Il decreto ministeriale del nuovo premier è molto simile nell’impianto a quello del suo predecessore. Alcuni articoli sono identici. Ma quello che è cambiato davvero è il clima politico. Oggi nessuno grida più alla dittatura sanitaria anche se il nuovo presidente del Consiglio usa gli stessi metodi del vecchio inquilino di Palazzo Chigi. Il Dpcm di Draghi somiglia troppo a quelli di Conte? Il decreto ministeriale 2 marzo 2021 è stato il primo del presidente del Consiglio in carica e a quanto pare rischia anche di essere l’ultimo, visto che Palazzo Chigi ha fatto trapelare in risposta alla critica di utilizzare lo stesso metodo dell’Avvocato del Popolo che ha scelto questo strumento legislativo a causa dello scarso tempo a disposizione, ma che nella prossima occasione utilizzerà il decreto legge.Il Dpcm di Draghi somiglia troppo a quelli di Conte? Qual è la differenza tra decreto legge e Dpcm? Il decreto del presidente del Consiglio dei ministri è un atto amministrativo emanato dal capo del governo nell’esercizio della sua funzione che non viene sottoposto ad alcun intervento di verifica. In questo ambito, poi, ai prefetti spetta monitorare sul rispetto delle misure adottate, potendo avvalersi sia delle forze dell’ordine, sia delle forze armate. Il decreto legge è invece un atto normativo di carattere provvisorio dell'ordinamento giuridico italiano avente forza di legge, adottato in casi straordinari di necessità e urgenza dal governo ai sensi dell'Art. 77 della Costituzione della Repubblica Italiana. Entra in vigore immediatamente dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale Italiana (o il giorno successivo), ma i decreti-legge perdono efficacia (ovvero decadono) se mancano di contenere la "clausola di presentazione al Parlamento per la conversione in legge", se il giorno stesso della promulgazione - o entro i cinque giorni seguenti - non sono presentati al Parlamento, e se il Parlamento stesso non li converte in legge entro 60 giorni dalla loro pubblicazione.
Di qui le polemiche di alcuni giuristi e di molti politici, che ritengono il Dpcm uno strumento non democratico perché non sottoposto al vaglio del Parlamento e quindi non adatto a restringere le libertà personali dei cittadini. A questa obiezione di solito si risponde segnalando che il Dpcm serve a definire regole già delimitate dal decreto legge a cui fa riferimento, e questo è sottoposto al vaglio del Parlamento. Il giudice Alessio Liberati del tribunale civile di Roma ha scritto in via incidentale in una sentenza che il Dpcm resta un atto amministrativo che non può restringere le libertà fondamentali anche se a "legittimarlo" è un atto che invece ha forza di legge (ovvero il decreto). Nella sentenza il giudice condivide «l’autorevole dottrina costituzionale» secondo cui è contraria alla Costituzione prevedere mediante decreti del presidenza del consiglio dei ministri norme generali e astratte, che peraltro limitano diritti fondamentali della persona. Di più. Il primo decreto legge che ha «legittimato» il Dpcm non fissava neanche un termine né tipizzava i poteri: conteneva un’elencazione a titolo d’esempio e consentiva così l’adozione di atti innominati, oltre a non stabilire le modalità di esercizio dei poteri. Ma va anche notato che le considerazioni svolte dal Tribunale costituiscono una valutazione svolta al fine di giudicare solo sul comportamento del singolo conduttore senza ovviamente che ciò possa spiegare un effetto giuridico diretto sui provvedimenti straordinari del Governo i quali restano ad oggi perfettamente validi e vincolanti.
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Il confronto dei testi di Draghi e Conte
Detto ciò, tra il Dpcm 2 marzo 2021 del presidente Draghi e quello del 14 gennaio, l’ultimo firmato da Conte, ci sono molte somiglianze come è normale che sia quando si parla di atti con forza di legge. Il confronto dei testi rivela alcune significative somiglianze e molte differenze. Il Dpcm 14 gennaio di Conte era lungo 25 pagine, aveva 14 articoli e 25 allegati. Quello di Draghi è lungo 38 pagine divise in 57 articoli.
Per esempio, questo è l’articolo 1 dell’ultimo Dpcm di Conte:
Art. 1
Misure urgenti di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale
1. Ai fini del contenimento della diffusione del virus COVID-19, e' fatto obbligo sull'intero territorio nazionale di avere sempre con se' dispositivi di protezione delle vie respiratorie, nonche' obbligo di indossarli nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private e in tutti i luoghi all'aperto a eccezione dei casi in cui, per le caratteristiche dei luoghi o per le circostanze di fatto, sia garantita in modo continuativo la condizione di isolamento rispetto a persone non conviventi, e comunque con salvezza dei protocolli e delle linee guida anti-contagio previsti per le attivita' economiche, produttive, amministrative e sociali, nonche' delle linee guida per il consumo di cibi e bevande, e con esclusione dei predetti obblighi:
a) per i soggetti che stanno svolgendo attivita' sportiva;
b) per i bambini di eta' inferiore ai sei anni;
c) per i soggetti con patologie o disabilita' incompatibili con l'uso della mascherina, nonche' per coloro che per interagire con i predetti versino nella stessa incompatibilita'. E' fortemente raccomandato l'uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie anche all'interno delle abitazioni private in presenza di persone non conviventi.
