Il caso-migranti sulle violazioni francesi a Ventimiglia: "Se lo facessimo noi ci arresterebbero". "Se facessimo noi cose del genere ci arresterebbero". Loro, invece, "ci provano" senza farsi grossi problemi. A parlare in anonimato (ascolta qui) è un agente italiano impegnato al fronte di Ventimiglia. La situazione al confine è "migliorata", ma ancora critica. Dopo l'emergenza di qualche anno fa "il flusso è un po' diminuito" e anche "i controlli della polizia francese”, impegnata coi gilet gialli a Parigi. Ma la gendarmerie continua a cacciare indietro gli immigrati, a volte cercando di ingannare la polizia italiana.
I ritornelli, in fondo, non cambiano mai. E l'attività frontaliera dei galletti sembra proprio un disco rotto fatto di gestioni allegre delle procedure di riammissione.
Come noto Parigi dal 2015 ha sospeso l'accordo di Schengen, ripristinando i controlli in ingresso e superando il limite di due anni imposto dai trattati Ue. Se i gendarmi beccano al confine un clandestino (o presunto tale) lo rimbalzano in Italia. "Esistono due pratiche - ci spiega il poliziotto - il respingimento e la riammissione". Quest'ultima è "una trafila lunghissima”, mentre il respingimento è molto più rapido e avviene proprio alla frontiera. Per farlo i francesi devono presentare alcuni documenti: "Ai migranti chiedono nome, cognome, data di nascita e da dove viene". Poi scrivono tutto su un certificato, chiamato refus d'entré, e li rispediscono oltre il Ponte San Luigi verso gli uffici italiani (che se ne fanno carico). "Spesso però i fogli li compilano loro stessi (i poliziotti francesi, ndr) perché ci troviamo nomi inventati, minori che diventano maggiorenni. Si inventano anche l'età".
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dall'articolo di Giuseppe De Lorenzo Costanza Tosi per IlGiornale.it