L'imprenditore è accusato di omicidio volontario per le morti nella filiale di Casale Monferrato nel processo bis. Era già stato condannato a 18 anni per il disastro ambientale provocato dall'amianto, ma il reato è stato prescritto. Lui un mese fa al quotidiano svizzero Nzz am Sonntag ha raccontato: "Perseguitato per decenni, mi sono accorto di odiare gli italiani". “Quando oggi penso all’Italia provo solo compassione per tutte le persone buone e oneste che sono costrette a vivere in questo Stato fallito“. Parola di Stephan Schmidheiny, l’imprenditore svizzero condannato a 18 anni di carcere per il disastro ambientale provocato dall’amianto negli stabilimenti Eternit in Italia e poi salvato dalla prescrizione. Schmidheiny resta ancora l’unico imputato nel processo bis, in cui solo a Vercelli è chiamato a rispondere di omicidio volontario per le morti nella filiale di Casale Monferrato della multinazionale. È attesa per oggi (venerdì) la decisione del giudice per l’udienza preliminare di Vercelli sulla richiesta di rinvio a giudizio del magnate svizzero. Un mese fa, precisamente il 28 dicembre scorso, nella sua intervista al giornale svizzero Nzz am Sonntag, Schmidheiny però rimaneva tranquillo: “Non ho intenzione di vedere una prigione italiana dall’interno”.