E questo è il Dpcm Draghi:
Art. 1
Dispositivi di protezione delle vie respiratorie e misure di distanziamento
1. E' fatto obbligo sull'intero territorio nazionale di avere sempre con se' dispositivi di protezione delle vie respiratorie e di indossarli nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private e in tutti i luoghi all'aperto.
2. Non vi e' obbligo di indossare il dispositivo di protezione delle vie respiratorie quando, per le caratteristiche dei luoghi o per le circostanze di fatto, sia garantito in modo continuativo l'isolamento da persone non conviventi. Sono fatti salvi, in ogni caso, i protocolli e le linee guida anti-contagio previsti per le attivita' economiche, produttive, amministrative e sociali, nonche' le linee guida per il consumo di cibi e bevande nei luoghi pubblici o aperti al pubblico.
3. Non hanno l'obbligo di indossare il dispositivo di protezione delle vie respiratorie:
a) i bambini di eta' inferiore ai sei anni;
b) le persone con patologie o disabilita' incompatibili con l'uso della mascherina, nonche' le persone che devono comunicare con un disabile in modo da non poter fare uso del dispositivo;
c) i soggetti che stanno svolgendo attivita' sportiva.
4. E' fortemente raccomandato l'uso di dispositivi di protezione delle vie respiratorie anche all'interno delle abitazioni private in presenza di persone non conviventi.
Come si vede, la struttura dei due atti è molto simile. Tommaso Rodano sul Fatto Quotidiano ha notato altre somiglianze nel decreto ministeriale di Draghi l’articolo 12 (“Disposizioni specifiche per la disabilità”) di Conte diventa l’articolo 3, ma i due testi sono identici. Ci sono altre somiglianze: l’articolo 5 del Dpcm di Conte diventa gli articoli 5 e 6 del decreto di Draghi, mentre l’articolo 1 di Conte viene “spostato” nel contenuto in sette articoli di Draghi.
La dittatura sanitaria non c’è più: che differenza c’è tra il Dpcm di Draghi e quelli di Conte?
Ma è inutile nascondersi che la differenza più grande tra il Dpcm di Draghi e quello di Conte è nel clima politico. Oggi soltanto Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia è stata molto chiara: "Per ora nei contenuti quello che Draghi sta facendo mi sembra molto simile a quello che faceva Conte. A partire dall'ennesimo Dpcm che tutti speravamo di non vedere più. La discontinuità non è una semplice nomina, si vede nei fatti". "Ormai - rimarca - l'emergenza dopo un anno è diventata quasi 'normalità'. Bisogna tornare alle procedure ordinarie in democrazia. Non è possibile continuare a calcolare i ristori sui codici Ateco e non sulla perdita del fatturato: Draghi, che è un grande economista, queste cose le sa bene, è il suo campo, non può sbagliare. Su questi temi mi aspetto discontinuità". Per il resto non si può non notare un fragoroso silenzio soprattutto dal centrodestra, dove Forza Italia e Lega hanno rinunciato all’aggressività tipica del Conte-Bis per ragioni trasparenti e comprensibilissime.
Un piccolo elenco delle giravolte della Lega lo fa oggi Il Fatto: il “golpe giuridico” dei Dpcm teorizzato dal capogruppo della Lega alla Camera Riccardo Molinari e la “dittatura sanitaria ” del deputato Claudio Borghi sono stati messi in soffitta. Così come si è ammorbidito il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli che il 7 dicembre su La Verità sosteneva: “Le libertà costituzionali possono essere compresse solo con una norma di rango costituzionale. Conte invece le ha limitate con un atto amministrativo”. Calderoli notoriamente se ne intende di Costituzione: basta contare quante leggi a sua firma sono state bocciate dalla Consulta per capirlo. Per non parlare di Salvini: "Spero che al governo non ci sia nessuno che pensi di tornare a richiudere ancora locali, negozi, bar, uffici, fabbriche e scuole perché si rischia di morire", diceva l’11 ottobre mentre i contagi iniziavano a risalire pericolosamente. Il 4 novembre protestava contro il nuovo decreto: "Chiudono in casa milioni di Italiani, in diretta tivù, senza preavviso, sulla base di dati vecchi di 10 giorni, senza garantire rimborsi adeguati", sosteneva annunciando un ricorso al Tar dei governatori e sindaci della Lega (poi scomparso). Oggi non si sente più un fiato. Eppure i provvedimenti di Draghi sono gli stessi di Conte.
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dall'Articolo di Alessandro D'Amato per ToDay.it