Accelera su tutti i fronti il premier. Entra nel vivo il dibattito sul Recovery plan: Giuseppe Conte vedrà oggi i sindacati, lunedì le imprese, martedì sindaci e governatori. Ieri ha incontrato una delegazione di ex pentastellati, oggi si terrà una riunione dei componenti della commissione Affari costituzionali della maggioranza alla presenza anche del governo per accelerare sulla legge elettorale di tipo proporzionale. Ma soprattutto ieri sera in Cdm Conte ha ceduto, come aveva promesso, la delega sui Servizi a Pietro Benassi, attuale consigliere diplomatico del presidente del Consiglio. Sa benissimo che il governo si gioca tutto nel giro dei prossimi giorni. E che urge la costituzione di un gruppo consolidato, autonomo, in Parlamento che sostenga l’esecutivo. Salvo rinvii, il 27 si voterà in Parlamento la relazione sulla giustizia del ministro Alfonso Bonafede. Matteo Renzi ha fatto sapere che voterà no e il centrodestra spera di unire i suoi voti a quelli di Iv al Senato per battere il governo. Ma non è detto che finirà come sperano Meloni e Salvini. A sorpresa lo stesso Renzi prova a rientrare in partita: “Siamo ancora in tempo per fermarci, il mio appello è ‘non fate un baratto di singoli parlamentari, tornate alla politica’”. Ma il premier non ha alcuna voglia di trattare con lui. Ecco allora che l’operazione dei costruttori va avanti. Si mira a far nascere una forza centrista, liberale, europeista e anti-sovranista nel segno di Conte.
Alla Camera – dove servono almeno 20 deputati per formare un gruppo – sta lavorando in questa direzione Bruno Tabacci. Il suo Centro democratico ha già 13 membri: “Presto arriveremo a 20”, annuncia Tabacci. Più complicate le manovre al Senato. Si guarda ai senatori di Iv che non hanno voglia di andare all’opposizione (si fanno i nomi di Comincini, Marino, Grimani, Carbone). E a quelli di Forza Italia. E poi c’è l’Udc che ha in dote tre senatori: De Poli, Binetti, Saccone. Ma il primo appare saldamente ancorato al centrodestra.
Sulla trattativa con l’Udc, però, piomba l’inchiesta che ha coinvolto il leader. Lorenzo Cesa, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, si è dimesso dalla segreteria del partito. Ma questa vicenda giudiziaria potrebbe provocare effetti contrapposti. Da una parte chiudere il canale di dialogo con l’Udc, dall’altra liberare definitivamente dal partito Binetti e Sacconi. Tanto Di Battista quanto Di Maio avvisano: “Mai il M5S potrà aprire un dialogo con soggetti condannati o indagati per mafia o reati gravi”.
Ma è un no a Cesa, non ai senatori. Ma se Pd, M5S e Leu hanno assicurato pieno appoggio alla strategia del premier (nuovo gruppo, patto di legislatura, rimpasto) le posizioni interne ai partiti sul da farsi non sono poi così granitiche. Tra tutti si consideri il Pd. Non c’è solo la questione di quanti vorrebbero ancora far tornare Renzi. Si discute anche sulle prossime mosse che attendono l’avvocato pugliese. C’è chi, come la delegazione democratica nel governo, preferisce che si optasse per un limitato rimpasto – che è poi la linea del premier – e c’è chi chiede il Conte ter. Ovvero dimissioni di Conte, reincarico di Mattarella allo stesso Conte, riassetto della squadra di governo.
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dall'Articolo di Raffaella Malito per LaNotiziaGiornale.it