La pandemia
Come sono i numeri del Covid? Qui l’analisi andrebbe fatta per lo meno a livello regionale stante la caratteristica intrinseca della pandemia di diffondersi per contiguità spaziale e quindi di presentarsi molto eterogenea sul territorio. Per semplicità immaginiamo che il dato nazionale sia un dato medio. In sette mesi (marzo-settembre 2020) ci sono stati circa 283 mila casi di infezione sintomatica e di questi in quasi 36 mila le persone colpite alla fine sono decedute. Vanno tuttavia distinti i due periodi, quello del picco (fino a maggio) e quello successivo: 233 mila casi nel primo (3 mesi) con 34 mila morti, 50 mila casi nel secondo (4 mesi) con 2 mila morti. Su base annua il periodo di picco ha significato una probabilità di ammalarsi (sintomaticamente) dell’1,55% e, una volta ammalati, di morire di Covid del 14,6%. Nel secondo periodo le due probabilità sono diventate 0,25% (un sesto) e 4% (meno di un terzo).
Convivere con prudenza
Oggi, soprattutto con la riapertura delle scuole, la probabilità di ammalarsi non sembra molto diversa dalla probabilità di farsi male in un incidente stradale; la probabilità condizionata di morire è invece il triplo. Si poteva fare di più? Probabilmente sì, anche se i numeri sugli incidenti stradali beneficiano di 100 anni di progressi nella tecnologia dei mezzi di trasporto (ABS, cinture, giuda assistita, pronto intervento….) mentre sul Covid abbiamo non 100 anni ma 100 giorni di conoscenze e miglioramenti specifici e per lo più siamo fermi alla mascherina, al distanziamento, all’amuchina. L’app Immuni, una specie di tentativo di ABS per il rischio Covid, al momento non ha avuto grande successo (si noti che l’ABS, per restare nel paragone, è obbligatorio dal 2004, le cinture dal 1988) e la proverbiale disorganizzazione italiana ha fatto il resto.
In attesa del vaccino, i numeri qui sopra mi pare facciano capire cosa vuol dire «convivere» (con prudenza!) col Covid.
Articolo di Riccardo Cesari (Università di Bologna e consigliere Ivass) per Corriere.it