al fanatismo religioso, in quanto «esiste un diritto a difendersi dal terrorismo» e l’esortazione ai «leader musulmani» a «prendere l’iniziativa, mediante la condanna pubblica del terrorismo, rifiutando a chi se ne rende partecipe ogni forma di legittimazione morale o religiosa».

Parole tuonanti, decise, vigorose rispetto agli appelli tiepidi cui assistiamo oggi, agli inviti al dialogoe all’accoglienza, alle esortazioni a piangere e pregare, al coro di moniti a esercitare la solidarietà e la misericordia, che paiono un vademecum ideale per la Sottomissione.

Negli ambienti del Vaticano – e qui si palesa tutta la decadenza del cristianesimo del Terzo Millennio molto più che negli scandali di attici e delazioni – si sceglie infatti un atteggiamento morbido, e perciò morboso, di fronte alla durezza del Male, si affronta la violenza con rassegnazione e indolenza, si subisce porgendo l’altra guancia, con masochismo, provando a comprendere il Nemico, laddove andrebbe affrontato e sconfitto, come fece San Giorgio col Drago…

Questa morale, nichilista passiva tanto quanto l’altra, quella islamica, esprime una forma di nichilismo attivo, si articola in una serie di punti e convinzioni, sciorinati in questi giorni dai massimi rappresentanti della Chiesa cattolica.

In primo luogo l’idea (del tutto infondata) che le vere vittime del terrorismo siano i musulmani stessi, cioè quelli moderati. Una tesi che affiora nelle parole di monsignor Fisichella, allorché sentenzia che «una situazione di violenza come quella attuale va a danno del mondo musulmano moderato» e che «gli attacchi colpiscono i Paesi arabi».

In seconda istanza, la tesi per cui non bisogna mai e poi mai rispondere con le armi perché, avverte il cardinale Bagnasco, «la violenza non risolve nulla, moltiplica la violenza» e la vera cosa «terribile» sarebbe non esporsi ad altri attacchi ma «vivere nella paura, nel sospetto e in altre forme di violenza».

Da qui (terzo punto) l’urgenza di dialogare con i terroristi, di aprire tavoli di trattative e di comprensione reciproca in quanto «un dialogo è auspicabile (…) per non spaventarsi e quindi reagire in modo indebito» (ancora Bagnasco), e l’esigenza di predicare ancora di più la pace e l’accoglienza, creando una «società solidale» (Bagnando) e lanciando «un’offensiva della misericordia», come l’ha definita il segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin tale da rendere, secondo le volontà di Papa Francesco, «il Giubileo aperto ai musulmani».

Da ultimo, occorre negare l’esistenza di un conflitto di religione, rifiutare l’idea di uno scontro di civiltà animato dalla fede, di un Odio in nome di Dio, perché «non si può e non si deve parlare di guerra di religione» (mons. Fisichella) e, per dimostrarlo, «è necessario fare uno sforzo per l’unità» e «coinvolgere gli attori musulmani» che «devono essere parte della soluzione» (cardinale Parolin).

Riassumendo: gli islamici sono i veri martiri dell’odio, che non è mai religioso perché l’islam predica la pace, e ai violenti bisogna replicare con il dialogo e l’integrazione, coinvolgendoli in un progetto comune di accoglienza e comprensione. Se avessimo risposto con questo approccio remissivo al nazismo, oggi l’Europa esibirebbe ovunque la croce uncinata. Aridatece, e al più presto, Papa Ratzinger.

Articolo di  per lintraprendente.it 

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