ospedale varese al collassoChi minimizza l'impatto dell'epidemia sulla nostra sanità farebbe bene a mandare a memoria i numeri che mette in fila Francesco Dentali, presidente eletto della Fadoi, la società scientifica degli internisti e direttore di dipartimento di medicina interna all'Ospedale di Circolo di Varese, che ha il maggior numero di ricoverati Covid d'Italia.  «Il 40% sono in condizioni gravissime, intubati, oppure con il casco o la mascherina per l'ossigeno da somministrare a dosi elevate 24 ore su 24», afferma. «Possiamo resistere ancora pochi giorni, poi non potremo fronteggiare più adeguatamente nemmeno le emergenze».  Avete già saturato i letti?  «Direi che siamo ben oltre la saturazione. In questo momento abbiamo 543 pazienti Covid, il doppio dello Spallanzani di Roma. Di questi, 40 sono in terapia intensiva, il numero più alto in Lombardia e probabilmente in tutta Italia. In medicina interna ne dobbiamo seguire ben 427. In tutti i reparti di area medica sono 503 a fronte dei 250 letti in dotazione».  Scusi ma i restanti 253 dove li avete messi?  «Abbiamo riconvertito in letti Covid quelli dei reparti di chirurgia, ortopedia, cardiologia. Ma non sono scelte facili. Stiamo mantenendo tutte le prestazioni che possono essere considerate di emergenza e urgenza. Però siamo costretti a rinviare tutto il resto».

Un paziente oncologico o con problemi cardiaci seri che fate, lo rimandate a casa?

«No, fino ad ora abbiamo rinviato interventi procrastinabili, come una colicisti o le protesi d'anca e del ginocchio, ma i malati in condizioni gravi siamo riusciti ad assisterli. Però abbiamo ancora pochi giorni di autonomia, poi saremo costretti a rimandarli indietro e questo sarebbe un dramma del quale è bene che tutti nel Paese ci rendessimo conto. Lo dico perché ancora sento chi minimizza, mentre andiamo verso il collasso degli ospedali. E non mi riferisco solo alla Lombardia».

In terapia intensiva come va?

ospedale varese 2 tn«Anche qui i letti vanno esaurendosi in fretta. Già ora siamo costretti a rinviare interventi chirurgici elettivi che richiedono il post operatorio in terapia intensiva, come la sostituzione di una valvola cardiaca o di un tratto di aorta, quando le condizioni del paziente consentono di procrastinare un po' l'intervento. A parte la chirurgia oncologica, il resto è stato quasi tutti rinviato. Stiamo cercando di riconvertire persino i letti fuori dalle sale operatorie che di solito usiamo per tenere sotto osservazione i pazienti dopo un intervento».

Se è così nei reparti, immagino negli ambulatori

«Molti li abbiamo dovuti chiudere. L'accesso a visite e accertamenti oramai è centellinato. Certo se devo fare una colonscopia urgente la faccio. I controlli però, a parte quelli oncologici, sono già saltati. Ma rischiamo a breve di non fare più fronte nemmeno a quelli».

Che tipo di pazienti state assistendo?

«In questo momento su 543 pazienti Covid solo 20, il 4% del totale, è da noi perché non è nelle condizioni di poter fare l'isolamento domiciliare. E infatti stiamo cercando di collocarli in Covid-residence. Ma gli altri sono in condizioni serie, in molti casi gravissime. Tra loro 40 hanno richiesto l'intubazione, 91 l'uso del casco e un'altra cinquantina ha bisogno di ossigeno in quantità elevate 24 ore al giorno. In tutto abbiamo circa 200 pazienti gravi, il 40% dei ricoverati. Basti pensare che siamo arrivati a consumare 16mila litri di ossigeno al giorno, più di quanti se ne utilizzassero a Brescia durante il picco della prima ondata. A volte dobbiamo spostare i pazienti da un reparto all'altro perché dove sono non c'è più flusso di ossigeno sufficiente per tutti».

Anche voi sarete sotto stress

«Medici e infermieri fanno turni di 12 ore, dentro tute, maschere, visiere e doppi guanti che portano a disidratarti. Anche perché cerchiamo di non bere visto che poi per andare in bagno si perde troppo tempo per spogliarsi e rivestirsi. Io lavoro ininterrottamente da 20 giorni e ci sono colleghi che hanno accumulato migliaia di ore di straordinario non retribuite. Ma va bene così. Però salviamo gli ospedali dal collasso».

Come?

«Il problema non lo risolviamo solo potenziando l'assistenza domiciliare o aumentando il numero dei letti. Che tra l'altro richiedono poi personale sanitario che in Italia non abbiamo. La verità è che dobbiamo fare di tutto per piegare la curva dei contagi prima che sia troppo tardi».

Articolo/intervista di Paolo Russo per la Stampa  da Dagospia.com 

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