gip ordinanza Carola RacketeLe motivazioni della non convalida dell'arresto della Rackete non convincono ex magistrati e addetti ai lavori: ecco perché. C'è qualcosa che non torna nell'ordinanza del gip Alessandra Valle in merito alla non convalida dell'arresto di Carola Rackete, comandante della Sea Watch. E non parliamo solo delle cinque anomalie ben spiegate sul Giornale da Fausto Biloslavo. Parliamo anche e soprattutto della giustizia in generale, della discrezionalità del giudice e del rispetto delle leggi di un paese. In questi giorni ex magistrati, docenti di diritto e addetti ai lavori stanno esprimendo la propria opinione sulla decisione del giudice di Agrigento. E, a parte un intervento scritto da Andrea Natale, giudice del Tribunale di Torino, sul periodico di Magistratura democratica (guarda caso la corrente di sinistra delle toghe), gli altri interventi vanno tutti nella direzione opposta a quella sentenziata dalla Valle. E basta questo a far storcere il naso. Ma andiamo avanti.

 

L'ex magistrato Carlo Nordio, sul Messaggero, avverte: "Il fenomeno dell'immigrazione irregolare è troppo complesso per lasciarne la gestione alla magistratura, lo dimostrano le contraddizioni che spesso emergono durante le indagini penali, e che possono portare a conclusioni diverse - e spesso opposte - a quelle della politica e persino del buon senso". Secondo Nordio "alcuni problemi non possono essere risolti dai giudici", in particolare quelli "che si presentano con un impatto emotivo nella società moderna, e che richiedono strumenti di valutazione, di controllo e di guida ben più efficaci della maestosa incertezza del processo penale".

L'ex magistrato Bruno Tinti, sulle colonne di Italia Oggi, sentenzia in modo chiaro: "L'ordinanza è giuridicamente errata". Motivo? "Nel territorio dello Stato si applicano le leggi ordinarie dello Stato. Se il giudice ritiene che una di queste leggi, rilevante nel caso che deve risolvere, sia in contrasto con la Costituzione, deve sospendere il procedimento e sollevare eccezione di incostituzionalità. Deve, non può. In altri termini, il giudice non può semplicemente disapplicare la legge dello Stato perché, a suo avviso, in contrasto con la Costituzione. O chiede alla Corte costituzionale di dichiararne l'incostituzionalità o la applica", scrive Tinti.

Che poi aggiunge: "Il Gip ha riconosciuto l'esistenza di una legge dello Stato che legittimava le disposizioni adottate dalle Autorità competente nel caso di specie; e ha ritenuto che esse dovevano essere considerate illegittime in quanto in contrasto con trattati internazionali che prevalgono sulla legge ordinaria. Errore marchiano, frutto di una visione del proprio ruolo autoreferenziale. Conseguentemente, la scriminante di cui all'art. 51 codice penale (l'adempimento del dovere), che il Gip ha utilizzato per ritenere legittimo l'operato del comandante della Sea Watch, è del tutto insussistente. Il dovere discenderebbe da norme internazionali che però sono in contrasto con una legge dello Stato. Ma, solo ove quest'ultima fosse dichiarata incostituzionale, potrebbe ritenersene obbligatoria l'osservanza. Fino ad allora, violare la legge italiana non è un dovere ma un reato".

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dall'articolo di  per IlGiornale.it 

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