Uno scippo che vale dai 5 agli 8 miliardi l' anno. A far di conto è il presidente dell' Antitrust, Roberto Rustichelli, che non utilizza certo giri di parole: la concorrenza fiscale tra i diversi partner dell' Unione europeo, oltre a «minare la fiducia nel mercato unico», penalizza in particolare l' Italia con un danno annuo stimato fino a 8 miliardi. Una rapina fiscale data dalla concorrenza di imposizione fiscale privilegiata che favorisce le imprese invitandole a trasferire la residenza fiscale della società per mettere a bilancio importanti sconti di tasse. A livello mondiale - stima l' Autorità sulla concorrenza - l' erosione vale oltre 500 miliardi l' anno. Insomma, un prelievo occulto sulla contabilità degli Stati da non tralasciare.
Rustichelli, al debutto pubblico con la sua prima relazione annuale alla guida dell' Autorità garante della concorrenza e del mercato, mette sotto accusa, tra l' altro, la «concorrenza fiscale» di cui nei fatti «beneficiano le più astute multinazionali e pone le imprese italiane, soprattutto quelle piccole e medie, ma anche le grandi società la cui proprietà mantiene comportamenti fiscali lodevolmente etici nei confronti dei nostro Paese, in una situazione di grave disagio competitivo».
MULTINAZIONALI ASTUTE
Non fa il nome ma l' esempio di Rustichelli è chiarissimo: «Quella che era la principale azienda automobilistica italiana» che con il trasferimento della sede fiscale a Londra, e lo spostamento della sede legale e fiscale in Olanda della società sua controllante, ha causato all' Italia «un rilevante danno economico». Insomma, ppare evidente il riferimento a Fca sotto la gestione Marchionne Ma se le singole imprese agiscono legittimamente per inseguire regimi fiscali più vantaggiosi in Europa il problema, semmai, è quello degli Stati che esercitano il dumping fiscale e sono «divenuti ormai veri e propri paradisi fiscali». Rustichelli li snocciola: Olanda, Irlanda, Lussemburgo e Regno Unito.
E se è logico che alcuni Paesi «ci guadagnano» ma rimane sostanzialmente «l' Europa a perderci». E quindi «l' Europa e i governi nazionali possono e devono fare di più: innanzitutto rimuovendo quelle asimmetrie e distorsioni competitive che impediscono al mercato unico di funzionare correttamente a beneficio di tutti».
Un atto d'accusa pesante tradotto dall' Authority come «malsana competizione» che si concretizza in un condensato di «egoismi nazionali e rischia di incrinare i valori che hanno finora sorretto il processo di integrazione europea. La globalizzazione, per lungo tempo vissuta come fonte di crescita e di benessere senza fine, ha manifestato sempre più l' altro volto».
L'Antitrust mette in guardia anche dai possibili effetti di questo meccanismo che, «se non adeguatamente controllato» potrebbe «minare alla radice i sistemi economici e spezzare le catene della solidarietà».
GUADAGNI STELLARI
Basta confrontare l'andamento degli investimenti internazionali che «si adattano alla geografia della concorrenza fiscale». L'Italia attira investimenti esteri diretti pari al 19% del Pil. Il minuscolo Lussemburgo (appena 600mila residenti), pari ad oltre il 5.760%, l' Olanda al 535% e l' Irlanda al 311%. «Valori così elevati non trovano spiegazione nei fondamentali economici di tali Paesi, ma sono in larga parte riconducibili alla presenza di società veicolo», spiega la Relazione.
E proprio uno studio del ministero delle Finanze olandese - citato nella Relazione - dimostra che i soli flussi finanziari (dividendi, interessi e royalties), che attraversano le società di comodo olandesi ammontano a 199 miliardi di euro (il 27% del Pil).
Articolo di Antonio Castro perLiberoQuotidiano.it