conte 2 crisi mattarellaLa crisi di governo è arrivata a un punto di svolta. Oggi Conte si è dimesso durante il Cdm e ha deciso di rimettere l’incarico nelle mani di Sergio Mattarella. Non sono bastati, infatti, né la fiducia di Camera e Senato, né l’appello ai responsabili per far rientrare la crisi voluta da Matteo Renzi. Poco dopo le 19 di ieri, il presidente del Consiglio ha diffuso una nota con la decisione finale: si dimette puntando a un Conte ter con un re-incarico per ampliare la maggioranza parlamentare. Le ultime mediazioni del weekend hanno confermato la situazione: i giallorossi non hanno i numeri per superare indenni il voto sulla relazione del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede di giovedì 28 e il premier, se non vuole essere sfiduciato e perdere ogni chance di restare, è costretto al passo indietro. Ma cosa succederà dopo le dimissioni?  Il tempo stringe, le prossime 48 ore saranno fondamentali. La strada, indicata dalle stesse forze di maggioranza, è quella di far partire le consultazioni e lavorare quindi per un nuovo esecutivo: Pd, M5s e Leu hanno già dato la loro garanzia che Giuseppe Conte sarebbe l’unico punto di equilibrio possibile per la coalizione, anche se a Palazzo Chigi non nascondono i timori che la leadership possa essere messa in discussione se non dovessero essere trovati i numeri necessari a consolidare la maggioranza.  L’ipotesi che circola tra i corridoi di Palazzo Chigi è che le consultazioni si svolgano tra mercoledì pomeriggio e giovedì. E una delle opzioni più accreditate è che Mattarella dia il mandato esplorativo a una figura istituzionale e non direttamente l’incarico al premier uscente.

Pd-M5S blindano Conte

Comunque, la linea condivisa da tutti i partiti, dai 5 Stelle ai dem fino a Leu, è quella di blindare il premier uscente. “Con Conte”, si è affrettato a twittare tra i primi il segretario Pd Nicola Zingaretti, “per un nuovo governo chiaramente europeista e sostenuto da una base parlamentare ampia, che garantisca credibilità e stabilità per affrontare le grandi sfide che l’Italia ha davanti”.

Cose che il leader del ZIngaretti aveva già detto quando, ospite di Radio Immagina, ha accusato Matteo Renzi di aver aperto “una crisi al buio” e ha ribadito che i dem intendono ripartire con Conte: “E’ il punto di equilibrio in questo momento più avanzato. Ha preso la fiducia quattro giorni fa e io sfido chiunque a dimostrare che qualcun altro può superare quella soglia”, ha detto. Proprio dal Pd sarebbero arrivate le spinte per far salire Conte al Colle e passare dalle dimissioni: una richiesta che fonti interne del partito hanno smentito, ma che da alcuni giorni viene ritenuta l’unica possibilità per riuscire a convincere i cosiddetti “responsabili” a sostenere un nuovo esecutivo.

La linea Pd è stata confermata naturalmente anche dai capigruppo M5s di Camera e Senato: “Il passaggio per il cosiddetto Conte ter è ormai inevitabile“, hanno scritto in una nota, “ed è l’unico sbocco di questa crisi scellerata. Un passaggio necessario all’allargamento della maggioranza. Noi restiamo al fianco di Conte, continueremo a coltivare esclusivamente l’interesse dei cittadini, puntiamo a uscire nel più breve tempo possibile da questa situazione di incertezza che non aiuta. Dobbiamo correre sul Recovery, seguire il piano vaccinazioni, procedere immediatamente ai ristori per le aziende più danneggiate dalla pandemia. Il Movimento c’è, ed è pronto a fare la sua parte”.

Il centrodestra si compatta per non far fuoriuscire “responsabili”

La tensione non è però solo nella maggioranza, ma anche nel centrodestra. Di fronte all’ipotesi di un Conte ter, Matteo Salvini richiama i suoi per un vertice di centrodestra previsto per dopo la salita al Colle del premier. Un nuovo incontro per serrare i ranghi e provare a blindare la coalizione, visto che il pressing dei pontieri si farà ancora più forte nelle prossime ore per trovare più ‘responsabili’ possibili e nonostante le smentite, restano ‘attenzionate‘ Forza Italia e i ‘piccoli’, a cominciare dai ‘totiani’ di ‘Cambiamo’. Intanto si fa più ampia la divisione tra chi, come Forza Italia si dice disponibile a un governo di unità nazionale e chi, invece, come Lega e FdI, guardano già alle urne.

Articolo di Veronica Di Benedetto Montaccini  per TPI.it

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